Il Museo della Memoria e dell’Accoglienza di Santa Maria al Bagno “accoglierà” presto la storia degli internati militari originari di Nardò che, nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre 1943 furono catturati e deportati in Germania. Una sorte che accomunò circa 650 mila italiani (di cui 30 mila pugliesi), disarmati dopo l’armistizio, isolati e posti dalle truppe tedesche davanti alla scelta di combattere per la Germania nazista e la Repubblica Sociale Italiana o essere inviati nei campi di detenzione tedeschi. Moltissimi rifiutarono consapevolmente l’arruolamento e divennero “internati militari” nei lager in Germania, dove in condizioni indicibili vennero impiegati nella produzione bellica tedesca come manodopera schiavizzata (e molti dei quali persero la vita durante la detenzione).  

            Un significativo e, fino ad oggi, sconosciuto numero di soldati neretini divenne parte degli IMI, gli eroici Internati Militari Italiani la cui sorte è stata spesso trascurata o totalmente dimenticata dalle ricostruzioni storiche sulla Seconda Guerra Mondiale. Arturo Carrozza, Mario De Pascalis, Gustavo Falangone, Michele Mastria, Nino Pagliula, Uccio Parisi e Renato Rucco sono i soldati di Nardò che con dignità e coraggio affrontarono la prigionia in Germania. Ma l’elenco degli IMI neretini è certamente più lungo e l’obiettivo dell’iniziativa di figli e nipoti di questi eroi è proprio quella di ripescare dall’oblio questa vicenda storica, restituendo al “patrimonio della memoria” altri nomi, esperienze e drammi di quegli anni. Nei giorni scorsi uno spontaneo comitato dei familiari degli IMI neretini ha incontrato al castello l’assessora alla Cultura e all’Istruzione Giulia Puglia e il presidente del Consiglio comunale Antonio Tondo proprio per valutare l’opportunità di creare all’interno del Museo della Memoria una sezione con documenti e altre testimonianze (foto, lettere, racconti, ecc.) di questa vicenda storica. L’amministrazione comunale e i responsabili del Museo hanno garantito che il contenitore di Santa Maria al Bagno ospiterà uno spazio dedicato agli IMI di Nardò. Con l’obiettivo, ovviamente, di tenere viva la memoria di questa esperienza e in qualche modo di strappare al silenzio le vite di questi soldati, che al rientro in Italia, per non provocare ulteriori traumi alle rispettive famiglie, scelsero di non raccontare le atrocità vissute nei lager, le sofferenze e le violenze viste e subite, i contorni assurdi dell’esperienza dell’internamento.

            “Abbiamo il dovere – spiega Giulia Pugliadi recuperare la storia degli IMI neretini, di dare dignità agli eroi che conosciamo e di cercare di scoprire altri volti e altre esperienze dello stesso tipo. Con figli e nipoti di Nino Pagliula e di tutti gli altri e con i gestori del Museo della Memoria lavoreremo a uno spazio nello stesso contenitore in grado di ospitare foto, lettere e documenti di quegli anni, fondamentali per ricostruire pagine del nostro passato incredibilmente dimenticate”.

                “Gli IMI neretini – aggiunge Antonio Tondo – sono stati soldati e italiani di valore, con una grande forza d’animo e un amore sconfinato per la patria. Furono coloro che agirono con dignità allo sfacelo delle forze armate dopo l’armistizio. Siamo debitori nei loro confronti di un riconoscimento, ecco perché dobbiamo difendere dall’oblio una vicenda che la storia ha ignorato per molti anni e, soprattutto, dare valore a un sacrificio troppo a lungo non riconosciuto”.

            Paradigmatica la vicenda di uno degli IMI neretini, Antonio “Nino” Pagliula, cui il Comune di Nardò tre anni fa ha dedicato il piazzale a ridosso delle mura di via Roma che delimitano il giardino botanico del castello. Nato a Nardò nel 1914, il contadino Nino Pagliula fu chiamato a 19 anni al servizio di leva. Richiamato alle armi nel 1936 con il titolo di caporale, nel 1940 fu inviato in Albania. L’8 settembre 1943, in Grecia, fu catturato dalle truppe tedesche, deportato in Germania e internato appunto in un campo di concentramento nazista a Buchenwald. Qui visse sulla propria pelle per quasi due anni la crudeltà dei nazisti, la fame, il freddo, ma anche l’umanità di una donna, proprietaria della fabbrica in cui era impiegato, che gli evitò una più triste fine dopo averlo visto ferirsi alle dita di una mano. Nino fu rimpatriato a Nardò solo il 24 agosto 1945. All’indifferenza che li aveva riaccolti in patria Pagliula e molti altri risposero con il silenzio facendo scattare un vero e proprio meccanismo di rimozione della realtà, chi per decenni, chi per sempre. I ricordi di Nino Pagliula si sono riaccesi mentre guardava con la nipotina un documentario sui bambini nei campi di concentramento e per qualche anno raccontò nelle scuole la sua esperienza divenendo, di fatto, uno degli ultimi testimoni degli IMI. Nel 1972 è stato insignito della “Croce al Merito di Guerra per internamento in Germania”. Nel 2007, all’età di 93 anni, si è spento nella sua città. Nel 2013, in occasione del 67esimo anniversario della Fondazione della Repubblica, è stato insignito, alla memoria, della Medaglia d’Onore del Presidente della Repubblica per “essere stato deportato o internato nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale”.

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