Il giorno della memoria è anche il giorno della polemica e dello “sfregio”, con un raid vandalico messo a segno da una banda di teppisti in Piazza Magione il luogo dove nacque Giovanni Falcone ucciso 19 anni fa a Capaci.

 

E il copione delle manifestazioni ufficiali, andato in scena fino a un certo punto senza fuori programma, riserva un inatteso botta e risposta tra il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e il ministro della Giustizia Angelino Alfano, seduti accanto, eppure distantissimi. Per qualche minuto nell’aula bunker dell’Ucciardone, a Palermo, teatro del primo maxiprocesso ai clan, scelto per ricordare la strage di Capaci, il clima si fa teso e l’attualità con le sue fibrillazioni irrompe nell’ufficialità delle cerimonie. A far rivivere lo scontro tra politica e magistratura è il riferimento del giornalista Gianni Minoli, chiamato a moderare il dibattito organizzato per ricordare l’assassinio di Giovanni Falcone, a un tema caldo: la riforma della giustizia. Grasso sta sulle spine e sbotta: “ma come è possibile dialogare con chi ci prende a schiaffi, con chi paragona la magistratura a un cancro, con chi ci chiama matti, golpisti?”.

In aula è il gelo. Il ministro, che prima aveva cercato di rassicurare le toghe sulla intenzione del Governo di garantire l’indipendenza dei giudici, si difende citando Falcone e il suo essere favorevole alla separazione delle carriere. Ma sono le parole del procuratore a strappare gli applausi: delle migliaia di studenti arrivati a Palermo con le navi della legalità, dei magistrati come ogni anno riuniti per ricordare il sacrificio del collega, dei politici – pochi – presenti e dei tanti insegnanti coinvolti nell’iniziativa. In un’aula bunker tappezzata dei disegni dei ragazzi, che coprono le gabbie da cui i boss assistevano al processo, a ricordare Falcone sono in tanti.

Il Governo schiera, oltre ad Alfano, i ministri dell’Istruzione, dell’Ambiente e dell’Interno. A ricordare l’importanza dell’educazione alla legalità e i tanti successi nella lotta alla mafia messi a segno dell’Esecutivo: dagli 8 latitanti al giorno arrestati negli ultimi tre anni, ai 44mila beni confiscati. Agli interventi dal palco si alternano video e canti. Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso fa gli onori di casa e legge la lettera di saluto del presidente della Repubblica che, come il premier Berlusconi e i presidenti di Camera e Senato, hanno voluto ricordare la figura di Falcone. Poi la scena si sposta davanti all’albero di via Notarbartolo, la magnolia a due passi dalla casa del giudice ucciso, diventata “‘altare laico della convivenza civile”. Oltre 3000 ragazzi e tanti cittadini, che hanno riempito il centro della città di lenzuola e scritte in ricordo della strage, tornano ad ascoltare Grasso.

“Di quanti cortei c’é bisogno prima di scegliere da che parte stare? – chiede il procuratore – Ora nessuno può più dire di non sapere”. Alle 17.58, l’ora della strage, tutto si ferma. Le note del Silenzio, come ogni anno, sono la colonna sonora del ricordo. Poi la tensione si scioglie in un lungo applauso. E’ l’inno di Mameli reinterpretato dal cantautore Claudio Baglioni a chiudere le manifestazioni, con i ragazzi giunti da tutta Italia che cantano in coro. Ma in serata ecco lo “sfregio”, che lascia l’amaro in bocca: una banda di teppisti danneggia un pullman utilizzato dagli studenti, scrivendo su una fiancata la scritta “Viva la mafia”. Uno di loro, un ragazzo di 15 anni, viene bloccato e denunciato dalla polizia. A quasi 20 anni dall’esplosione di Capaci c’é ancora tanta strada da fare, anche per quanto riguarda le indagini sulla morte di Falcone, mai chiuse, che devono forse svelare verità ancora sconosciute.(Ansa)

 

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