Con l’arrivo della stagione mite si ripresenta, a Nardò, puntuale come un orologio svizzero il problema dei lavoratori stagionali , o meglio degli aspiranti lavoratori extracomunitari stagionali in agricoltura . Aspiranti perché ad essere impiegati è solo una sparuta minoranza dei braccianti presenti sul nostro territorio.

 

La ciclicità del fenomeno rende impossibile a chiunque discuterne nel merito in termini di emergenza. L’emergenza sottende alla sorpresa piuttosto che alla violenza di un fenomeno, oltre a non poterci più sorprendere visto che, siamo ad una ripetizione costante del fenomeno, per fortuna qui di violento c’è solo il senso di impotenza e lo stare a guardare delle istituzioni pubbliche.

L’esperienza di Masseria Boncuri e del progetto “Amici” del 2011, sul versante pubblico, è stata la sola risposta istituzionale che si è posta l’ambizioso obiettivo di gestire o quanto meno capire il fenomeno dei flussi migratori bracciantili; da quell’esperienza di prossimità delle istituzioni pubbliche ai lavoratori extracomunitari è scaturito il famoso sciopero del luglio 2011, capeggiato da Yvan Sagnet, sciopero che contribuì a far considerare la condotta di sfruttamento del lavoro degli immigrati meritevole di censura penale e portò il parlamento all’emanazione dell’art. 603 bis del codice penale.

Boncuri nel bene e nel male, nonostante, tanta disorganizzazione, carenza di servizi, sovraffolamento, rappresentava, però, un punto di partenza; certamente migliorabile, comunque, un ponte tra la comunità e i lavoratori extra comunitari e, quindi cosa, si è pensato di fare a Palazzo Personé, una volta scoperchiata la pentola del caporalato con gli arresti del processo SABR di chiudere quell’esperienza e ritornare al passato; facendo,così, assurgere agli onori della cronaca un rudere l’EX FALEGNAMERIA di c.da Arene Serrazze, divenuto ben presto un ricettacolo di disperazione, sporcizia e abbandono.

Con la demolizione dell’ex Falegnameria, che ha visto all’opera a Nardò e non ad Olbiate, la ruspa, strumento di lavoro osannato della destra “lepenista e salviniana”, l’amministrazione Risi ha fatto cadere finalmente quel velo di ipocrisia e di finto buonismo che hanno caratterizzato le politiche migratorie di questi lunghissimi 5 anni.

Lo diciamo adesso per non ripeterci più, se non ci fosse stata e non ci fosse “LA CARITAS” con le parrocchie e i volontari di “Diritti a Sud” e di Emergency e di quanti, privatamente, per ragioni spirituali o laiche si sono mossi a manifestare solidarietà verso un flusso di persone, che viene a svolgere lavori rifiutati dai nostri cittadini perché, prevalentemente, fondati su condizioni di sfruttamento, noi avremmo avuto disastri ben peggiori di quelli cui assistiamo e che hanno portato in questi ultimi anni a registrare due vittime tra i braccianti.

Del resto, sulle politiche migratorie si consumò a seguito di uno scontro feroce sulla mancata costituzione di parte civile nel processo SABR il divorzio con SEL e con l’allora assessore alle politiche migratorie e lavori pubblici Renna.

Riteniamo utile riportare alla memoria dei nostri lettori la lettera con la quale il Sindaco Risi comunicò il NO alla costituzione di parte civile e la risposta di Renna.

Passati tre anni ed al ripresentarsi del problema rimasto pressochè tale e quale ci sembra davvero stucchevole il tentativo, come sempre tardivo, di invocare tavoli e reti di solidarietà con altri sindaci interessati al fenomeno.

In occasione, di un convegno organizzato dal Rotary, recentemente svoltosi a Nardò, con la partecipazione di Michele Emiliano quest’ultimo, dal par suo, ha avuto il coraggio di distinguere e chiamare per nome i fenomeni che interessano il settore.

Il presidente della Regione ha ricordato che bisogna sempre saper distinguere, infatti, da una parte, c’è la disperazione di chi scappa da guerre, carestie e fame e, dall’altra parte, ci sono lavoratori, interessati ad un salario giusto e a servizi doverosi rispetto alle attività espletate, dall’altra ancora, ci sono le aziende stritolate dalla crisi, dalla mancanza di accesso al credito, dalla burocrazia e dal dumping mondiale, che impone un abbattimento dei prezzi di mercato rendendo, di fatto, “quasi necessario” il ricorso a strategie di caporalato.

Questa è la realtà e rispetto a questa realtà è mancato sinora, da parte di tutti gli attori in campo, il coraggio di approfondire proposte esistenti e formulate da addetti ai lavori ed esperti riguardanti, ad esempio, la marchiatura etica di prodotto, che se attuate potrebbero consentire ai produttori di avere incentivi ulteriori e finalizzati a garantire responsabilmente politiche occupazionali su basi etiche e non sul caporalato come avviene sino ad oggi.

Avremmo avuto piacere di sentire un approfondimento di queste proposte in questi giorni, caratterizzati al contrario da vuote parole e dal rumore di ruspe e macerie.

 

nota del Sindaco di Nardo’ , Marcello Risi del 28 gennaio 2013

 

​PROCESSO “OPERAZIONE SABR”

SULL’IPOTESI DI COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DEL COMUNE DI NARDÒ

E’ stata proposta da un gruppo politico, Sinistra Ecologia e Libertà, la costituzione di parte civile del Comune di Nardò nel processo relativo alla cosiddetta “Operazione Sabr” (l’apertura del dibattimento è prevista per il prossimo 31 gennaio).

Le indagini hanno scoperchiato, attraverso intercettazioni, appostamenti, documenti fotografici, un fenomeno diffuso di sfruttamento del lavoro ai danni prevalentemente di lavoratori extracomunitari giunti a Nardò in cerca di lavoro, spinti dalla miseria, dalla disperazione, dal bisogno. Molti di essi, provenienti da paesi poverissimi o da zone del mondo lacerate da conflitti e epidemie, hanno pagato migliaia di euro a loro spregiudicati connazionali, intermediari e trafficanti senza scrupoli, per un viaggio carico di rischi e pericoli. Uno spettro angosciante di disperazione, di sofferenza, di voglia di riscatto. Un’ansia di vita e di speranza spesso tradita, sopraffatta, mortificata.

Una carica di umanità sfregiata da persone senza scrupoli. Il processo “Operazione Sabr” muove da questo mondo di dramma e di violenza.

La procura ha ipotizzato una serie di reati, fra cui alcuni gravissimi, che offendono particolarmente la coscienza della nostra comunità: in particolare la riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.) e il cosiddetto caporalato (art. 603 bis c.p.).

Venendo, ora, più in concreto, alle questioni poste, come porsi di fronte alla scelta di costituzione di parte civile del Comune di Nardò?

La costituzione di parte civile è un istituto del processo penale attraverso il quale la parte danneggiata dal reato (o dai reati) interviene nel processo per richiedere all’autore del reato il risarcimento del danno subito. La parte civile, una volta intervenuta formalmente nel processo attraverso un avvocato, può chiedere l’ammissione di una lista di testimoni, può controesaminare i testimoni dell’imputato, può produrre atti e documenti, può chiedere il sequestro conservativo. Anche le associazioni e gli enti possono costituirsi parte civile purché intervengano a tutela di un interesse che rientra nei fini che l’ente o l’associazione perseguono.

Nel processo che ci riguarda rilevano reati che astrattamente coinvolgono interessi che la comunità di Nardò (attraverso la sua Amministrazione) ha il dovere e l’interesse di tutelare, segnatamente: il diritto ad un lavoro dignitoso, il rispetto della persona umana, il rigetto assoluto di ogni forma di schiavitù e sottomissione, la ferma e dura condanna di ogni forma di caporalato.

Alla possibile commissione dei reati di riduzione in schiavitù e di caporalato si lega in modo prevalente (se non esclusivo) il possibile interesse del Comune di Nardò a costituirsi parte civile per ottenere il danno dell’immagine che ne è scaturito.

Ma sul punto si impongono alcune considerazioni.

Il reato di riduzione in schiavitù è stato escluso dal tribunale del riesame con un provvedimento assai motivato del quale si condividono le argomentazioni e le conclusioni.

Secondo i giudici del tribunale del riesame “i lavoratori extracomunitari hanno dichiarato di essere giunti a Nardò, non perché a tal fine coartati da taluno, bensì perché, avendo saputo che in tale città vi erano molti imprenditori alla ricerca di manodopera per la raccolta di prodotti agricoli, avevano deciso autonomamente di recarvisi con la speranza di trovare occupazione. Così come spontaneamente giungevano a Nardò così liberamente – prosegue il tribunale – i cittadini extracomunitari potevano, in qualsiasi momento smettere di lavorare e andare via da Nardò: il motivo per il quale vi rimanevano, pertanto, non va ricercato in una restrizione di libertà operata dai caporali o dai datori di lavoro, bensì nell’assenza di migliori alternative”.

In sostanza secondo i giudici del tribunale del riesame, che richiamano copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione, non ci sono gli elementi minimi per ritenere configurabile il reato di riduzione in schiavitù, non sussistendo la situazione di schiavitù.

Per la Corte di Cassazione “il mero profittare dell’attività lavorativa altrui, ancorché svolta in condizioni di accentuato disagio e di sfruttamento, se non accompagnato da uno stato di effettiva soggezione con privazione della libertà individuale, non integra il reato di riduzione in schiavitù”.

Diverse valutazioni devono farsi , invece, con riferimento al reato di cui all’art. 603 bis del codice penale, il cosiddetto reato di caporalato. In questo caso emergono fatti e situazioni che possono astrattamente essere riconducibili al caporalato, anche nella sua fisionomia di reato penale. Va ricordato, però, che tale reato è stato inserito nell’ordinamento solo il 13 agosto 2011 (alcuni giorni dopo lo sciopero della Masseria Boncuri). Prima di quella data il caporalato non era reato. In Italia, per un ovvio principio garantista e di civiltà, nessuno può essere condannato per un fatto che non era considerato reato al momento in cui è stato commesso. I fatti oggetto del processo sono tutti precedenti al 13 agosto 2011: come può ipotizzarsi il reato di caporalato se il reato neppure esisteva? (principio di irretroattività della legge penale).

Alla luce delle argomentazioni succintamente svolte, appare poco fondata la possibilità che il Comune possa costituirsi parte civile assumendo di aver ricevuto danni di immagine dai reati di riduzione in schiavitù o caporalato, che effettivamente appaiono non sussistere. Né può ragionevolmente prendersi in considerazione la costituzione di parte civile genericamente volta al risarcimento di danni non riferibili ai reati sopradetti.

Resta, tuttavia, la forte riprovazione dell’Amministrazione comunale di Nardò verso ogni forma di caporalato e di sopruso ai danni dei lavoratori extracomunitari. I soprusi, gli abusi, le ingiustizie che essi hanno subito offendono l’anima della nostra Città. La presenza di lavoratori extracomunitari nel nostro territorio arricchisce di umanità la nostra terra e deve stimolare politiche di solidarietà e integrazione fondate sulla dignità dell’uomo.

L’introduzione del reato di caporalato, a far data dal 13 agosto 2011, è un importante avanzamento di civiltà del nostro ordinamento. Consente, infatti, di perseguire penalmente forme di illegittima intermediazione e di sfruttamento del lavoro prima sottratte alla sanzione penale.

Per queste ragioni il Comune di Nardò auspica ancora una volta la lotta senza quartiere al caporalato e a tutte le forme di sfruttamento dei lavoratori extracomunitari. Esprime sincero apprezzamento per tutti i soggetti e tutte le istituzioni che si adoperano per stroncare un ignobile fenomeno che sporcal’anima della nostra Città. Ribadisce convintamente l’invito a tutti gli imprenditori locali a organizzare ogni fase della propria attività nel pieno rispetto della dignità di tutti i lavoratori, senza distinzione di razza e di colore.

Si ritiene non sussistano gli estremi per la costituzione di parte civile del Comune di Nardò nel processo in corso, ma l’Amministrazione Comunale, considerando legittima e opportuna la costituzione di parte civile dell’ente in processi per il reato di caporalato, fin da ora dichiara che valuterà con attenzione l’intervento in processi volti a sanzionare condotte riconducibili all’art. 603 bis c.p.

Nardò, 28 gennaio 2013

Il sindaco

Marcello Risi

 

 

 

​​Ill.mo Sig. Sindaco

Avv. Marcello Risi

p.c. Ill.mo Sig.Segretario Generale

Avv. Giuseppe Leopizzi

LORO SEDE

Per opportuna conoscenza

Ill.mo Sig. Assessore Regionale alle Politiche Migratorie

Dott. Nicola Fratoianni

Via Nazario Sauro, n. 31-33

Bari

Ill.mo Sig. Assessore Regionale

alle Risorse agroalimentari

Dott. Dario Stefàno

Via Nazario Sauro, n. 45-47

Bari

Oggetto: rimessione delega “politiche migratorie”.

In riscontro alla pregiata Sua nota, con la quale ci notizia in ordine alla determinazione negativa, relativamente, alla ipotesi di costituzione di parte civile nel processo “SABR”, che vede imputati numerosi soggetti di varia nazionalità per ipotesi di reato gravissime svoltesi prevalentemente nel territorio neretino.

Processo che, si aprirà presso il Tribunale di Lecce il 31 gennaio p.v. e che per le ragioni che, Ella stessa ha evidenziato nella Sua nota, comprenderà che non passerà inosservata l’assenza del Comune di Nardò tra le parti civili.

La Sua Nota Sig. Sindaco è, per tanti versi, contraddittoria e viziata da manifesta illogicità.

Ella nei primi capoversi usa espressioni gravi, riferendole alle attività degli inquirenti: “…le indagini hanno scoperchiato, attraverso intercettazioni, appostamenti documenti fotografici, un fenomeno diffuso di sfruttamento del lavoro ai danni prevalentemente di lavoratori extracomunitari giunti a Nardò in cerca di lavoro, spinti dalla miseria dalla disperazione e dal bisogno.”

Continua, dicendo “una carica di umanità sfregiata da persone senza scrupoli. Il processo “Operazione Sabr” muove da questo mondo di dramma e di violenza.”

Parte da queste premesse per smentirle subito dopo con considerazioni e motivazioni, che esorbitano dal ruolo istituzionale e che competerebbero, al più, alle difese degli imputati all’interno del processo.

Sindaco, a Lei compete la difesa di un territorio, delle tradizioni di accoglienza e solidaristiche della nostra città, delle ragioni e dei diritti dei lavoratori, invece, così argomentando ha voluto offrire tuzioristiche argomentazioni difensive, in favore di una parte, anticipando giudizi ed accertamenti che competono, come Ella sa bene, solo alla Magistratura.

Ella per un verso riconosce l’esistenza di fenomeni gravissimi di sfruttamento dei braccianti agricoli sul nostro territorio, che si affretta subito dopo a derubricare come ipotesi non delittuose in omaggio al principio di irretroattività della norma penale, a che pro questa ermeneusi, quale ragione la spinge a siffatto approfondimento?

Nella giornata della memoria, durante la fiaccolata di ieri sera nella nostra città, una rappresentanza di giovani e meno giovani cittadine e cittadini hanno sfilato dietro ad uno striscione con su scritto “La Nardò Civile faccia la Sua Parte”.

Con questa sua decisione, Ella sig. Sindaco ha tradito le aspettative di quella Nardò, che si riconosce davvero nei valori di civiltà e dei diritti dei lavoratori; mi domando, che parte sta facendo fare alla nostra Nardò?

Sig. Sindaco Ella sa bene, quanto sono stato critico già nella passata stagione rispetto alla decisione di non provvedere alla riedizione del progetto AMICI cofinanziato dalla Regione e dalla Provincia di Lecce e quindi alla mancata riapertura del campo di accoglienza di Boncuri.

A parte un generico invito rivolto agli imprenditori agricoli di Nardò, Ella, volutamente, dimentica di annoverare la proposta di agricoltura etica formulata dal sottoscritto nel tentativo di far ripartire il comparto dell’anguria e del pomodoro su basi diverse.

Per tutte le ragioni prima citate e, non senza amarezza, Le comunico di voler rimettere nelle sue mani la delega assegnatami delle politiche migratorie, riservando ogni opportuna ulteriore determinazione ad un approfondimento successivo.

Informa della prefata determinazione gli Spettabili assessorati regionali in indirizzo con i quali nell’ambito della delega di mia competenza avevo avviato un proficuo rapporto di collaborazione.

Tanto Le dovevo.

Vincenzo Renna

Assessore Politiche Migratorie

Nardò, 28 gennaio 2013

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