PORTO CESAREO-(Trnews)-Omicidio colposo. È con questa accusa che sono state iscritte tre persone sul registro degli indagati dopo la morte di un bracciante, lunedì, nei campi di Nardò. 47 anni, di nazionalità sudanese, è stato stroncato da un infarto.

Ma la pm Paola Guglielmi vuole vederci chiaro, poiché non è escluso che il malore sia stato dovuto alle condizioni impossibili in cui il lavoratore era costretto a raccogliere pomodori. Tra l’altro, l’uomo nella mattinata aveva già avvertito una fitta al petto, ma non era stato accompagnato al pronto soccorso. Per lui, solo una pausa all’ombra, sotto l’albero.

 

 

A finire nei guai è un presunto caporale, anche lui sudanese, la proprietaria di un’azienda agricola e il marito in quanto titolare di fatto della società. Tra l’altro, quest’ultimo, Giuseppe Mariano, era già stato coinvolto nell’inchiesta sullo sfruttamento della manodopera migrante nella raccolta delle angurie. Dopo l’operazione Sabr del maggio 2012, dunque, nulla sembra cambiato a Nardò.

 

E il quadro che sta emergendo dalle indagini, delegate ai carabinieri della compagnia di Campi Salentina, è complesso: è molto probabile, infatti, che accanto all’accusa di omicidio si aggiungano quelle derivanti dalla violazione della legge contro il caporalato e della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Sono stati sequestrati l’agenda del presunto caporale, telefoni cellulari e la documentazione in possesso del consulente aziendale.

 

Ascoltati due braccianti, anche loro assunti in nero. La posizione di altre 28 persone, che operavano nella stessa azienda, è al vaglio degli inquirenti, poiché il loro impiego risulterebbe agli atti dell’ufficio di collocamento ma non si escludono ulteriori irregolarità. Attivati Inail, Ispettorato del lavoro e Spesal. (Trnews)