Ciao a tutti. Mi chiamo Rosi, ho 42 anni e sono laureata con il massimo dei voti in Materie Letterarie. I miei genitori sono stati persone semplici e oneste. Hanno lavorato all’estero (Germania-Francia) compiendo enormi sacrifici per realizzare il sogno di ritornare nella propria Terra e costruirsi, mattone su mattone, una casa alla periferia di Nardò.

 

 Erano gli anni Cinquanta e gli amministratori della nostra città dissero a mio padre che, se voleva vivere, doveva emigrare. Glielo dissero in faccia con le parole, con la miseria a cui costringevano le giovani famiglie, con i soliti posti di lavoro predestinati a pochi “eletti”. Erano gli anni della prima industrializzazione in tutta Europa e nelle fabbriche gli operai lavoravano correndo gravi rischi, subendo pesanti orari lavorativi e, senza saperlo, notevoli danni sulla salute. Mio padre ha lavorato alla Jena-Glass, un’imponente industria tedesca produttrice di televisori e oggetti in vetro. Poi in un’altra industria della carta (Roth-Color) dove si stampavano giornali e riviste varie. In un’altra città tedesca, Wolsburg, è stato operaio nell’industria automobilistica della Wolksvagen.

Mia madre ha lavorato con lui alla Jena-Glass, nel settore che sfornava bottiglie destinate allo champagne. Avevano due figli piccolissimi da crescere e gestire, una mini casa in affitto, tanto coraggio e tanta voglia di impegnarsi pur di mettere pochi spiccioli da parte e tornare finalmente a Nardò! Mia madre ha lavorato fino al nono mese con me nel grembo, in silenzio, imperterrita davanti alle catene di montaggio, camuffando il pancione per non essere licenziata. Ha fatto l’operaia nel grande teatro di Magonza, poi in un ospizio per anziani, tutti da lavare e imboccare. Nel nord della Francia, in un paesino chiamato Saint Quintine, vicino alla bella città di Lille, i miei genitori hanno zappato la terra e seminato filari interminabili di barbabietole da zucchero e patate per darci un tetto e un futuro. Tornati in città hanno acquistato un terreno e costruito una casa.

 Lo Stato italiano, dopo averli spediti disperati e disoccupati all’estero, di quella casa si è sempre pagato l’ICI! Gli amministratori succedutisi nei vari anni al governo della città hanno varcato la soglia della loro casa solo per chiedere voti durante le campagne elettorali. Nessuno di loro ha chiesto mai ai miei genitori com’era stata la vita tra i campi  sterminati della Francia e le fabbriche soffocanti della Germania. Ognuno di loro ha varcato la soglia della loro casa solo con le  vergognose bollette che tutti conosciamo e con le varie riscossioni, tutte necessarie e giuste.

Io ho conseguito la laurea 14 anni fa. Per pagarmi le tasse universitarie e acquistare il numero di libri necessari (almeno 10 per esame) ho studiato e lavorato contemporaneamente. Non ho mai insegnato. Durante un concorso per l’insegnamento della lingua italiana e latina nelle scuole superiori ho passato la traduzione della versione di Cicerone, assegnata per la prova, ad una candidata seduta nel banco davanti al mio. Io non ho mai superato quel concorso, lei insegna. Molte compagne che studiavano con me nell’Istituto Magistrale, nonostante gli scarsi e mediocri profitti, noti non solo nella classe, ma nell’intera scuola, mai laureate e diplomatesi con la minima votazione di 36, oggi sono maestre nelle elementari. Tutti gli “esperti” interpellati mi hanno detto che se voglio lavorare devo lasciare la mia città e andare altrove, in giro per l’Italia, magari al Nord…

Per tenere fede al sogno di lavorare all’università ho presentato il mio curriculum a vari concorsi per ricercatori universitari e assistenti e mi è stato consigliato di ritirarmi perché “i posti sono già tutti assegnati e rischieresti di rimanere  bocciata per sempre negli archivi dell’università”. Oggi per vivere faccio la commerciante.
Per la tesi di laurea ho compiuto una lunga e faticosa ricerca negli archivi locali e nazionali, pubblicando tutto il materiale raccolto in un volume che ricostruisce la storia della presenza dei frati Cappuccini a Nardò, con documenti inediti e interessante materiale fotografico. Il Comune di Nardò, dal 2004 (anno della pubblicazione) al 2011, mi ha fatto compilare svariate e ridicole volte la domanda di acquisto di una congrua quantità di copie del mio volume, sempre illudendomi e senza mai acquistarne una sola! L’ultima amministrazione comunale della nostra città mi ha   convocato presso gli uffici comunali siti in piazza S. Pietro per farmi presentare, ancora una volta, la domanda di acquisto relativa a 100 copie del mio volume.

Mi ha chiesto in anticipo 6 copie, senza pagarle, che io ho consegnato. Inoltre, gli addetti ai lavori, mi hanno chiesto di presentare  la fattura inerente alla somma corrispondente a quella quantità di copie, fattura che io ho presentato. Successivamente mi hanno fatto realizzare, a mie spese, la quantità di 100 bollini adesivi da applicare sulle copie del libro, con il nome della banca che avrebbe dovuto sovvenzionare l’acquisto delle copie. Attualmente il Comune di Nardò non ha ancora acquistato una sola copia del mio lavoro. Chi mi pagherà le sei copie trattenute? Chi mi pagherà la spesa dei bollini? E cosa ne farò della fattura? Devo votare? Chi?

I politici mi hanno chiesto soltanto e sempre il voto. Mi hanno parlato dei loro programmi, floridi e fantastici. Mi hanno insegnato che se voglio avere una dignità devo abbassarmi, seguire una bandiera, anche la più ipocrita, mettere una X su una faccia qualunque delle loro coalizioni. Che la vita è in funzione della politica e del denaro. Mia madre e mio padre invece mi hanno insegnato che la politica e il denaro devono essere in funzione, e a servizio, della vita. Che devo cercare la verità e preferire la libertà a tutte le altre false bandiere. Che non devo “vendermi” mai, rinunciare mai ai miei ideali, scommettere sempre sul bene, sulle mie possibilità e su quelle di tanta brava gente che ancora esiste e  tinge di ottimismo tutto questo fango.

Dateci la casa, il pane, il lavoro, la speranza, una città pulita e vivibile per tutti, il diritto di essere curati senza trafile e raccomandazioni. Dateci la verità che cerchiamo, una trasparenza limpida come l’acqua. Abolite tutte le mafie che ci scandalizzano, rinunciate al vostro superfluo per chi è dovuto emigrare all’estero. Rinunciate ai vostri spiccioli interessi per chi non sa come dare un domani ai propri figli. Diminuite le tasse e dateci prima lo stipendio. Create il futuro e poi i manifesti di propaganda elettorale con le vostre facce.

Andate a fare la legna in mezzo alle campagne neretine per 4,00 euro all’ora, anche un giorno solo, e conoscerete la gioia vera! Dateci il posto di lavoro se lo avete preparato per i vostri parenti. Abolite il verbo al futuro: mi impegnerò, farò, andrò e metteteci un bel verbo al presente: faccio, eccomi, mi impegno, per te! Dateci la possibilità di sentirci uomini, per una volta, non voti rubati, ricattati, comprati. Dateci la verità che cerchiamo.

O dobbiamo emigrare all’estero?

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