La direzione nazionale del Pdl ha approvato
a maggioranza il documento finale di Berlusconi: solo 11 voti contrari ed un astenuto. Gli aventi diritto al voto alla Direzione nazionale sono 172. “Le correnti negano la natura stessa del Popolo della Libertà”, si legge nel documento. “La Direzione Nazionale sottolinea la vittoria del centrodestra con un risultato storico” dove “il centrodestra si è confermato maggioranza nel Paese” e “tutto ciò è paradossale per alcuni aspetti della polemica interna” e “certe polemiche pubbliche pretestuose”. E quanto recita il documento conclusivo della Direzione Nazionale del Pdl letto da Maurizio Lupi.
“Una volta assunta una decisione negli organi democratici” del Pdl “tutti si adeguano alla decisione”.
“Non ho alcuna intenzione di lasciare la presidenza della Camera”, ha ribadito Fini conversando con i giornalisti al termine dei lavori della direzione del Pdl. “Avrei preferito che dicesse ‘me ne vado’. Invece non ci pensa proprio: vuole restare e logorarmi. Ma non ho nessuna intenzione di lasciarglielo fare. E ora, con il documento approvato dalla Direzione Nazionale, abbiamo lo strumento per sbattere fuori dal partito chi non si allinea alle decisioni”. Silvio Berlusconi, parlando con alcuni parlamentari e fedelissimi, secondo quanto riferito da alcuni di loro, commenta così lo scontro.
GLI 11 FINIANI CHE HANNO VOTATO CONTRO DOCUMENTO FINALE
Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Adolfo Urso, Flavia Perina, Fabio Granata, Silvano Moffa, Andrea Augello, Donato Lamorte, Pasquale Viespoli, Salvatore Tatarella, Cesare Cursi. Sono questi gli undici ‘finiani’ che – a quanto si apprende – hanno votato contro il documento finale della direzione del Pdl.
“Abbiamo votato contro, siamo in 18 in tutto”. Quanto al fatto che solo in 11 finiani hanno votato ‘no’ al documento finale della direzione del Pdl “non c’é un motivo politico, si vede che hanno visto come è andata la Direzione e dunque si sono allontanati”. Lo ha spiegato il deputato finiano, Fabio Granata, lasciando la Direzione del Pdl e interpellato sul voto finale sul documento politico. “Non conta essere in 11 o in 18 – ha aggiunto – conta che quanto è accaduto sia sotto gli occhi dell’opinione pubblica”. “Siamo soddisfatti per come è andata – ha detto ancora -, abbiamo ribadito le nostre posizioni: non si può pensare a un grande partito dove non c’é dibattito sulle grandi questioni come l’immigrazione o la cittadinanza”.
FINI: NESSUNA INTENZIONE DI LASCIARE PRESIDENZA CAMERA – “Non ho nessuna intenzione di dimettermi dalla presidenza della Camera. Né tantomeno di lasciare il partito”. Lo ha detto Gianfranco Fini ad alcuni parlamentari a lui vicini a margine della Direzione Nazionale del Pdl. Intenzione che viene confermata anche dal suo portavoce.
Intanto, i ventidue finiani che si erano iscritti a parlare in direzione hanno ritirato la loro richiesta di intervento motivando così la loro rinuncia: “a nostro avviso – si legge nella spiegazione consegnata ai coordinatori del Pdl – dopo l’intervento di Gianfarnco Fini, che condividiamo nel metodo e merito, la replica del Presidente Berlusconi ha sostanzialmente concluso il dibattito. Riteniamo pertanto di rinunciare ai nostri previsti interventi – aggiungono – nella consapevolezza che è necessario da oggi sviluppare il confronto libero e leale per rafforzare il Pdl che si è aperto in direzione”. In sostanza, spiegano fonti finiane, si ritiene raggiunto obiettivo di aver costituito una minoranza nel Pdl libera di esprimere opinioni diverse dalla maggioranza.
LO SCONTRO BERLUSCONI-FINI – E’ rottura totale fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Lo scontro frontale va in scena alla Direzione Nazionale del Pdl dove il premier intima al presidente della Camera di smettere di fare politica attiva o di dimettersi da Montecitorio. Ricevendo la secca replica dell’ex fondatore di An che, scattato in piedi verso il palco, lo sfida con gesti plateali: ”Perche’ altrimenti che fai, mi cacci?”. Il tutto sotto gli occhi sbigottiti dei delegati, ma soprattutto davanti alle telecamere che immortalano in diretta lo strappo. E’ Berlusconi ad aprire i lavori. Togliendosi subito qualche sassolino dalle scarpe: rivendica il successo elettorale, nega che il partito sia al traino della Lega, sottolinea come la Direzione Nazionale fosse gia’ stata convocata ben prima delle richieste del cofondatore, si attribuisce un ”consenso bulgaro” e sostiene che nel Pdl c’e’ gia’ ampia democrazia.
Ma il Cavaliere fa anche qualche apertura al presidente di Montecitorio: come quando propone la convocazione di un ”congresso del Pdl entro l’anno” e – per la prima volta – promette di fare le riforme istituzionali ”solo con il consenso di tutti”, opposizione compresa. Tanto e’ vero che l’unico applauso di Fini, seduto in prima fila, arriva proprio sul dialogo. Parlano Denis Verdini, Franco Frattini, Ignazio La Russa. Ma soprattutto Sandro Bondi che sottolinea come nel Pdl non vi siano ”servi”. Quando Fini sale sul podio, dunque, il clima e’ gia’ caldo. E l’ex leader di An non fa sconti. Prima pero’ sgombra il campo dagli ”equivoci”: dice di non aver mai messo in discussione la leadership di Berlusconi, di non voler ”tradire” il premier, ne’ tanto meno di ”remare contro” il governo o fare una ”corrente finalizzata a ottenere quote di potere”. Pero’, aggiunge, e’ ”puerile nascondere la polvere sotto il tappeto”. Segue un lungo elenco di richieste: da quella di smetterla di essere una ”fotocopia” della Lega, a quella di creare piu’ luoghi di discussione; dalla rimodulazione del programma in virtu’ della crisi, alla convocazione di una ”commissione” sul federalismo. Il tutto e’ condito da diversi battibecchi con Berlusconi, che piu’ di una volta afferra il microfono per interrompere l’ex leader di An. Ma e’ nulla rispetto a quello che succede poco dopo.
Al termine del discorso di Fini la parola dovrebbe andare a Claudio Scajola. Ma Berlusconi, dopo una breve stretta di mano al presidente della Camera, prende possesso del podio. ”Mi sembrava di sognare”, premette il Cavaliere facendo capire che la replica sara’ fuori dagli schemi. Queste richieste, aggiunge rivolgendosi direttamente al cofondatore, ”non mi sono mai arrivate”. Quanto alla Lega, il Pdl non e’ la fotocopia del Carroccio, ma semmai e’ quest’ultimo ad aver ripreso le posizioni di An sull’immigrazione. Poi l’attacco frontale: prima accusa i ‘finiani’ (Bocchino, Urso e Raisi) di aver esposto al ”pubblico ludibrio” il partito; dopo di che rinfaccia a Fini di averlo minacciato con la formazione di gruppi autonomi e di avergli detto di essersi pentito di aver fondato il Pdl. Fini si alza in piedi e, senza microfono, gli urla qualcosa sulla Sicilia. Ma il premier lo rimbrotta, ricordandogli che sulle decisioni nell’isola hanno contribuito anche i suoi uomini.
Certo, Berlusconi gli concede qualcosa: dice di non avere alcun ruolo negli attacchi de ‘Il Giornale’ e gli annuncia di volerlo vendere presto anche se ironicamente gli chiede se, nel caso, fosse interessato a comprarne una quota. Inoltre, si dice pronto a convocare una commissione sul federalismo fiscale. Ma il finale e’ al vetriolo: ”Le tue richieste non sono di grande importanza”, minimizza. E comunque ”un presidente della Camera non deve fare dichiarazioni politiche . Se le vuoi fare devi lasciare la carica, ti accoglieremo a braccia aperte” nel partito. A quel punto, Fini sembra voler andarsene, ma poi si ferma e gli replica: ”Perche’ senno’ che fai, mi cacci?”. Berlusconi lascia il podio e va a raccogliere le strette di mano di alcuni sul palco. Fini si allontana. Solo la sospensione dei lavori per la pausa pranzo impedisce che lo scontro prosegua.