È della Calabria l’oscar degli scarichi fognari non depurati, seguita a ruota da Campania e Sicilia. Così «sentenzia» l’equipaggio di Goletta verde, che ha terminato il suo viaggio nei mari d’Italia e ieri ha illustrato i dati complessivi sulla qualità delle acque di balneazione del nostro Paese.

Non solo ombre, però. Ci sono anche le regioni dal mare cristallino. Prima la Sardegna, dove si è registra un punto critico ogni 346 km di costa, e poi la Puglia, con una criticità ogni 96 km.

Altro capitolo la cementificazione delle coste: 3.495 le infrazioni per abusivismo edilizio sul demanio accertate dalle forze dell’ordine solo nel 2010, quasi 10 reati al giorno. Anche in questa classifica il podio è occupato da Sicilia (682 infrazioni), Calabria (665) e Campania (508), che rappresentano insieme il 53% del totale nazionale dei reati sul cemento illegale. «In queste tre regioni – dice Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente – insistono anche quattro dei cinque ecomostri simbolo dell’Italia sfregiata dal cemento abusivo, censiti da Legambiente, da abbattere al più presto: le ville mai finite costruite dalla mafia con la complicità della pubblica amministrazione a Pizzo Sella, la “collina del disonore” di Palermo; le 35 ville abusive di Capo Colonna a Crotone che, nonostante una sentenza di confisca, sfregiano l’area archeologica; l’albergo di Alimuri a Vico Equense sulla penisola sorrentina; le “villette degli assessori” sulla spiaggia di Lido Rossello a Realmonte nell’agrigentino». A completare il quadro della top five da abbattere, il villaggio abusivo di Torre Mileto, a Lesina (Foggia) in Puglia.

E immancabile ecco il capitolo trivellazione alla ricerca di petrolio. «Il mare italiano – dicono da Legambiente – è vittima di un vero e proprio assedio: 25 i permessi di ricerca già rilasciati al 31 maggio 2011 al fine di estrarre idrocarburi dai fondali marini, per un totale di quasi 12mila kmq a mare. Ben 12 permessi nel canale di Sicilia, 7 nell’Adriatico settentrionale, 3 tra Marche e Abruzzo, 2 in Puglia e 1 in Sardegna. Se ai permessi rilasciati si sommano anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera, l’area diventa di 30mila kmq, più grande della Sicilia. «Ma il gioco – dicono da legambiente – non vale la candela: agli attuali tassi di consumo (73,2 milioni di tonnellate nel 2010) le riserve di petrolio presenti nei fondali marini – pari a 11 milioni di tonnellate secondo il ministero dello Sviluppo economico – verrebbero esaurite in meno di 2 mesi. Se al petrolio presente sotto al mare sommassimo anche quello estraibile dalla terraferma, le riserve stimate aumenterebbero a 187 milioni di tonnellate e verrebbero consumate in soli 30 mesi, cioè in 2 anni e mezzo. Si tratterebbe quindi di un assalto del tutto insensato con rischi per il turismo costiero e la pesca in caso di incidente, ma anche del nuovo modo di produrre energia che deve sostituire quanto prima le fonti fossili»

(tratto da LaGazzettadelMezzogiorno)

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