Era il 16 agosto 1972, quasi a mezzogiorno. Stefano Mariottini faceva pesca subacquea a Riace. «Cercavo scogli isolati dove il pesce non fosse disturbato. Ne ho trovato un gruppo quasi circolare con al centro della sabbia. L’acqua era limpida, quasi trasparente. Ho visto una spalla. Ho capito subito che era una spalla e non un sasso qualsiasi perché l’anatomia dei bronzi è così precisa…
Per un attimo ho pensato che fosse un cadavere. Era verde scuro. L’ho toccato. Ho iniziato a fare su e giù in apnea, spolverando la sabbia che lo copriva. Ho visto che era una statua intera sepolta nel fondale marino con il lato destro leggermente girato verso il fondo. Ho visto i capelli, la tenia (benda ferma-capelli, ndr), il viso coperto da concrezioni, sassolini e sabbia».
A pochi metri l’altro Bronzo. «Mentre mi immergevo ho visto un ginocchio e un alluce a circa un metro di distanza. Ho fatto un’altra capriola e l’ho scoperto, era supino, coperto da qualche centimetro di sabbia. In un attimo l’ho visto, dalla testa ai piedi, in tutto il suo splendore. La muscolatura, il particolare delle ciglia e le palpebre fatte con i filetti di bronzo…». {Fonte: Felice Manti, “L’uomo che scoprì i Bronzi”, il Giornale del 1^ agosto 2016}