Sarà l’aria che ormai profuma d’estate o l’eccitazione per questi giorni sportivamente caldissimi che ovunque ti giri vedi qualcosa che val la pena di essere vissuto. Sarà tutto questo o altro ancora, ma ci viene voglia di mandare in giro delle cartoline.

 

 Caro Marcello,
allora partiamo. Ci portiamo dietro la Coppa del Mondo, un sacco di dubbi, pochissima fiducia. In fondo come tutte altre volte, a parte la Coppa. Anche se, in tutta franchezza, ‘sta storia della cabala per cui bisogna andare ai Mondiali con un mare di polemiche, degli esclusi eccellenti da rimpiangere e, volendo, anche un pareggio per 1-1 contro la Svizzera come ultimo risultato, perché tutto questo ha portato bene un paio di volte, ha un po’ rotto le scatole.

 Va bene che siamo il paese dei cornetti rossi, delle toccatine e della cabala, ma non si può sempre vivere guardandosi alle spalle: viene il torcicollo. In Germania ci avevano seguito anche venti di tempesta che ancora adesso, a rate, mandano qualche nuvola. L’impressione è però che allora fosse un pelo diverso: tanto per dirne una, il tuo capitano, caro Marcello, dopo aver guidato la Juventus allo scudetto, stava per andare al Real Madrid. Adesso, dopo aver partecipato al naufragio bianconero, sta per traslocare in Dubai. Non vorrà dire molto, ma qualcosa sì.

Chiariamo subito un punto: starai anche sull’anima alla maggioranza rumorosa, non a noi. Anzi, ci stai pure abbastanza simpatico anche se sei permaloso e un po’ spocchioso. Sempre meglio che bugiardo, viscido o paraculo, qualità che per quel poco che ti conosciamo, non ti appartengono. Veniamo al campo. Hai voluto un manipolo di soldatini – credere obbedire combattere – ed è così che ci presenteremo a una competizione che brucia tutto in un attimo e nella quale il colpo di genio spesso fa tutta la differenza del mondo.

 L’altra volta ti e ci è andata bene perché vincere un mondiale con i gol di Grosso e Materazzi è una cosa che può capitare solo a un popolo da ricevitoria come il nostro. Ora onestamente non sappiamo bene a che cosa aggrapparci, dato che non c’è nemmeno uno straccio di Totti o di Del Piero, per non parlare di Rivera o Paolo Rossi o Baggio, da invocare quando servirà un miracolo.

 E vedrai che servirà. Poi ci auguriamo tutti che tu non abbia sbagliato i conti con la preparazione, perché l’altra sera il Messico sembrava il Brasile di Pelè ma con l’esplosività di Usain Bolt: sempre primi su ogni dannato pallone. Ci assicurano che per chi ha fatto preparazione in altura questi sono i giorni più duri: la prendiamo per buona, non pensando che tra una settimana esatta ci sarà il Paraguay.

Infine, in un Mondiale che sembra quello dei reduci dalle Grandi Guerre, facciamo la nostra porca figura presentandoci con due giocatori chiave coperti di bende: ma sei proprio sicuro, Marcello, che valga la pena di insistere sull’uomo di cristallo Camoranesi e su Pirlo che rischia di saltare tutta la prima fase, ammesso che ce ne sia una seconda? Non ti vien voglia di prendere il coraggio a due mani e di rimandarne a casa almeno uno, pensando che è meglio un asino vivo di un cavallo morto?

Fai tu, in fondo te lo sei meritato e poi ti pagano per quello, che diavolo. E se qualcuno te lo fa notare, puoi sempre snocciolare pure le cifre come fece quel giorno Mourinho, correggendo il giornalista che gli aveva arrotondato per difetto lo stipendio. Moratti si arrabbiò, salvo poi ritoccarglielo all’insù qualche mese dopo. A te non lo ritoccheranno, anche perché stai andando via. In che modo, stiamo per scoprirlo. Nei bar italiani c’è chi dice che siamo al massimo da quarti di finale, chi un po’ più pessimista ti mette sull’aereo dopo gli ottavi, come Bearzot in Messico. E a dirti la verità, caro Marcello, lo pensiamo pure noi.

Caro Valentino,
certo che hai fatto un bel botto. Ci siamo rimasti male: è stato un po’ come veder sanguinare l’Uomo Ragno o Superman. Pensiamo sempre che i miti siano indistruttibili, sotto la luce delle stelle buone, facendo finta di dimenticare che c’è la criptonite, un pianoforte che cade dal sesto piano, o una curva carogna sul circuito di casa. L’hai buttata subito sul ridere, perché sei fatto così: «Un paio di viti e torno subito». Ma questa è un po’ la tua maschera che ci impedisce di vedere dietro.

 Comunque sappi che abbiamo fatto una scommessa con qualche amico: come ti levano il gesso e ti riesce di infilare il piede dentro allo stivale, torni a cavallo della moto. Forse prima che questo mondiale, che sarà di qualcun altro, sia finito. Così anche le tivù che hanno pagato fior di soldoni per i diritti e che oggi stanno piangendo a dirotto, potranno ricominciare a respirare un poco. Dai, Vale, in fondo si guida con le mani. E con il cuore.

Cara Francesca,
non te la prenderai se, adesso che sei lì a nuotare come un cigno nel lago d’oro di Parigi e che danzi con Rafa Nadal, viene ancora voglia di chiamarti brutto anatroccolo. Del resto con le stangone che ci sono in giro racchetta alla mano, ammetterai che l’impressione è questa.

Ma le passerelle sono una cosa, lo sport per fortuna un’altra, anche se certe volte non sembra. Tu sei una guerriera, non una danzatrice del ventre e proprio per quello ci piaci da morire così. Non hai il colpo che spacca, anche questo è vero, ma per portarti via un punto bisogna sempre avere il coraggio di perderlo e non tutte ce l’hanno, quelle top model in scarpe da tennis.

 Dici che Corrado Barazzuti è il tuo Mourinho: beh, Mourinho magari no, altro stile, meno voglia di sfidare il mondo. Però siete una coppia da favola, come lo erano il portoghese e l’Inter prima che la coppia scoppiasse. Certo, un anno magico per tutti gli interisti come te: ti sei fatta regalare la maglia di Milito. Ma più che al Principe, ti accosteremmo ad Eto’o, la stella operaia che non ha mai vergogna della fatica pura. L’Inter dopo 45 anni, il tennis femminile così mai: vedi che sei già più grande?

 

Fonte Il Sole24Ore

 

 

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