«Non ci sono fatti concreti che possono farmi revocare le dimissioni. Questa sera non c’è nessuna ragione per tornare indietro». Lo ha detto, uscendo da Palazzo Grazioli, il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano che ha così confermato direttamente al premier le sue dimissioni.
«Il dato certo – ha aggiunto – è che domani nel porto di Taranto sbarcheranno 2.300 immigrati clandestini destinati alla tendopoli di Manduria e altri ne arriveranno a breve in altre tendopoli del Sud. Il ministro Maroni – ha proseguito – ha detto che verranno allestite delle tendopoli anche al Nord. Vedremo…».
A chi gli chiedeva se Berlusconi l’avesse invitato a revocare le dimissioni, Mantovano ha risposto: «Sì, certo. Ma per ora – ha concluso – non c’è nessuna ragione per tornare indietro». In Puglia come a Roma solo pochi esponenti del Pdl si sbracciano per sollecitare Mantovano a ritornare sui suoi passi, spingendosi anche a dargli ragione nel contrasto che lo ha opposto al ministro dell’Interno Maroni. Maggiore solidarietà l’ha trovata nell’opposizione, ad esempio nel deputato Pd Ludovico Vico o nel presidente dell’Udc Pierferdinando Casini che ha chiesto al ministro Roberto Maroni di andare a riferire in aula su tutta la vicenda di Lampedusa. Le sue dimissioni però rappresentano una sfida «meridionalista» per il suo partito e infatti Raffaele Fitto, nel consiglio dei ministri di ieri, ha detto: «Non posso farmi scavalcare da Mantovano, altrimenti sarò costretto a rilanciare». Certo è che la lettura degli avvenimenti data dai sostenitori dell’ex sottosegretario è diversa da quella, per esempio, del capogruppo del Pdl in Consiglio regionale Rocco Palese, che definisce «immotivate e pretestuose le recriminazioni di chi sostiene che Puglia e Mezzogiorno accoglieranno un numero superiore di immigrati».
Perché – spiega – nel piano concordato mercoledì sera dalla conferenza unificata gli immigrati saranno equamente distribuiti in tutte le regioni. Palese si riferisce evidentemente ai profughi, che ad oggi -precisa Maroni – sono 2000, mentre l’emergenza è data dai 19mila clandestini tunisini, «tutti identificati e che il governo di quel Paese si era impegnato a riprendere, senza mantenere i patti». Di clandestini, invece, parleranno questa mattina il governo, le Regioni e gli enti locali per stilare un piano per la ripartizione degli immigrati in tutta Italia, ma il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani (Emilia Romagna) ha messo le mani avanti: «Su questo punto avevamo avanzato una serie di proposte, non abbiamo trovato l’accordo».
Insomma, non inizia bene il confronto, anche se Maroni ieri insisteva che bisogna distribuire i flussi di immigrati in tutto il Paese (mentre Umberto Bossi chiosava: «Con la massima cautela»). E allora quanti immigrati “toccheranno” alla Puglia? Tra quelli già presenti e quelli in arrivo si arriva a 3716, ottocento in più della cifra massima su cui Maroni si è impegnato ieri con la delegazione di parlamentari pdl pugliesi. Pietro Franzoso, Luigi Vitali, Luigi Lazzari ed altri hanno riferito di aver ottenuto garanzie che nel campo si arriverà al massimo a «2900 ospiti e resteranno lì solo per il tempo strettamente necessario allo smistamento nei centri in via di ultimazione su tutto il territorio nazionale»; che per controllare il territorio e garantire la sicurezza del campo e dei residenti il Viminale invierà a Manduria 100 uomini e un reparto di guardie forestali per controllare le campagne.
Mantovano ieri ha variamente commentato con amici e collaboratori la vicenda che lo ha indotto a dare le le dimissioni: «Davanti al consiglio comunale di Manduria ho parlato di 1500 persone, perché così era stato concordato, ci ho messo la faccia su questo», ha spiegato, amareggiato, l’ex sottosegretario. Versione diversa quella dei deputati pugliesi che hanno incontrato Maroni che hanno spiegato le dimissioni con un «difetto di comunicazione: nessuno gli ha mai fatto la cifra di 1500, bensì di 2900».(corriere.it)