In questa settimana gli organi di informazione hanno accostato il mio nome ad una richiesta di stele funebre per il partigiano Carrino. L’accostamento riguarda alcune perplessità da me espresse le cui ragioni non sono state riportate adeguatamente. Infatti la richiesta in questione è stata presentata dal firmatario della stessa come espressione dell’intero movimento che presiede senza però aver attivato, come democrazia richiederebbe, gli organi statutari per una questione che non è di ordinaria amministrazione.

L’affrettata stesura della richiesta ha portato peraltro alla sgradevole sensazione, non rispondente alla realtà, che si volesse porre la questione sul piano di un “do ut des” con la recente intitolazione di una strada cittadina alla vittima del terrorismo Sergio Ramelli.

Se l’informazione avesse fatto le opportune domande prima di pubblicare e avrebbe avuto chiaro il caso.

La confusione creata ha offerto l’opportunità a qualche soggetto, impegnato a far dimenticare i suoi salti della quaglia, di ergersi a censore e maestro di etica sfruttando cinicamente il suo neo-riacquisito ruolo assessorile per spargere zizzania nel campo dell’opposizione abbandonata da qualche mese.

A tale politicante, e anche a qualcun altro, sarebbe il caso di ricordare che la commissione toponomastica presieduta dal preside Rizzo, e di cui lo scrivente era vice presidente, approvò all’unanimità l’intestazione al partigiano neretino Carrino. Era il 1996. Quasi vent’anni addietro. Ma il sagace assessore, neo- maestro di etica, era troppo stanco per accorgersene; si stava infatti riposando dalle fatiche per aver costruito una serie di liste-fai-da-te necessarie a far rientrare in Consiglio Regionale un suo parente rimasto orfano del partito socialista sparito nelle bufere di tangentopoli. Del resto tale assessore non è che si sia mai occupato di toponomastica se non qualche giorno addietro per far intestare una strada a suo nonno (peraltro persona rispettabile). Qualcun altro invece in quell’anno frequentava la scuola elementare.

Peraltro è formidabile notare che questi amministratori devono attendere una sollecitazione esterna per erigere una stele e una sepoltura degna ad un rappresentante autentico dei valori con i quali si riempiono quotidianamente la bocca suscitando, con questi comportamenti, il dubbio che tali professioni di fede siano solo un vacuo atteggiamento di maniera. Né possono addossare la colpa a precedenti giunte dato che sono ormai amministratori da un discreto lasso temporale. In particolare dell’assessore, novello maestro di etica, ricordiamo la gestione dell’Ambiente dove con le sue lungaggini burocratiche è riuscito a far perdere a Nardò l’occasione di avviare un Centro di Educazione Ambientale.

Infine al novello (prima è stato oppositore per tre anni poi si è infilato nella giunta di cui diceva malissimo per 24 ore al giorno senza battere ciglio) assessore contestiamo la deprecabile considerazione che Sergio Ramelli sia stato vittima “della follia ideologica di qualche estremista”. No caro assessore Ramelli è stato vittima di un regime discriminatorio instaurato e condiviso da tutti i partiti del sedicente arco costituzionale e non di qualche isolato squilibrato come lei insinua per sminuire le responsabilità.

Il misero tentativo di accreditare come un volgare scambio l’intestazione della via a Ramelli con la richiesta di stele per il partigiano Carrino è solo una meschina manovra.

 

Graziano DE TUGLIE