La conoscenza è giustamente considerata un ingrediente fondamentale per la crescita economica e sociale. E’ anche ben noto che per determinare progresso è necessario trasformare i risultati della ricerca per produrre nuovi prodotti e servizi.

 In particolare, sfruttandola ricerca si genera competitività, si aumentano le quote di mercato esi favorisce un alto tasso di crescita. Il punto fondamentale, però, è che se si vuole realmente contribuire a uno sviluppo duraturo non è sufficiente affermare che è necessario fare ricerca ma bisogna focalizzarsi principalmente sul tipo di ricerca “utile” per la crescita: quella cioè che, pur con un ampio spettro di discipline scientifiche, sociali, normative e culturali, ha rilevanza per il progresso tecnologico e socio-economico del Paese.

Il quesito nodale per capire cosa serva per favorire il progresso e generare vantaggi e benessere sociale riguarda lo scopo della ricerca e il buon ritorno degli investimenti che questa richiede. Nel passato i filosofi della scienza avevano come unico desiderio la descrizione dei fenomeni naturali e per questo richiedevano e ottenevano “libertà scientifica” poiché la creatività, si diceva, deriva solo da attività guidate dalla curiosità intellettuale.

Il fatto è che nel passato il tempo che intercorreva tra scoperte e loro effettivo sfruttamento era molto lungo e, molto più importante, il costo delle ricerche era molto basso. Galileo ha scoperto il principio d’inerzia facendo osservazioni senza particolari costosi apparati.

Newton ha capito la legge di gravitazione osservando una mela che cade. Fermi e i ragazzi di via Panisperna usarono come rallentatori di neutroni l’acqua della fontana dei pesci rossi dell’Istituto di Fisica di Roma. Archimede ha scoperto il suo principio al costo di una tinozza d’acqua.

Ora, al contrario, la ricerca è molto costosa e,con crescente consapevolezza, i cittadini accettano di pagare i costi con le proprie tassesolo se intravedono una rilevanza economica e sociale. Non ritengono sufficiente generiche affermazioni tipo “la ricerca serve per il progresso” o sentir dire che, com’è successo nel passato, alcune scoperte possono determinare, casualmente, benefici. Non credono a chi, pur da autorevole pulpito, dice genericamente che finanziare la ricerca significa investire nel futuro.

Al contrario, il cittadino consapevole pensa che affermazioni generiche e non propriamente motivate siano solo il tentativo di difendere immeritati privilegi e, nella sostanza, contrarie allo sviluppo.
Quello che determina reale progresso non è la libertà senza legami e ricerca su qualsiasi cosa ma libertà vincolata dalla coscienza di nuove responsabilità sociali e senso di servizio per chi paga i costi.

Questa è una nuova sfida per i ricercatori che, apparentemente, non viene raccolta da tanti: si ritiene che il ritorno dell’investimento e le responsabilità sociali siano questioni che non devono toccare il mondo fantastico della ricerca. Al massimo, si dice, risultati allo “stato dell’arte” sono validi in assoluto. Questo, in buona sostanza, significa rifiutare qualsiasi forma di valutazione fatta dal mondo che paga, accettando solo una valutazione auto-referenziata o fatta da“pari”.

Il meccanismo che porta a reale sviluppo corrisponde a un giusto equilibrio tra necessità produttive e generazione di conoscenza avanzata. Anzitutto,fare ricerca non deve esplicitamente riguardare lo sviluppo ma operare per costruire il “terreno di cultura” ottimale per lo sviluppo e formare persone, motivate e consapevoli, fornite della corretta preparazione. Avere invece persone che sono solamente motivate ma appassionate da cose che hanno poca rilevanza economica e sociale non serve a nulla, anzi è dannoso. Determina la convinzione di libertà fatta da solo diritti e nessun dovere.

Il meccanismo delicato e difficile del far ricerca per lo sviluppo non deve ovviamente dimenticare la ricerca fondamentale ma questa deve essere principalmente intellettuale (e per questo a basso costo) fatta da persone realmente eccezionali e non da torme di mediocri supportate da potenti strumenti di calcolo e d’investigazione sperimentale. I risultati, rilevanti per il lungo termine, dovranno essere a disposizione di tutti per il bene e il progresso dell’umanità. Avere costi bassi è essenziale perché studi troppo costosi, senza adeguato ritorno dell’investimento, non sono capiti e accettati dal contribuente.

Il grande cambiamento dei tempi attuali è nella velocità delle trasformazioni e nella rapidità dello sfruttamento dell’innovazione. Invero, se la conoscenza non è rapidamente trasformata in vantaggio per chi l’ha pagata, la trasformazione di prodotti intellettuali in utilità economiche e sociali è a beneficio di altri. Per questo, attività pur rilevanti per il progresso ma non accompagnate da adeguate strutture produttive e coadiuvate da un tessuto sociale, amministrativo e normativo adeguato si rilevano improduttive e “buone per gli altri”. Allora, è necessario definire strategie globali per lo sviluppo che, in aggiunta alla generazione di conoscenza “utile”, predispongano un ambiente circostante per la sua rapida conversione in benessere.(tratto da loccidentale)

 

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