La questione riguardante la chiusura dell’Ospedale di Nardò è, ormai, diventata un guazzabuglio pazzesco nel quale è difficile capirci qualcosa. Ho già avuto modo di intervenire sulla questione direttamente e non, ma forse è opportuno rifare il punto della situazione.

 

Innanzitutto, è bene chiarire che le competenze in ambito sanitario sono di pertinenza quasi esclusivamente regionale. Dico quasi esclusivamente perché lo Stato centrale ha solo il compito di emanare i così detti Livelli Essenziali di Assistenza che sono gli standard minimi che ogni SSR dovrebbe garantire. Da ciò consegue che la decisione di chiudere o meno un Presidio Ospedaliero sul territorio, nell’ambito di un piano di riordino regionale motivato dalla necessità impellente di limitare una spesa sanitaria ormai fuori controllo, è di esclusiva e totale pertinenza regionale. Quindi, qualunque incontro istituzionale e non che non veda come interlocutori il Presidente della Regione Puglia ed il responsabile dell’assessorato alla Sanità è del tutto inutile, se non per strappare qualche minima ed illusoria concessione, che, però, non modificherà sostanzialmente il processo di chiusura in atto.

Secondo punto. La riduzione dei posti letto sul territorio regionale è una necessità primariamente di tipo economico, ma non solo. E’, infatti, anche una rivoluzione culturale che deve coinvolgere cittadini ed operatori sanitari. È necessario capire, da ambo le parti, che il ricovero non è più l’unico modo di fornire assistenza sanitaria ai pazienti né, talvolta, il più efficiente. Il potenziamento della rete di assistenza territoriale e dei servizi di day hospital/day surgery deve necessariamente essere la prospettiva verso cui puntare.

 Questo tipo di prestazioni sanitarie oggi garantisce servizi in tempi di gran lunga più brevi e, per quel che riguarda la chirurgia, un recupero del paziente molto più rapido. Lo sviluppo di tecniche anestesiologiche sempre più selettive e di farmaci con minori effetti collaterali a lungo termine, insieme e tecniche chirurgiche mini-invasive consente oggi di realizzare molti interventi in giornata,con la possibilità per il paziente di rientrare a casa la sera senza rischi di sorta. E non parliamo solo di cataratta e sindrome del tunnel carpale, ma anche di interventi addominali minori, biopsie mammarie linfonodali per il sospetto di neoplasie, interventi ortopedici minori ed interventi ginecologici endoscopici, tanto per fare degli esempi.

Terzo punto. È utopico chiedere che accanto ai servizi sopra citati, o peggio al posto dei suddetti servizi l’Ospedale di Nardò torni quello dei primi anni ’90. A mio avviso un servizio irrinunciabile per il territorio neretino e limitrofo è un Pronto Soccorso attivo h24 e funzionante, con personale esperto e qualificato che, affiancato da un anestesista-rianimatore sia in grado di gestire, almeno per la stabilizzazione iniziale, dal codice verde al codice rosso. Garantire un’assistenza ai cittadini nel momento dell’emergenza, è un diritto irrinunciabile ed è un dovere della Regione nei confronti dei propri cittadini, su cui non si può e non si deve negoziare.

È evidente, poi, che avendo un PS l’ospedale necessiterebbe di un reparto di medicina e chirurgia (oggi esistono le così dette Osservazioni Brevi mediche e chirurgiche) dove i pazienti che lo necessitano vengono ricoverati per 24-48h e poi dimessi o mandati in strutture più specializzate. La distribuzione, poi, delle altre specialità sul territorio provinciale è un tema su cui si può discutere, ma non di primaria importanza. Di sicuro, però, mi sembrerebbe alquanto fuori luogo riattivare a Nardò, alla vigilia della chiusura del nosocomio, il servizio di fecondazione assistita. Soprattutto in seguito alla completa demolizione avvenuta pochi anni or sono di uno dei migliori centri di ginecologia-ostetricia della provincia.

Quarto punto. Alla luce di quanto detto, è possibile fare qualcosa? Forse sì. Abbiamo detto che la necessità di un riordino ospedaliero per diminuire la spesa sanitaria è ineludibile. Però abbiamo anche detto che lo Stato ha il compito di segnalare quelli che sono gli standard minimi delle prestazioni sanitarie. Ecco. Noi, cittadini di Nardò, dobbiamo chiedere con forza alla Regione ed al suo Presidente se con questo piano di riordino questi standard saranno comunque rispettati. Avremo un miglioramento o un peggioramento del servizio offerto? Tutti i malati che si rivolgevano all’Ospedale neritino riusciranno a veder soddisfatta la loro domanda di salute dagli ospedali che rimarranno aperti?

Queste domande la Città, tramite i suoi rappresentanti, dovrebbe rivolgere al Presidente Vendola. Sperando che al di là della sua affascinante retorica ci sia qualche risposta concreta a questi problemi. E soprattutto sperando che una persona che ha fatto di Don Tonino Bello la sua bandiera, continui a tener ben impresso in mente oltre al suo insegnamento anche quanto, più laicamente ma in maniera universale sancisce la nostra Costituzione all’art. 32: ”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”.

Dott. Antonio D’Anna

(medico anestesista al Gemelli di Roma e nostro concittadino)

 

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