Nella sanità pugliese c’era un rapporto di sudditanza alla politica che si estendeva anche agli appalti.
Lo proverebbero quei 215mila euro di provvigioni su un’appalto dell’Oncologico di Bari pagati nel 2008 a una società che, secondo la procura, era ed è sempre stata della famiglia Tedesco: ed è proprio il ruolo di questa società, la Aesse Hospital, ad essere finito nel mirino. L’ex assessore regionale alla Salute, oggi parlamentare Pd, smentisce recisamente: «Si tratta di normali provvigioni commerciali, e poi la mia famiglia non era più proprietaria di quella società».
Gli inquirenti hanno dubbi sull’effettiva natura di quelle provvigioni. Dubitano, in particolare, che la Aesse abbia svolto un qualunque tipo di lavoro tecnico: sospettano che il nome dell’azienda, nota nell’ambiente per appartenere alla famiglia Tedesco, servisse in Asl per trasformare l’appalto da 4,5 milioni per le sale operatorie nel «lotto dell’assessore», come dice al telefono uno degli arrestati. Sul tavolo dei pm Digeronimo, Bretone e Quercia i carabinieri del reparto operativo hanno rovesciato centinaia di pagine di approfondimenti sulla Aesse, oltre che le trascrizioni di numerose intercettazioni. «Molteplici telefonate – scrive il gip Vito Fanizzi nell’ordinanza che sabato ha portato ai domiciliari 5 persone – dimostrano interessi diretti dell’assessore Tedesco». L’ipotesi, insomma, è che per vincere alcune gare i grandi produttori (come Draeger) dovessero affidarsi alla Aesse.
Fino al 29 maggio 2005 la Aesse Hospital è della moglie e dei figli di Alberto Tedesco. Poi, quando Alberto Tedesco diventa assessore alla Sanità, la società viene venduta ad altre tre persone, Luciano Vigna, Paolo Emilio Balestrazzi e Enzo Mastonardi. Ma secondo gli investigatori in realtà «la Aesse Hospital passa nelle mani di Rubino, marito della figlia di Tedesco, effettivo dirigente e responsabile della società», che ufficialmente è soltanto un dipendente. Ed è lo stesso uomo, Rubino, che l’entourage dell’assessore mette in contatto con il capo degli appalti, Colella, per sveltire l’iter di aggiudicazione.
A svelare il meccanismo è il vecchio rappresentante della Draeger, che dopo essere stato fatto fuori racconta la sua versione dei fatti alla Digeronimo: «So che la Aesse Hospital è della Cristina Tedesco – fa mettere a verbale -, ed Elio Rubino penso che sia il marito». E ancora: «Erano due anni che lavoravo sull’Oncologico. Personalmente ci avevo lavorato su, ma più di due anni, per la parte di layout, che è la mia specializzazione. Però quando c’è stata la rottura del contratto, anche se mi hanno riconosciuto tutte le trattative che si concludevano entro i dodici mesi del 2008, mi hanno tolto l’Oncologico». Il rappresentante dice che parecchie ditte avevano chiesto informazioni alla Asl sull’appalto: hanno effettuato il sopralluogo ma poi non hanno partecipato alla gara. Perché, gli chiede la Digeronimo? «Perché interessava a Tedesco ed era tempo sprecato (…). Anche perché il budget era talmente alto che avrebbe consentito un buon guadagno a chiunque partecipava». Il rappresentante aggiunge anche un’altra cosa: tutto il progetto per la gara lo aveva fatto lui. E l’apporto della Aesse Hospital in cosa era consistito? «In nulla».
Tedesco ci tiene a far sapere che la Aesse non c’entra più nulla con la sua famiglia. «È stata venduta – ribadisce -: mia figlia e mio genero sono rimasti come dipendenti. I 215mila euro? Sono normalissime provvigioni commerciali, peraltro pagate a fronte di un regolare contratto stipulato due anni prima e non, come lascia intendere Tarantini, in occasione della gara». Ma in procura gli accertamenti vanno avanti. Ci sarebbero altri appalti, ad esempio la radiologia dell’Oncologico, in cui si sarebbe ripetuto lo stesso schema.
Fonte: GdM
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