E’ notizia di oggi (6 ottobre 2016) quella apparsa sulla Gazzetta del Mezzogiorno( Lecce provincia pag.IX) in cui l’ autorevole esponente del Pd di Porto Cesareo Monica Viva, richiede a gran voce una presa di posizione netta da parte del governatore Emiliano in modo che lo stesso possa accogliere senza indugi le istanze presentate dalla propria comunità. Questa petizione rivolta al presidente della regione per il rispetto del protocollo d’intesa sottoscritto insieme alla vecchia amministrazione neritina nel frattempo revocato dalla nuova contraria allo scarico a mare apre una lunga riflessione sull’argomento.
Il primo pensiero che balza alla mente è l’arcaica convinzione, mai sepolta nei nostri territori e ribadita per l’ occasione nel suo intervento dalla consigliera cesarina, che il voto elettorale sia per forza di cose inquadrato in “do ut des” tra l’elettore e l’eletto anche in vista di un interesse generale più ampio. La seconda considerazione, non meno grave della prima, è di rimanere cieca di fronte alle possibili alternative già attuate e funzionali in altri contesti vicini .
L’impianto di Fasano è attivo da anni ed è stato realizzato con costi documentati inferiori a quelli previsti nel protocollo d’intesa impugnato e revocato dall’amministrazione neritina oltretutto per questa struttura si guarda a un possibile,in futuro, riutilizzo per usi civili delle acque che saranno rese potabili con un incremento dell’affinamento depurativo .
La stessa guerra fratricida si sta combattendo in questi giorni per il depuratore consortile che dovrà sorgere a Manduria. Anche in quelle zone il comune di Sava preme per la realizzazione della condotta a mare e non accetta soluzioni altrettanto valide che la possano superare.
Per quest’opera sembrerebbe di capire, dal convegno indetto sulla questione dal Pd locale ad Avetrana, nonostante le promesse fatte ai comitati cittadini e alle amministrazioni coinvolte dal governatore Emiliano di superare lo scoglio dello scarico a mare che l’indirizzo della regione sia quello di cambiare il metodo di depurazione dei reflui urbani ma di lasciare invariata la parte che prevede il mare come recapito finale delle acque trattate anche se solo per periodi di emergenza limitati nel tempo.
Queste preoccupazioni sono state sollevate anche dal prof. Mario Del Prete nel suo intervento al convegno di Avetrana dove evidenziava il silenzio della regione nei confronti dei territori e dei comitati interessati, nonostante fossero intercorsi nel frattempo incontri istituzionali al ministero dell’ambiente tra regione, governo ed Aqp .
Da quest’incontro sarebbe emersa la volontà di non voler recepire in toto la soluzione prevista dal progetto, presentato dal professore alla regione Puglia, come valida alternativa allo scarico a mare. Le vasche disperdenti individuate come soluzione di recapito finale dei reflui opportunamente trattati sono state considerate non in linea con le leggi sulla materia , nonostante nella nostra regione non ci sia un divieto espresso per le vasche prese in questione anzi è d’uso comune l’utilizzo di questi mezzi di drenaggio negli usi civili.
C’e’ da chiedersi a questo punto quali interessi si nascondono dietro il mantenimento di un opera dai costi altissimi per un utilizzo limitato a una decina di giorni nel corso dell’anno senza vagliare alternative già presenti nei progetti presentati per risolvere anche il problema delle criticità?
Chi garantirà il controllo sugli scarichi emergenziali e chi stabilirà la condizione necessaria per effettuare gli stessi secondo i parametri limitativi ? Solito annoso problema di chi controllerà il controllore?
Questo ampio scenario aperto che vuol ridurre a una mera battaglia fra cittadine in disaccordo la diatriba esplosa di recente servirà esclusivamente per giustificare l’avvento del commissario già paventato in precedenza. L’intervento di quest’ultimo servirà a dirimere la lotta in atto secondo logiche già ampiamente collaudate superando così, in stato di priorità necessaria, i freni posti da parte dei cittadini che vogliono salvaguardare il territorio e la propria salute.
La Puglia è ricca di questi esempi di progetti mostruosi che nel tempo solo l’intervento della magistratura è riuscita a smascherare ed evidenziare la pericolosità sociale di queste opere.
Le rassicurazioni della politica nel corso degli anni sul buon funzionamento degli impianti oggetto di menzione non sono servite in alcun modo a garantire la salute pubblica anzi la complice benevolenza ha aggravato la questione .
Eclatante il caso Ilva di questi giorni dove uno studio autorevole ha evidenziato l’incremento dei decessi e delle malattie proporzionali all’aumento produttivo dell’azienda un problema questo noto da tempo ma non supportato sino ad oggi da dati certi e inconfutabili.
Che dire poi degli scempi creati dalla centrale a carbone di Cerano e senza andare troppo lontano dalla Discarica di Castellino
Mostruosità che hanno prodotto enormi danni sulla salute pubblica , sui terreni rendendoli contaminati , le falde acquifere inquinate, lasciando così una questione aperta dove la parola fine non può essere ancora scritta e chissà se mai potrà essere letta in futuro.
Purtroppo i disastri ambientali sono errori che non si possono fermare in un attimo eliminando la causa del problema , per ridurre i disagi procurati occorrono lunghi decenni e sarà impossibile ristabilire lo status quo iniziale dei territori.
Non dimentichiamo inoltre che nessuna politica potrà mai riportare indietro le morti procurate e sanare i disagi per le innumerevoli famiglie colpite dalle malattie e dalle conseguenze delle loro scelte. In questo momento occorre rimanere vigili senza abbassare la guardia per contrastare senza dubbi e con forza qualsiasi decisione che preveda come soluzione definitiva lo scarico a mare dei reflui fognari.
Nardò e il Salento sopravvivono grazie al turismo e all’indotto prodotto da questo non si può distruggere un territorio e la salute pubblica in una zona in cui anche la sanità ha falle evidenti . Dobbiamo fermare questa politica cieca e chiusa nei palazzi di potere che non vuol ascoltare e venire incontro alle esigenze della popolazione locale.
Non chiederemo al governatore Emiliano come fatto da altri un “ Do ut des “ ma solo di appoggiare e promuovere progetti che abbiano una ricaduta positiva sul territorio e non lo distruggano per promuovere e favorire interessi di gruppi finanziari che non hanno a cuore il futuro delle nostre zone ma i profitti generati dallo stesse.
Intervento del prof. Mario De Prete al convegno del 2 ottobre 2016 a Manduria
Non si può nascondere una certa preoccupazione per la mancanza d’informazioni relative allo scarico dei reflui del depuratore da quando tutto è stato interamente affidato nelle mani di AQP e degli uffici regionali preposti.
Dopo la presentazione a Manduria del progetto alternativo che aboliva lo scarico in mare, concordemente a quanto da me proposto, non c’è più stato alcun incontro su quanto veniva deciso fino al punto che, all’insaputa delle amministrazioni comunali interessate, il 21 aprile 2016 è stato effettuato al Ministero dell’Ambiente un incontro con amministratori della Regione Puglia e dell’AQP per definire le modalità di scarico alternativo al mare.
La proposta, inoltrata al ministero, con successiva nota del 24 maggio della Regione, consiste in un Buffer ecologico, composto da:
– n. 4 bacini di accumulo di profondità di circa 3,0m in collegamento idraulico tra loro;
– aree a verde densamente vegetate per una superficie complessiva di circa 1,3 ha;
– sistema di ravvenamento dell’acquifero costituito da:
a) n. 12 vasche disperdenti di altezza massima pari a circa 3 metri per una superficie netta complessiva pari a 10.800 m2;
b) n. 2 sistemi verticali di drenaggio distanti almeno ulteriori 10 m dal livello di massima escursione della falda profonda.
Secondo la dott.ssa Checucci, funzionaria del Ministero dell’Ambiente, l’attuale normativa non prevede la possibilità di ravvenamento o accrescimento artificiale dei corpi idrici sotterranei con acque reflue, ma solo con acque prelevate allo scopo da altri corpi idrici. Il D.M. attuativo 2 maggio 2016 n. 100 ha dettato criteri e condizioni per il rilascio dell’autorizzazione agli interventi di ravvenamento/accrescimento artificiale dei corpi idrici con la finalità di migliorare lo stato di qualità prevedendo l’utilizzo unicamente di acque prelevate da corpi idrici superficiali o sotterranei. Tutto ciò farebbe saltare completamente la seconda parte della proposta AQP vasche sperdenti-pozzi e di conseguenza l’intero schema progettuale. Si salverebbero solo le vasche di accumulo le cui acque potrebbero essere stranamente utilizzate per scopi irrigui e quindi ripascimento indiretto della falda.
Nell’annosa vicenda riguardante gli scarichi del nuovo depuratore consortile, il parere ministeriale, che io ho sempre ritenuto non necessario, tanto più se espresso in termini frettolosi che ci riportano alle vecchie diatribe del passato in attesa che, entro dicembre, una non bene identificata commissione definisca la qualità dei reflui immettibili in falda. Tutto ciò mentre in Puglia l’adozione di vasche sperdenti è d’uso comune e non c’è alcuna normativa che indichi le profondità ammissibili dei pozzi sperdenti in zona non satura. Quanto agli scarichi diretti di reflui in falda salmastra saranno fatti una volta garantita la qualità del refluo.
Permane evidente la discrasia tra la volontà politica e la gestione della parte tecnica. La volontà politica di tutelare la costa è stata chiaramente espressa dai comuni interessati , dal Governatore della Puglia e dai consiglieri regionali fra cui mi fa piacere ricordare i presenti Turco, Morgante e Mazzarano.
Sul piano strettamente tecnico-scientifico è stato spento il confronto tra Regione, AQP ed i consulenti dei comuni e dei comitati, che sostengono diverse e meno costose soluzioni di trattamento e scarico dei reflui per preservare le condizioni eccellenti delle spiagge di Manduria e dintorni. Invece di valorizzare questo confronto tecnico, si assiste ad uno strano comportamento nella gestione del problema anche se logica vuole che occorrerebbe la migliore cooperazione tra i vari organi tecnici e scientifici, per perseguire l’obiettivo politico già espressamente definito. Temo che la mia esclusione da qualsiasi tavolo di confronto e concertazione possa servire invece a dare spazio a chi sostiene ancora la vecchia posizione che non si può progettare un depuratore senza uno scarico di emergenza o in mare o in falda. Se si dovesse poter dimostrare che in falda non si può fare perché contro la normativa, si tratterebbe delle solite vecchie interpretazioni di parte tendenti a favorire lo scarico in mare nonostante i pareri del CNR e la stessa normativa europea 2013.
Mentre viene invitato in Regione il Comune di Manduria, la richiesta da tempo avanzata dal Comune e dai comitati di Avetrana di spostare il depuratore ad una maggiore distanza dai residenti della frazione di Belsito. La proposta riguarda un migliaio di abitanti in estate e non fosse altro per questo sarebbe giusto avere una risposta circostanziata sulle possibilità di delocalizzazione o attenuazione delle alterazioni paesaggistiche e olfattive per la costruzione del depuratore. Anche in questo un po’ di attenzione sarebbe stata opportuna.