Dopo i fatti di Genova, in Italia le forze dell’ordine hanno ripiegato sul contenimento dei “riots”. E così anche ieri: disperdere gli assembramenti dei facinorosi senza dare l’impressione di reprimerli, spuntarne l’aggressività senza bloccarla del tutto, procedere a una manciata di arresti invece che a un raid punitivo, mentre i cappucci neri devastavano le principali piazze romane tenendo in ostaggio anche chi in piazza c’era sceso innocentemente.

 

Tutti avevano fiutato l’aria roca di questa fredda domenica, che dopo mezzogiorno ha rovesciato la maschera e confermato quello che sapevamo già: abbiamo allevato una generazione all’antipolitica e spinto fra le braccia di pericolosi anarchici come Assange migliaia di giovani, in un contesto culturale che in Occidente non ha mai smesso di essere sfavorevole al capitalismo: da qui gli “indignados”, “il blocco nero”, gli ex “no global” e tutti gli spezzoni del nichilismo antagonista, che si nutre solo di una cieca avversione al potere e disprezza qualsiasi idea di progresso sociale e riforma economica.

Personaggi dei fumetti come la maschera di “V” sono diventati degli eroi per milioni di persone, spargendo il veleno anticapitalistico in ogni piega della realtà, sia vera che virtuale. La negazione delle istituzioni, della rappresentatività, del parlamentarismo, in nome di una non meglio specificata ideologia che mette al primo posto i corpi e la totale padronanza su di essi, è il frutto del relativismo con cui ogni appartenenza politica, un tempo salda e pregna di senso, ha dovuto scendere a compromessi negli ultimi vent’anni.

Non è solo colpa di una sinistra ormai svuotata dei suoi principi costituenti e che cerca disperatamente compagni di strada anche tra i più improbabili e sull’onda della moda del momento. Solo quando era già troppo tardi il “duro” Alemanno ha risfoderato toni da celere anni Settanta, mentre il temuto ministro degli interni Maroni era a Varese, lontano dalla mischia. Domani si volta pagina, nonostante i feriti e la guerriglia metropolitana; ci si abitua a tutto.

“Bisognerà capire,” tuona il segretario del Pd Bersani, “come sia possibile che una banda di centinia di deliquenti abbia potuto devastare, aggredire, incendiare e tenere in scacco per ore il centro di Roma”. La risposta è semplice: siamo una sazia democrazia dove la politica non conta più nulla, o almeno è così per i perdenti radicali che periodicamente riescono a guadagnarsi un quarto d’ora di celebrità.(lOccidentale)

 

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