Nardò,16 febbraio_di COSIMO POTENZA_Parlare di fascismo oggi può sembrare anacronistico e superato nel tempo e in un primo approccio con la velocità in cui si muove la società moderna , le vecchie ideologie superate, i muri crollati, in prima battuta si potrebbe dar ragione a questa tesi .

Entrando nel cuore del problema e ascoltando vecchi ricordi di chi quell’infame periodo l’ha vissuto sulla propria pelle emergono situazioni che si ripetono anche nei nostri giorni senza che l’emancipazione , il superamento di ristrettezze culturali e di pensiero abbiano scalfito vecchie abitudini mai dimenticate. Imposizioni, squadrismo, controllo sociale, etichettatura e isolamento personale rivivono attualmente sotto denominazioni diverse bullismo , stalkeraggio , mobbing, denigrazione e allontamento dalla vita collettiva ma i risultati nonostante lo scorrere degli anni rimangono inalterati e sopratutto causano quasi gli stessi effetti di di quel periodo nefasto.

Oggi la pratica dell’odio e l’isolamento verso chi non la pensa allo stesso modo è un fatto accettato e portato avanti dalla nuova società dove i singoli individui percorrono questa filosofia per cercare di nascondere le paure di poter essere a loro volta vittime di emarginazione e di derisione se dovessero rappresentare per certi versi una voce fuori dal coro . E’ difficile allo stato attuale essere mente pensante e non parte di un’ispirazione riflessa.

Fa male vedere gli amici di ieri che si allontanano per non essere considerati allineati a un pensiero diverso molto spesso vicino alla verità più di qualunque idea preconfezionata e mai comprovata. Dover indossare costantemente una maschera e non essere mai se stessi esprimendo opinioni e riflessioni libere per timore di essere catalogati e condannati. Siamo prigionieri del ragionamento collettivo e vittime allo stesso tempo senza che nessuno abbia il coraggio di sovvertire questo neo fascismo imperante .

E’ estremamente penoso accorgersi che chi approva le tue posizioni , il tuo ardire e riconosce il tuo valore sia costretto a farlo di nascosto mentre nella vita reale e nel mondo virtuale fa finta di essere un tuo oppositore per non perdere il posto nell’olimpo che governa il popolo sottomesso. Vi lasciamo alle vostre considerazioni e riflessioni riportando la testimonianza di un anziana signora che ha vissuto quel tragico periodo per farvi capire il nuovo fascismo sociale a cui siamo sottoposti e a cui pochi ardimentosi ieri come oggi cercano strenuamente di porre rimedio.

Emma Menicagli, 82 anni, Antifascista:
Tutto ciò che mi ricordo del fascismo non me lo ricordo con gli occhi di una bambina. Avevo nove anni…ma avevo smesso di essere bambina. Vivevo tutto questo con la mente di una persona adulta. Mi ricordo che il sabato c’era il corteo, e i bambini e le bambine che andavano a scuola, dovevano sfilare per la città (nel mio caso per il paese) indossando il vestitino composto da: camicia bianca con sopra applicato il fascio littorio, gonnella nera e scarpine. Mia madre non voleva né che io indossassi quell’uniforme né che io sfilassi nel corteo e la maestra mi sgridava sempre per questo. Un giorno arrivò in casa nostra il segretario del partito fascista e rivolgendosi a mia madre disse: “O li procuri il vestito o non la mandi più a scuola”
Mia madre fu obbligata a farmi il vestito. Ma lo portai poche volte. A scuola mi ricordo che la maestra e i miei amici parlavano molto spesso di Mussolini e del fascismo in generale. Io invece non ne parlavo mai. In casa mia si parlava del fascismo, solo in senso negativo! Mia madre e mio padre avevano rifiutato la tessera, eravamo tutte e tutti antifascisti e mi ricordo che i miei genitori mi dicevano sempre: “Emma stai zitta! Non dire ciò che si dice in casa! A scuola, quando parlano di Mussolini e del fascismo non dire MAI nulla…va bene?”
Avevo paura. Io sapevo che cosa facevano i fascisti alle persone che andavano contro di loro. A Fauglia c’era un fascista tremendo. Era un dottore, si chiamava “il Corda” e lui picchiava. Faceva del male a tutti coloro che si schieravano contro il fascismo, e che manifestavano questo ideale.  Poi c’era un altro fascista, e aveva il mio stesso cognome “Menicagli”, ma non era mio parente e nemmeno mi somigliava.

LUI ERA UN FASCISTA, NOI NO. “
Senza la tessera di partito la vita non era semplice. A noi ci fecero chiudere il mulino. Era la nostra unica fonte di guadagno. I fascisti ci fecero chiudere tutto, ma un signore di Fauglia ce lo fece riaprire. Mio padre dava il pane a tutte le persone e quando passò la guerra noi si rimase senza un chilogrammo di farina“

Provo ancora oggi una rabbia immensa! In famiglia mi hanno insegnato il rispetto e il coraggio di esprimere le proprie idee e credo che il fascismo vada combattuto sempre e dopo averlo vissuto non tollero chi non ha l’audacia di sopprimerlo.

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