Nell’ambito delle scelte che, prima o poi, assumeranno carattere obbligatorio per lo sviluppo di nuove idee e pratiche di sensibilizzazione alla raccolta differenziata, è importante ricercare soluzioni adeguate e possibilmente meno impattanti per il nostro territorio.

 

Questo tipo di ricerca, naturalmente, deve assolutamente aprirsi a nuove possibilità di sviluppo cercando di non interferire  sul territorio, oltre le sue previste destinazioni.

Diventa, allora, utile l’idea di attivare meccanismi di riconversione di sistemi di raccolta che abbiano, magari, supporti urbanistici già organizzati e funzionanti, nella stessa zona.
Tale atteggiamento strategico eviterebbe la ricerca, la progettazione, lo spreco di denaro pubblico e l’occupazione di altre zone di territorio per la destinazione che, in effetti, si potrebbe benissimo individuare, là dove insistono opere primarie già consolidate.
 
Vediamo un po’ di cosa si tratta e di come potrebbe funzionare.
 
I grandi centri commerciali, che sempre più si moltiplicano nel nostro territorio, condividono con esso, oltrechè le risorse territoriali ed i bisogni sociali, anche i notevoli impatti ambientali, differenziando quantitativamente e qualitativamente le aree su cui sono posti, rispetto alla città.

Infatti, queste grandi strutture ‘territorivore’ sono capaci, in breve tempo, di trasformare grandi zone urbane poste ai margini delle metropoli, in luoghi di sola distribuzione di materie per il consumo.
 
Strategicamente sono posti in abiti urbani ‘di cerniera’; tra il tessuto urbano saturo e quello più rarefatto o diffuso che si apre alla periferia.
 
Ritengo che proprio questa caratteristica sia essenziale e debba essere sviluppata per iniziare a sollecitare la collettività e i progettisti a nuove sperimentazioni in difesa del territorio, attuabile assolutamente con la ‘raccolta differenziata spinta’.
 
Valorizzare le zone ed il paesaggio vuol dire anche saper ‘fondere’ o provare ad unire destinazioni d’uso urbane, sfruttando le potenzialità di circuiti già funzionanti. Ecco perché penso che la ‘grande distribuzione’ deve accompagnare ed agevolare, anche una forma di raccolta del materiale di scarto dei prodotti, usando, lo stesso sistema, ma con il processo contrario.

 Cioè, il cittadino, che il marketing intende come vettore di solo consumo, in realtà, potrebbe ‘usare’ il grande centro commerciale, avendo la possibilità di depositare il suo materiale di ‘risulta’ (rifiuti domestici derivati anche da ciò che acquista) in un’area (del centro commerciale) ovviamente, idonea a quest’azione di raccolta e di conferimento.
 
E’ così strano che questa ‘azione’ avvenga in spazi attigui rientranti nel perimetro dei centri commerciali?
 
Pensate che non possa essere una buona idea, con i dovuti accordi di programma e condividendo delle regole urbanistiche, giuste?
 
Pensate un po’, in questo caso si utilizzerebbe la propria auto (una volta sola), sia per liberare la casa dai rifiuti, sia per comprare ciò che serve, provvedendo di riportare i relativi imballaggi, nello stesso posto dove si sono comprati i prodotti, è fondamentale per un nuovo modo di vita che guarda alla sostenibilità.
 
Pensate, anche alla capillare raccolta che si potrebbe innescare, usando gli stessi canali di informazione usata dai centri commerciali, ogni giorno.
Anzi, a dirla tutta, potrebbe diventare l’elemento ‘di qualità’ che differenzia un centro commerciale dall’altro, magari il motivo per cui si sceglie di andare nell’ECO/CENTRO COMMERCIALE. Si eviterebbero, così, impatti importanti per la popolazione e per la città, con facilità di controllo del consumo dei materiali.

Pensate alla differenziazione del potere di acquisto e alla segmentazione che il marketing può elaborare sia nel momento dell’acquisto sia nel momento del controllo della qualità e quantità del rifiuto, poi, depositato. A sostegno ed a vantaggio dell’amministrazione che avrebbe dati sui desideri le tendenze e la volontà dei suoi cittadini.
 
Trasformare delle zone da individuare nelle grandi aree, adiacenti o inserite nei centri commerciali, con destinazione di ECOCENTRI, in punti di raccolta e conferimento (con contenitori di diverso colore e capienza), roqualificandoli, sarebbe, a mio avviso, un fatto rivoluzionario, soprattutto in una fase di emergenze ambientali come quelle che viviamo attualmente, a cui obbligatoriamente e in poco tempo, dobbiamo porre rimedio (strutturale).
 
E’ una forma urbana nuova, conseguente alla diversa interpretazione di strutture utili alla città, più di quanto si possa immaginare. Invece delle solite cattedrali nel deserto, gli ECOCENTRI inseriti negli spazi dei parchi  COMMERCIALI si trasformerebbero in organi pulsanti di vita, di sicura e certa qualità per la città.

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 Studioso di storia e appassionato critico d’architettura, Paolo Marzano collabora con diversi organi d’informazione culturali. Nei suoi lavori di ricerca pubblicati in rete o su riviste specializzate, espone idee e teorie sulla trasformazione della città e della sua continua mutazione, finalizzata all’analisi dei fenomeni d’ibridazione compositiva e progettuale del paesaggio contemporaneo. Ha pubblicato dei saggi per la rivista Exsperience Trimestrale multisensoriale, Mattioli 1885 s.p.a Fidenza, Parma, con “Apulia”- Rassegna Trimestrale della Banca Popolare Pugliese n. IV dicembre 2006, con la De Luca Editori d’Arte, Roma nel maggio del 2007, con la rivista Kunstwollen delle Edizioni Esperidi – prodotti culturali 2010. Per maggiori informazioni sui suoi studi, digitare su qualsiasi motore di ricerca “urban n/urbs”.

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