C’è un’Italia diversa da quella cupa, pessimista, in ginocchio, senza fiato raccontata da Annozero, Ballarò, Report o il Fatto Quotidiano. E’ l’Italia fotografata dall’Istat che non può essere certo sospettato di pendere dalla parte di chi governa. E il fermo immagine che ne deriva è quello di un Paese che somiglia più a Berlusconi che a Santoro.
Certo, da qui a dire che “va tutto bene madama la marchesa” ce ne corre e la rilevazione dell’Istituto nazionale di statistica non è da pendere per oro colato, ma indubbiamente indica e fissa una realtà che se si sta ai messaggi mediatici imperanti, non esiste. Anzi, sparisce, inghiottita dal nuvolone nero del pessimismo d’ordinanza in base al quale siamo un paese sull’orlo del precipizio. I numeri dell’Istat parlano chiaro.
L’indagine è stata condotta nel mese di febbraio 2010 e il quadro che emerge dice che rispetto all’anno prima c’è una percentuale maggiore di famiglie (51,5 per cento rispetto al 44,9) che giudicano la propria condizione economica “sostanzialmente invariata”. Al tempo stesso, diminuisce la quota di coloro che riferiscono di un peggioramento della propria situazione (dal 50 al 44,8 per cento). Per l’Istat il trend segnala “un consolidamento della tendenza già emersa nel 2009”. Il voto che sintetizza il livello di soddisfazione è pari a 7,2 (mentre il valore mediano, cioè quello che divide il collettivo a metà è pari a 7) secondo il ‘focus’ di Multiscopo dell’Istat sugli “aspetti della vita quotidiana”, segno evidente che non va poi tutto così a rotoli, almeno testando la percezione dei diretti interessati.
Dalla rilevazione non viene fuori una differenza tra uomini e donne seppure le donne anziane sembrano essere più insoddisfatte degli uomini e le differenze maggiori si evidenziano con l’età: si passa infatti da un voto pari a 7,8 tra i giovani tra 14 e 17 anni e un 6,8 degli ultrasettantacinquenni. L’altro dato interessante è che non ci sono differenze tra Nord, Sud e Centro. Secondo la rilevazione Istat, infatti, il Nord presenta un valore medio di soddisfazione pari a 7,4, il Centro di 7,1 e il Mezzogiorno un valore pari a 7,0. Le regioni dove le famiglie hanno una percezione più ottimista della propria situazione sono il Trentino Alto Adige (7,8), la Valle d’Aosta (7,5) e la Lombardia (7,4) mentre quelli con i livelli più bassi sono la Campania (6,8) seguita da Sicilia e Puglia (7,1).
A stare meglio, ovviamente, sono le persone che hanno un lavoro rispetto a chi non lo ha e lo sta cercando ma anche qui se si guarda ai voti rilevati sul campione anche coloro che vivono in condizioni più precarie attestano il loro livello di soddisfazione sopra la soglia della sufficienza (6,6 contro il 7,4). Se si scende più in dettaglio, i fattori che determinano maggiore stress nelle famiglie italiane sono quelli più legati alla quotidianità: traffico, smog, il tempo perso per trovare un parcheggio ma anche il rumore assordante e la qualità dell’acqua del rubinetto.
C’è poi un dato nel dato. Nessuno nelle regioni d’Italia si lamenta del traffico, della sporcizia delle strade e del rischio criminalità, come i cittadini del Lazio: una famiglia su due, infatti, li considera problemi molto o abbastanza presenti nella zona in cui risiede.
Situazioni specifiche a parte, il quadro di insieme che l’Istat ci consegna è sostanzialmente quello di un Paese dove la gente vive bene, nonostante i problemi quotidiani. Tutta un’altra storia, invece, alle latitudini di Santoro, Floris e Gabbanelli. Italia reale o virtuale?
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