È la presa di coscienza dei diritti sindacali e dell’esigenza di liberarsi dalla loro condizione di sfruttati, ai limiti della riduzione in schiavitù, che ha spinto gli immigrati, ospiti della Masseria Boncuri,
a intraprendere, ad oltranza, una forma di lotta che li vede impegnati in una sorta di “sciopero” per dire basta a paghe da fame ed ai “caporali”. Questo subito dopo l’assemblea sindacale tenutasi sabato sera, 30 luglio, presso la masseria, con la Flai e la CGIL Prov.le di Lecce. Che si parli di raccolta di angurie o di pomodori poco importa; sono tutti lavoratori vittime del “caporale etnico” o nostrano, che riscuotono il pizzo da parte dei lavoratori, per il semplice fatto di averli chiamati a prestare lavoro, quindi perpetrando un ricatto e un reato.
Il lavoro sinergico tra l’Associazione di volontariato “Finis Terrae”, che gestisce il campo, e l’azione sindacale portata avanti da alcuni anni nei campi da CGIL e FLAI CGIL di Lecce ha dato un contributo notevole alla voglia di riscatto e alla rabbia per la loro condizione di sfruttati a tanti lavoratori impegnati nella campagna di raccolta stagionale e che era il momento di dire basta ad ogni sorta di ricatto. Continua quindi la protesta e anche questa sera alle 20 è prevista un’assemblea all’interno del campo per rinvigorire la presa di coscienza in atto di questi lavoratori.
Il caporalato è un fenomeno inafferrabile, che vive di clandestinità, che in parte si autoalimenta, e per tali ragioni è necessario combatterlo attraverso una legislazione adeguata, a partire dal disegno di legge n.2584 presentata da un gruppo di senatori, prima firmataria la senatrice pugliese Colomba Mongiello, che ha recepito la proposta di legge presentata da FLAI CGIL e FILLEA CGIL per rendere il caporalato reato penale, nonché riconquistare una legislazione a sostegno del Mercato del Lavoro contro la deregulation imperante nelle campagne, frutto di scelte operate dal Governo in questi anni di liberismo selvaggio e destrutturazione della legislazione del lavoro.
Ma anche rendere efficace e applicabile la Legge Regionale n. 28/2006 che disciplina in materia di contrasto al lavoro non regolare. Una legge, questa, che attende da tempo strumenti attuativi che rendano esigibili le misure in essa contenuta, superando la solo propaganda ed accademia, peraltro in presenza di fatti eclatanti come l’arresto di caporali a Ginosa o le recenti proteste a Nardò, ma facendo della lotta al lavoro nero e a tutte le forme di illegalità una vera azione di lotta e contrasto alle illegalità ed al meccanismo di impunità fortemente presenti nel sistema.
Questo attraverso l’introduzione degli indici di congruità, il controllo sulle aziende beneficiarie di finanziamenti pubblici in particolare del PSR, introducendo norme trasparenti in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro quali le liste di prenotazione, peraltro condivise tra le parti sociali con l’avviso comune, recentemente sottoscritto in Puglia.
Come pure va rilanciata l’idea di costituire le commissioni tripartite in seno a tavoli istituzionalmente riconosciuti a livello provinciale e Regionale in grado di verificare la regolarità dei rapporti di lavoro in agricoltura, sollecitando l’incontro tra aziende e lavoratori attraverso i Centri per l’Impiego. Tutto questo è possibile, basta superare incontri incongruenti e dare coerenza, con le proprie azioni di Governo, alla lotta al lavoro nero al caporalato e a tutte le forme di illegalità contrattuali, dando al lavoro dipendente e alla persona almeno la stessa dignità, che spesso il mondo agricolo e anche istituzionale assegna solo alle produzioni.
, va intensificata l’azione di contrasto al lavoro nero ed irregolare da parte degli organi ispettivi con azioni mirate in campo e che prevedano azioni sinergiche repressive e intervento con revoca sui finanziamenti pubblici e agevolazioni contributive.
Cgil Nardò e Lecce