Noi che andiamo tutti i giorni su Facebook abbiamo molteplici occasioni per sentirci cretini. Cretini perché proviamo trepidazione e compiacimenti infantili legati all’uso del bottone «Mi piace». Sul quale clicchiamo quando un nostro amico (di Facebook) mette in bacheca una considerazione, un video,

 un articolo di giornale online di nostro gradimento (a volte lo facciamo per compiacere lui/lei, per attrarre la sua attenzione, o per ricambiare). Che controlliamo quando postiamo qualcosa noi, e siamo contenti se piace ufficialmente a molte persone. È il social network, bellezze, ed è quello che oggi passa per vita sociale.

E che sta per complicarsi fino a poter sostituire virtualmente quel che resta di intellettualmente stimolante nelle relazioni umane: il parlare di film, libri, musica e acquisti vari. Secondo l’affidabile sito TechCrunch, durante l’evento F8 in programma oggi, il fondatore Mark Zuckerberg e i suoi annunceranno un’evoluzione del bottone «Like»: ci saranno «Read» per libri e articoli, «Watched» per film e video, «Listened» per la musica; e un inquietante «Want» per gli oggetti in vendita concupiti. Un invito alla discussione online, forse. Una miniera d’oro per Facebook e per le imprese (che producono musica, tv, film, libri, scarpe, qualunque cosa) e per i pubblicitari che potranno individuare gusti e preferenze in modo capillare, sicuramente; e che le potranno, capillarmente, orientare.

Un’opportunità in più per sprofondare nell’isolamento digitale, per molti, si teme. Quelli che già, la sera, stanno da soli o in coppia o tra familiari, tutti nello stesso soggiorno, ognuno col suo pc o Mac in grembo, con lo sguardo fisso, ignaro degli altri. Però sensibili, via social network-Grande Fratello diffuso, ai consumi.

I blogger che ne discutono su TechCrunch paiono sconsolati. «Così, la prossima generazione finirà chiusa in casa a cliccare sui “bottoni”. Così disimpareremo a capire le espressioni facciali», scrive Ngan Nguyen. Per quasi tutti, è «una buona idea per dare alle imprese informazioni sui gusti dei consumatori»; ma che li trasforma nel proverbiale maiale di cui non si butta via nulla. Tutte le preferenze, dalla politica ai calzini, possono così essere analizzate. Tutti i consumi culturali e le opinioni possono essere monitorati (anche se molti mentiranno su quel che leggono guardano e ascoltano; pochi ammetteranno di vedere il reality Una famiglia a dieta o di ascoltare Toto Cutugno, per dire). Moltissimi, anche consapevoli del controllo (e dei possibili controllori, dai pubblicitari molesti ai governi autoritari ai datori di lavoro intrusivi) cliccheranno comunque sui nuovi bottoni. «La gente li userà di sicuro, e questo mi deprime», prevede il blogger Jimmy Bouma-Holtrop su TechCrunch.

E Peter Mullen aggiunge: «Non abbiamo scelta, dobbiamo accettare tutto quello che Fb decide di appiopparci. E noi continuiamo a odiarlo, a lamentarci, e a usare quello che odiamo. Cosa c’è in noi che non va?».

Probabilmente, che siamo animali sociali e tendiamo a usare i mezzi che ci vengono offerti per socializzare facilmente. E per metterci in mostra come individui meritevoli dell’interesse e dell’amicizia altrui. E i social networks danno ora la massima possibilità di socializzare con il minimo sforzo; e i vantaggi (alcuni apparenti, altri molto reali, dai nuovi amori alle rivoluzioni) fanno superare la diffidenza; e pure la certezza di venire monitorati. Oltre alla scarsità di funzioni per criticare il Fratello Facebook. Come scrive Erik Rasmussen su TechCrunch, «dove lo trovo un WTF button?». WTF sarebbe un acronimo per «e che diamine!», però più volgare, in inglese.(tratto da Il Corriere)

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