Il Pd sceglie una via arzigogolata per uscire dal «pantano» in cui si trova in consiglio regionale con le dimissioni del capogruppo Antonio Decaro, investito da un’indagine per tentativo di abuso di ufficio.
A fronte del diniego, ribadito anche ieri da Decaro nel confronto con i consiglieri democratici, di tornare al suo posto, la soluzione «tecnica» per non privare il gruppo consiliare di un capo ci sarebbe già: investire pro-tempore dell’incarico il segretario regionale (nonché consigliere) Sergio Blasi, in attesa che gli eventi (mediatici e giudiziari) arrivino ad una soluzione.
Ma, nel frattempo, il gruppo ha concordato con Decaro di aspettare ancora qualche giorno, lasciando una finestra aperta per possibili ripensamenti che, giura il diretto interessato, non ci saranno. «Il gruppo del Pd all’unanimità – si legge in una nota – ha deciso di rigettare le dimissioni e di confermare Decaro nella sua funzione di capogruppo». «La mia volontà è e resta quella di lasciare l’incarico. Ho molto apprezzato – dice Decaro – le sollecitazioni rivoltemi dai consiglieri e la loro decisione di attendere qualche giorno ancora, ma la mia intenzione non cambierà».
Le ore sono concitate per il Pd anche, e soprattutto, per le decisioni attese oggi dalla giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato, sulla richiesta di arresto di Alberto Tedesco. Ignazio Marino, che ieri ha incontrato Vendola prima di partecipare ad un convegno del Pd, sottolinea di aver «sempre sostenuto all’interno del Pd e non solo, che bisogna rispettare una norma molto semplice, che è quella del conflitto di interesse.
Il senatore Follini, che presiede quella Giunta valuterà le carte che provengono dalla magistratura e farà una proposta di voto all’aula del Senato. Certo, se io ho l’ambizione di fare il ministro della Difesa ma ho una moglie che produce radar militari, io devo fare un passo indietro perchè non posso poi avere potere di firma. E questo vale – ha sottolineato – in ogni area strategica del nostro Paese». Insomma, l’aria che tira è che il Pd abbia messo in conto di perdere il suo senatore pur di uscire dal «nodo» dell’inchiesta pugliese, che rischia di far saltare per aria tutta la battaglia politica contro Berlusconi sulle vicende giudiziarie (Ruby e non solo) del premier.
Marino ha anche ricordato che il suo disegno di legge, firmato da 60 senatrici e senatori tra i quali la capogruppo Anna Finocchiaro, depositato in Senato che intende riformare la legge del ‘92 sui poteri di nomina dei vertici Asl e dei primariati (oggetto dell’indagine su Tedesco). «Un uomo politico non ha la capacità di selezionare se un chirurgo o un cardiologo è migliore di un altro. Vendola mi ha illustrato il percorso di formazione che è stato avviato in Puglia e che certamente va nella giusta direzione, ma io penso che sia necessaria una legge nazionale».
«Questo scandalo della sanità in Puglia – ha aggiunto la parlamentare Paola Concia, insieme a Marino nel convegno Pd – è un problema e penso che questa vicenda debba far riflettere la politica pugliese e tutti noi responsabilmente su come costruire meccanismi premiali all’interno della sanità. Dobbiamo far sì che persone che meritano di fare i primari e i direttori generali possano essere scelti in base a questo e non in base a altri meccanismi».
Resta diversa l’opinione dell’Idv (che pure in Parlamento ha presentato una pdl di riforma della legge del ‘92): «Anche noi chiediamo al presidente Vendola l’azzeramento di tutti i vertici delle Asl pugliesi – dice il segretario regionale Sebastiano De Feudis – condividendo quanto richiesto dal Pd pugliese. È arrivato il momento che la politica lanci un segnale forte di cambiamento e di rinnovamento partendo proprio dalla Puglia e dalla sanità».
(Fonte: LagazzettadelMezzogiorno)