Riesplode la cassa integrazione nei primi tre mesi del 2011.

 Le aziende salentine che si sono aggrappate all’ammor tizzatore sociale per combattere la crisi, hanno fatto registrare ancora una volta numeri da record: 380.775 le ore di cassa integrazione ordinaria (Cigo), 814.400 quelle di straordinaria (Cigs), 792.000 le ore di Cig in deroga. I dati, elaborati dalla Cgil Lecce su numeri forniti dall’Inps, sono il segno più evidente della crisi internazionale ma anche la triste prova del fatto che oggi, Primo Maggio, nel Salento c’è ben poco da festeggiare: i cassintegrati salentini sono circa 6mila, oltre 2mila soltanto nel comparto calzaturiero. Molti di loro percepiscono, anche con sei mesi di ritardo, appena 600-700 euro al mese. E, insieme ai 150mila disoccupati (il 50 per cento diplomati e laureati) e ai 52mila inoccupati di tutta la provincia, formano un vero e proprio esercito di «braccia conserte». «Siamo ancora molto lontani dalla ripresa – osserva Salvatore Arnesano, segretario generale Cgil Lecce -, il Salento che fino a ieri ha rappresentato, insieme alle province di Brindisi e Taranto, uno dei poli industriali più importanti dell’intero Paese si trova a rischio desertificazione industriale e i dati sulla cassa integrazione, aggiornati al 31 marzo scorso, confermano questa pericolosa previsione. Ancora più grave – prosegue – è il fatto che l’Inps abbia erogato soltanto il 46,96 per cento delle ore di Cig in deroga autorizzate. Questo vuol dire che molti lavoratori non hanno ancora ricevuto le somme spettanti».

L’industria è il settore che ha fatto maggiore ricorso a questi strumenti: in testa, i settori calzaturiero e il metalmeccanico. «Per il calzaturiero – spiega Arnesano – basta guardare alle due aziende più rappresentative del territorio: Adelchi, che non lascia intravedere possibilità di ripresa per i suoi 700 lavoratori, e Filanto, che ha ripreso la produzione ma ha ancora diversi lavoratori sono in cassa integrazione. Per il metalmeccanico – prosegue -, escluse le aziende Fiat e Alcar che hanno ripreso la produzione, il resto dell’indotto è quasi tutto in cassa integrazione. Non solo, nelle ultime settimane, queste aziende non chiedono più nemmeno la proroga della Cig per i lavoratori, ma direttamente la mobilità, che è l’anticamera del licenziamento. Vuol dire che le industrie vanno tutte verso la chiusura». Segnali poco confortanti si registrano in generale nel Tac (Tessile, abbigliamento, calzaturiero), dove «soltanto l’area di Nardò – sottolinea Arnesano – presenta qualche eccezione di ripresa in particolare per il tessile, perché ci sono aziende che hanno investito sul capitale umano e l’innovazione dei processi produttivi». Soffre anche il settore agroalimentare.

«Dopo la chiusura della Bat e della Copersalento – fa sapere il sindacalista – adesso anche la Newlat di Lecce ha presentato richieste di mobilità per 15 su 24 lavoratori, oltre il 60 per cento della forza lavoro. Parliamo di tre aziende che erano punti di riferimento importanti per la nostra provincia, perché erogavano gli stipendi, il salario, gli straordinari, mentre adesso non saranno più attive come in passato sul nostro territorio: la Newlat, ad esempio, ha scelto di mantenere la produzione a Reggio Emilia, mentre a Lecce farà solo il commerciale. Di questo passo, le perderemo tutte». Poi c’è il commercio, che annaspa tra mille difficoltà: «Il gruppo Conad-Leclerc ha chiesto la mobilità per 60 lavoratori». La crisi ha aperto crepe anche in settori che sembravano maggiormente al riparo, come l’edilizia. «Una grossa azienda coma la Palumbo (che si occupa di lavori stradali) – riferisce Arnesano – ha tutti i lavoratori, ben 250, in cassa integrazione perché non sono stati sbloccati i finanziamenti delle opere. In questo come in altri casi, abbiamo u n’impresa che è pronta a cantierizzare, ma la burocrazia blocca tutto. Per non parlare – prosegue – della Petito prefabbricati di Salice salentino, dove i 36 dipendenti vanno avanti con i contratti di solidarietà e anche questo è indice di una stagnazione del settore».

Non va meglio per chi ha a che fare con gli enti pubblici. «All’Inps di Lecce – dice il segretario provinciale della Cgil – sono una trentina i giovani lavoratori somministrati che non hanno avuto il rinnovo del contratto; poi ci sono i precari della scuola e gli ex Lsu, circa 1200 addetti alle pulizie nelle scuole che dal prossimo primo luglio rischiano di perdere il posto». Infine sorprende, in negativo, anche il settore del turismo. «Sì è vero – spiega Arnesano – il turismo salentino per fortuna continua a crescere rispetto alle presenze, ma sotto l’aspetto dell’occupazione non abbiamo registrato segnali di ripresa significativi». (Gazzetta del Mezzogiorno)

 

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