“Ho dubbi sul testo al Senato del ddl sulle intercettazioni 1”. Le parole del presidente della Camera Gianfranco Fini arrivano nel bel mezzo della polemica sul testo che limita,
drasticamente, la possibilità di intercettare e di informare. E suona come un monito quel rimando al passaggio del provvedimento a Montecitorio dove, dice Fini, “si potrà intervenire sulle questioni che non sono state valutate bene specialmente dalla maggioranza”. Affermazioni che danno il via all’ennesima polemica tra Fini, il presidente del Senato Renato Schifani e la maggioranza a cui l’ex leader di An ancora appartiene. “Non mi sognerei mai di dare giudizi politici o di merito su argomenti all’esame dell’altro ramo del Parlamento”, replica seccato il presidente di palazzo Madama.
“Mi chiedo non se sia corretto ma se sia utile e ragionevole che il presidente della Camera esprima un giudizio politico nel merito di un provvedimento nel mentre lo si sta discutendo nell’aula del Senato”, attacca Sandro Bondi, coordinatore Pdl e ministro per i Beni culturali. Ancora più duro il vicepresidente dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello, che punta il dito contro “il conflitto di interesse di Fini”. Ovvero l’essere presidente della Camera e “leader di una minoranza”. L’ex leader di An, però, non arretra: “Rispetto il Senato ma non abdico al mio ruolo politico. Su legalità e unità nazionale non ho intenzione di desistere”. Controreplica di Schifani direttamente in Aula: “Ho dato massimo sfogo alle mie esternazioni politiche nei sette anni in cui sono stato capogruppo. Da presidente del Senato invece voglio garantire il ruolo di terzietà”.
Le critiche di Fini. Da Santa Margherita Ligure dove inaugura la rassegna “Tigulliana”, Fini cita in particolare la norma transitoria: “E’ in contrasto con il principio di ragionevolezza” dice chiedendo al Parlamento “di riflettere ancora”. “Mi inquieta un po’ – aggiunge – anche il limite di tempo. Io non so se i 75 giorni sono un numero giusto o sbagliato: ma se si capisce che il giorno successivo al 75/o accade qualcosa non si può continuare?”. Per il presidente della Camera “non si può usare la mannaia”. Per questo auspica “che il dibattito affronti queste questioni che non sono state valutate bene specialmente dalla maggioranza. Se i deputati alla Camera lo riterranno necessario si potrà intervenire”. Fini domani affronterà la questione con Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, e gli altri fedelissimi. Secondo quanto viene riferito, i finiani chiedono che si rivedano soprattutto le parti sulle intercettazioni ambientali (“così diventano impossibili”), quelle sui reati collegati e le norme transitorie.
L’esame in Aula. Nel frattempo il Senato inizia l’esame del ddl. Con l’opposizione che chiede il ritorno del testo in commissione. “Ci sono emendamenti importanti della maggioranza con novità consistenti”, dice Felice Casson del Pd. Ma la maggioranza fa muro parlando di “richiesta pretestuosa”. La medizione porta la firma di Schifani che rinvia in commissione Giustizia alcuni emendamenti. L’approfondimento dovrà riguardare però solo gli undici emendamenti presentati dalle Lega e dal Pdl e i relativi sub-emendamenti. Dopo di che, afferma Schifani, le decisioni che verranno prese su questi undici temi verranno sottoposte all’esame dell’Aula sotto forma di “emendamenti della Commissione”. Il provvedimento tornerà all’attenzione dell’assemblea di palazzo Madama l’8 giugno alle ore 16.30.
Fonte: La Repubblica
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