Nardò, 29 dic:_ di Vincenzo Candido Renna_Pecca di ingenuità e non solo, attesa l’evidente malafede dei protagonisti, chi, in questa città, autoproclamandosi di sinistra, pensa di avere il monopolio del bene e della difesa dei deboli.

Al contrario il distacco della sensibilità popolare, il lento ed inesorabile allontanamento dei ceti, che pure per un lungo tratto, la sinistra era riuscita a rappresentare costituiscono il segno di una disfatta incolmabile. Per Jean-Michel Naulot la sinistra usa l’aggettivo populista <<..per designare il popolo che comincia a sfuggirle>>.


Mi piace ricordare a me stesso che non c’è democrazia senza la costruzione di un popolo , demos e cratos appunto.
Ecco la rivoluzione di Mellone è stata anche questo, recuperare un popolo recuperare una identità, <<un noi>> , che rilancia un’idea di politica dal basso che parte dai Comuni.

I Comuni che si collocano nello spazio centrale della quotidianità, in cui si mescolano temi quali edilizia, mobilità, sostegno di base alle persone in situazione di esclusione, i nostri poveri ma anche i tanti nuovi arrivati senza documenti, i migranti ecc…

Non è un caso e <<i dietrologi da salotto>> dimostrano di non aver capito nulla o forse di aver capito fin troppo bene, che chi amministra un territorio con le idee e con le azioni alla fine non può che trovarsi d’accordo sulle soluzioni più razionali e coerenti con la capacità di spesa ridotta degli enti locali.

Ecco spiegata la relazione costante ed eccellente con Michele Emiliano e al posto di rallegrarsi per una capacità di dialogo mai espressa a cosi alti livelli si dedica allo sport più praticato nella nostra cittadina: la lapidazione semantica via web. Mettere la faccia in ogni dove (forse con qualche selfie di troppo) rappresenta la modalità più coerente con il programma politico che ho concorso a scrivere, perchè rappresenta il segno reale di una vicinanza tra un leader ed un popolo, il popolo di Nardò. Vi sono leadership seduttive e leadership carismatiche, come quella di Pippi.

Le prime seguono i trend, le seconde li precedono dimostrando di saper orientare il futuro e non di accontentarsi del presente; echeggiando Nietzsche e Pindaro, <<si diventa ciò che si è>>. Ecco che aver rotto l’egemonia culturale di chi ancor oggi ha la pretesa di detenere la <<Verità Inconfutabile>> salvo non aver costruito nulla o molto poco, anche nella propria vita personale oltre che pubblica, rappresenta il primo grande e tangibile risultato della rivoluzione di Mellone.

Questo continuo refrain sul <<fascismo di ritorno>>, l’idea di appioppare patenti a destra e manca è la conferma della pochezza di argomentazioni di avversari inconsistenti per qualità e quantità.

Fa specie che i tanti pamphlet (non tutti) di approfondimento politico (si fa per dire) sorti in città abbiano speso e stiano spendendo fiumi di inchiostro (virtuale) per stigmatizzare tutto ciò che riguarda Mellone e il suo mondo, salvo dimenticarsi di scrivere in merito ad una battaglia che i compagni di Nardò (tranne pochi) non hanno voluto combattere e che ha il sapore dei diritti umani, che ha il colore della nostra terrà, che parla di dignità e di uguaglianza e che una prima sentenza ha voluto porre al centro dell’attenzione di chi ha occhi per vedere e cuore per sentire.

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