Allo stato dei fatti, in questo momento, a Nardò, la frase si tradurrebbe in (*) “Un albergo, un albergo, il mio regno (Nardò), per un albergo!”La frase del titolo è attribuita alla morte di re Riccardo III in quella che è l’ultima delle quattro opere teatrali nella tetralogia minore di William Shakespeare sulla storia inglese.
Sono le parole di Riccardo III, re d’Inghilterra che, nell’affrontare Enrico Tudor pretendente al suo trono, si ritrova presto solo in mezzo al campo di battaglia, fisicamente vinto dalla fatica e spossato nell’anima, comprendendo che è arrivata la sconfitta, pronuncia il verso su citato.
Una piccola realtà letteraria che mi ha ispirato, questa considerazione. Qui, a Nardò, siamo, in effetti, ormai al bivio, bisognosi come non mai di una trasparente, organizzazione dei regolamenti che possano aprire finalmente nuove strutture al turismo. Ma, c’è un particolare; siamo un comune commissariato e un motivo ci sarà. Anche se si vorrebbe che tale realtà scivolasse nell’oblio, prima possibile, nella storia di Nardò, rimarranno tracce e racconti di queste fasi di commissariamento come ‘demeriti’ amministrativi. Questo no, proprio non possiamo dimenticarlo, presi magari dall’entusiasmo elettorale, dove sono tutti belli, prestanti, volenterosi affidabili, incontestabili, brillanti.
Infatti, uno dei tanti problemi, che proprio non vorremmo affrontare, sarebbe quello di vedere le stesse persone, la cui indifferenza ha portato a questo squallore paesaggistico ed a 15-20 anni d’immobilismo, prepararsi a formare proprio quei gruppi che devono decidere il futuro della città! Ancora più deludente e spiazzante (credetemi) è l’atteggiamento di chi, poi, ha prestato volentieri il fianco all’amministrazione passata. Evidentemente dimostrando cecità di fronte a cotanta palese disinvolta gestione o, ancora peggio, pur riconoscendone la frantumata essenza, ha voluto prestarsi, confermando quindi l’incompetenza nelle scelte (infatti siamo commissariati) e dunque la propria lontananza dalla sufficiente pratica amministrativa, di un grande ed importante comune come Nardò.
Occorrerebbe, quindi, una concreta presa d’atto necessaria quanto innegabile. A conferma, non di programmi attuativi rivelatisi errati, ma di reali omissioni strutturali e infrastrutturali mancanti a questa terra (circonvallazioni adeguate, spazi ricreativi, strutture sportive, aree per parcheggi, aree per spazi concertistici e fiere. Lascio perdere il discorso sul grande Parco di Portoselvaggio in quanto uno scrigno preziosissimo e complesso che non porterà valore aggiunto, finchè sarà chiuso alla collettività). Logiche amministrative, dunque, dal ‘fiato corto’ o ‘a tempo’, sono state capaci di frantumare poi il nostro presente. Vi sembra azzardato tale ragionamento?
Allora guardatevi intorno, eccovi il risultato. Non c’è alibi per ciò che, ora, ci manca attorno. L’arretratezza culturale ‘obbligata’, permette di cogliere il paradossale squilibrio e l’angosciante asimmetria concettuale per cui, l’immenso potenziale comunicativo, di quella che ritengo possa essere una bellissima città-giardino, è deformato dalla sua, deprecabile gestione passata. Serve ancora una verifica? Bene, è presto detto, l’assurda realtà storico-urbana, paesaggistico-ambientale e politico-sociale, infatti, non è altro che il disarmante risultato di strategie fallimentari del passato, mancanti di progettualità serie e responsabili, tanto che, ora, siamo alla mercè dei ‘conquistadores’ delle famigerate energie alternative (!?). Da questo logorante dibattito Nardò ne esce ‘consumata’ fisicamente e ‘spossata’ nell’anima (alla Riccardo III), ed è qui che Nardò urla la parafrasi del titolo (*).
Diciamo la verità, anche quest’estate ci ritroveremo, a percorrere il lungomare (24 km), meditando sulle possibilità e le realtà turistiche non possiamo ancora vivere a causa della cecità di chi ha amministrato. Come ha detto qualcuno “possediamo una ferrari, ma è coperta e chiusa in garage”, ci divertiamo a rimandare la prima messa in moto per godercela.
L’esistenza dei numerosi comitati cittadini, sta, all’insistenza di volerci vedere chiaro, come la preziosità del nostro tesoro urbano, sta alla sua negata ed incompetente organizzazione. Una ‘proporzione’ matematica sufficiente per ristabilire l’equilibrio, compromesso, del nostro bel paese. In breve, urgono ‘mosse’ strategiche di sviluppo ponderate. Si auspicherebbero, perciò, direttive utili a convincere o almeno ad innescare l’interesse dei cittadini alla ‘pratica costruzione’ del PUG e, quindi, a progettare una probabile idea di futuro presumibilmente ‘c o n d i v i s a’.
D’altronde, la mancanza della possibilità di avere adeguate strutture ricettive, pone e porrà sempre di più, grandi limiti e problemi a livello economico. Badate bene, se si riflette un po’, alla grande pubblicità fatta al Salento, poi, non corrisponde, almeno per Nardò, una proporzionale e adeguata presenza di strutture alberghiere. Un luogo che ‘promette’ (ma questo lo ha sempre fatto naturalmente) e poi non mantiene per l’insufficienza dei servizi offerti e la qualità di vita. E’ chiaro faremmo di tutto per far rimanere i tanti turisti, in città. La polverizzazione del turismo ‘d’accoglienza’ dei Bed and Breakfast non basta, ed è utopico anche l’albergo diffuso definito nelle previsioni degli scenari del PTCP.
Purtroppo, anche quest’anno, i turisti verranno a mordere e poi fuggire, queste zone. La mattina col naso all’insù per ammirare i nostri tesori, senza però rimanere a pernottare e magari consumando una colazione o una cena, da qualche altra parte e osserveranno altri paesaggi. Questa è la delusione più grande.
Una cosa è chiara, i nodi sono ormai giunti al pettine! Nardò ha i nervi scoperti. Le marine vanno regolamentate e il centro storico riattivato. La legislazione e le norme vanno ri-organizzate, ri-adeguate, ri-definite.
Intorno a noi le prove sempre più degradate di strategie fallimentari e altamente impattanti, con uno spreco enorme di denaro pubblico. Ecco perché sarà complicato (per le stesse persone) conquistarsi, di nuovo, la fiducia dei neritini, occorre lavorare tutti e lavorare bene, con competenza, costanza, passione, lungimiranza, voglia di fare soprattutto con interessi ed obiettvi comuni. Occorre dunque concettualmente un ‘patto generazionale’ per iniziare una stagione diversa.