Il bello è che se lo domanda pure lui. «Ma cosa stiamo facendo?», dice dal palco di questo parco accanto all’ippodromo.
Lui non lo sa, chi lo ascolta nemmeno. «E’ un sogno, un sogno che parte da qui», aggiunge Beppe Grillo. In cima alla piccola collina che sta proprio di fronte, accanto alla fila di pini marittimi ancora giovani, Natasha Guiduzzi, 39 anni, consigliera comunale qui a Cesena è appena salita per farsi un’idea di quanti sono. La risposta sono le mani sulla faccia, la ragazzona comincia a piangere come una bimba. «Tanti, tanti, tanti. E’ da quattro mesi che ci lavoro e siamo tanti». Almeno ventimila, ieri.
Beppe Grillo l’ha voluta chiamare “Woodstock”, come la tre giorni di 41 anni fa nell’America dei Figli dei fiori. Qui i giorni sono due, si chiude stanotte. «Quarant’anni fa a Woodstock sotto la pioggia si rotolavano nel fango. Qui, ma speriamo che non piova, vedete di portarne via un po’: questo è il fango più pulito che c’è in Italia». Unico accenno a qual che passa la politica in queste ore. Non parla di Fini o Berlusconi, Beppe Grillo. Un copione che nemmeno sarebbe gradito a questo pubblico. Piuttosto, in attesa del gran finale di questa sera, complimenti per il pienone: «Quanti siamo, e senza chiedere una lira a nessuno…!».
C’è lui, che arriva osannato in giacca blu e sale sul palco con la felpa della ditta, «Movimento 5 Stelle». Ci sono attori, amici, cantanti, Dario Fo e Flavio Oreglio, Francesco Baccini e Freak Antoni, Samuele Bersani, Cristiano De Andrè, Max Gazzè. «Tutti gratis, perché condividono la nostra visione del mondo». E tutti qui perché questa deve essere una festa, una grande festa. «Siamo vivi, siamo gli unici rivoluzionari delle idee -dice Grillo ai suoi- Lo spettacolo questa volta lo farete voi. Ci hanno chiamato in tutti i modi, perfino squadristi». E il riferimento è alla festa del Pd a Torino, a Renato Schifani presidente del Senato, contestato e zittito dai «grillini» piemontesi.
Da bravo gattone Grillo aspetta il momento giusto per la zampata. «Nel pomeriggio di domenica spiegheremo dove andiamo a finire». Oggi. «Squadristi noi? Sì, siamo gli squadristi della raccolta differenziata, gente che se vede un mozzicone per terra lo prende e lo mette nel contenitore della raccolta differenziata». Gente che sa risparmiare. Che pratica l’ecologia. Che naviga in rete e grazie a Internet si è ritrovata qui. Come dice il cantautore genovese Francesco Baccini, che in un’ora ha scritto la sigla di questa Woodstock romagnola, «questa è una storia vera, nata dal basso e cresciuta libera via Internet».
A sera, quando Dario Fo sta per salire sul palco, l’Organizzazione comunica che i presenti sono 70 mila. «Solo tra tende, camper e camere d’albergo abbiamo superato i 20 mila», giura il bolognese e consigliere regionale Giovanni Favia. La Questura, al momento, nulla ha smentito. Sul palco, con Grillo, improvvisa un blues dal titolo «ma che cazzo stiamo a fare qua». Ballano tutti. S’intuiscono appena, nel rap-gramelot di Fo, parole o mezze frasi come «galera», «e adesso se ne vanno», «il governo se ne va, ullallah!».
Aspettare il pomeriggio per sapere dove li portarà il sogno, dove andranno a finire. «Con nessun partito – ha anticipato lui, rispondendo ad Antonio Di Pietro – Noi siamo un movimento, e per questo siamo vivi. Non siamo più gli “altri” nei sondaggi, siamo nei comuni, nelle regioni, e cresceremo ancora. Siamo pazzi per la democrazia e non stiamo nè a destra nè a sinistra: stiamo sopra». Frase, quest’ultima, già brevettata da Umberto Bossi negli anni ‘90, quando a Grillo non dispiaceva e concedeva interviste a «La Padania» firmate da Roberto Maroni. Quello dev’esser stato un sogno brutto e breve. Ma adesso, «cosa stiamo facendo?».
Fonte: LaStampa
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