(AGI) – Roma, 14 gen. – Quirinale, ore 10,35: finisce l’era Napolitano. Il Capo dello Stato firma la lettera – poche righe, massima sintesi – con cui da’ seguito all’annuncio fatto in televisione la notte dell’ultimo dell’anno. Lascia il Quirinale dopo nove anni di presidenza, di cui due segnati dalla fatica. Un addio che non tralascia niente del protocollo, ma ugualmente assume un tono intimistico, quasi dimesso.
La cronaca dell’ultima mattinata al Colle lo vede ricevere le ultime telefonate di saluto, leggere per l’ultima volta la rassegna stampa preparata per i presidenti, poi la rilettura del testo della lettera con cui si dimette, e quelle di accompagnamento per i presidenti di Camera e Senato, ed il presidente del Consiglio.
Dopo la firma, il Segretario generale della Presidenza, Donato Marra, parte con una scorta di corazzieri motociclisti alla volta di Palazzo Madama e Montecitorio. Nel frattempo un altro corazziere si affaccia dalla Sala dei Precordi (quella con il terrazzino che da’ in direzione della fontana con i cavalli) ed ammaina la bandiera. Cala anche la bandiera sul Torrino, segno che, per i prossimi giorni, la sede del Quirinale e’ vacante.
La reggenza, infatti, passa al Presidente del Senato Pietro Grasso, ma questi – come da prassi – non verra’ a insediarsi sul Colle. Grasso si sposta a Palazzo Giustiniani, venti metri dal Senato, e vi restera’ fino all’elezione del prossimo Capo dello Stato. A segnare il cambiamento, a Palazzo Giustiniani arrivano due corazzieri a fare da piantone all’entrata e al piano dello studio del Supplente.
Una grande responsabilità e una forte emozione. Affronterò questi giorni con spirito di servizio e animo sereno.
— Pietro Grasso (@PietroGrasso) 14 Gennaio 2015
Napolitano intanto saluta i dipendenti, scende dallo Studio alla vetrata fin nel Cortile d’Onore, riceve i saluti di un picchetto e gli viene consegnato lo Stendardo del Presidente, quella bandiera a quadrati contrapposti blu, rossi e bianchi con al centro lo stemma della Repubblica. Esce in auto dal Portone Principale, la folla l’applaude. L’applaude anche la Camera, dove Laura Boldrini da’ lettura della missiva con cui ha annunciato l’abbandono. Lui intanto raggiunge la sua casa privata, nella vicina Via dei Serpenti. Inizia una nuova fase di una lunga vita.
Da ogni parte saluti e ringraziamenti. Dal Papa, per esempio. “Le sono spiritualmente vicino e desidero esprimerle sentimenti di sincera stima e di vivo apprezzamento per il suo generoso ed esemplare servizio alla nazione italiana, svolto con autorevolezza, fedelta’ e instancabile dedizione al bene comune”, gli scrive Francesco. “La sua azione illuminata e saggia ha contribuito a rafforzare nella popolazione gli ideali di solidarieta’, di unita’ e di concordia, specialmente nel contesto europeo e nazionale segnato da non poche difficolta’”, e’ il messaggio che arriva da Bergoglio.
Anche Francois Hollande saluta “l’amico di cui la Francia e’ orgogliosa” e segnala quanto anche nelle ore della tragedia di Parigi l’Italia sia stata vicina e solidale.
Coro di apprezzamento dai partiti, meno che dai grillini.
Beppe Grillo invita Napolitano a rinunciare alla carica di senatore a vita. Ma non e’ che Silvio Berlusconi rinunci alla stoccata, quando si augura che “il nuovo Presidente della Repubblica non sia il seguito di tre Presidenti della Repubblica di sinistra, che hanno portato il Paese a questa condizione di non democrazia”.
Matteo Renzi invia al senatore a vita, lo era gia’ dal 2005, ora Presidente Emerito, l’ultimo ringraziamento. Poi aggiunge: “E’ auspicabile e ragionevolmente probabile che l’elezione del nuovo Capo dello Stato arrivi alla fine del mese”. E qui si entra nella partita che andra’ in scena a Montecitorio dal 29.
E nelle schermaglie tradizionali, quelle che pero’ la volta scorsa sono finite fuori controllo e hanno portato al ‘bis’, primo nella storia della Repubblica, chiuso oggi. “Se c’e’ la volonta’ di arrivare a una intesa con tutti, che sia con tutti, perche’ aspettare la quarta votazione e lasciar perdere la prima, la seconda e la terza?”, e’ la domanda che pone Pier Luigi Bersani a chi condurra’ le mosse, come tocco’ a lui, due anni fa. (AGI) .