Dopo le elezioni in Sicilia sembrava pronto al grande salto nell’arena elettorale in prima persona. Ma Silvio Berlusconi l’ha detto chiaramente per la prima volta: il fondatore di Forza Italia non si candida alle elezioni, anche perché non potrebbe, visto che la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’appello presentato per riottenere il diritto all’eleggibilità che gli era stato tolto applicando la legge Severino, inon arriverà in tempo e sarà probabilmente negativo.

Così, con le ali tarpate da quella condanna per frode fiscale ottenuta per fatti risalenti al 1995-1998, per sé Berlusconi si ritaglia il ruolo neanche di regista, ma di suggeritore, come si è autodefinito.

Chi farà il cocchiere del centro-destra, allora? Il leader leghista Matteo Salvini è ai blocchi di partenza da tempo, ma dal cappello potrebbe uscire anche l’altro leghista, meno frontista e più uomo di larghe intese, Roberto Maroni, il presidente uscente della Regione Lombardia ha un’esperienza di ministro alle spalle ed è più consensuale, forse anche al di là della coalizione.

Altri possibili passi indietro

Cambiare i nomi perché nulla cambi, la vecchia formula del Gattopardo, sempre attuale in Italia, appare più complessa ma anche più necessaria per altri partiti che non sono in una fase ascendente.

Berlusconi, non sarà forse il solo a dover fare un passo indietro. Nel Partito Democratico, dopo la batosta del referendum costituzionale del 4 dicembre l’ex premier Matteo Renzi è in un trend negativo in popolarità. Tutto il contrario dell’attuale premier Paolo Gentiloni.

Un sondaggio Ixé, realizzato a novembre sulla fiducia degli italiani nei leader politici, dava Gentiloni primo, al 39%, davanti a Luigi Di Maio al 32%. Renzi è a parimerito con Salvini, al terzo posto, ma staccato di 12 punti, con il 27% . Berlusconi è al 21%.

Alla sua nomina, molti lo avevano definito ‘la controfigura di Renzi’. Ma in pochi mesi di governo, Paolo Gentiloni ha saputo conquistarsi uno spazio politico vero e un’inattesa popolarità.

Gentiloni piace anche ai leader internazionali – e alla Germania in primo luogo – ha il favore del Quirinale e dei mercati.

Potrebbe essere investito del ruolo di anti 5 stelle in capo. Contro il partito di Luigi Di Maio  cominciano a schierarsi anche all’estero, così come contro la Lega, viste le recenti dichiarazioni del Commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici.

La campagna elettorale parte ai primi di febbraio. Non sarà solo una questione di facce, dunque, ma anche di coalizioni e di programmi. E questo potrebbe non essere un male.

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