Quella di Brindisi ha il sapore dell’impresa, della sortita piratesca su una nave di lusso. Perché pur mettendo sulla bilancia le ammaccature nel roster e le contingenti fragilità psicologiche della Valtur, non era facile per il Toro violare il PalaPentassuglia con 3000 brindisini che non aspettavano altro che fare un sol boccone della piccola avversaria di questo derby e svoltare finalmente in questa stagione. Ma il basket è sport bellissimo e atroce ed è anche giusto, in questo frangente HDL ha dimostrato di avere qualcosa in più di un avversario che ha tante ambizioni quante difficoltà. Non è la somma dei valori dei singoli giocatori, ma strane alchimie che solo questo sport costruisce, rapporti di forza che cambiano in un amen. 
 
Se la vittoria con la Fortitudo ha avuto una faccia, quella del catino di Brindisi ne ha un’altra. Con protagonisti uomini forse inattesi: Donadio, che subentra prestissimo a Nikolic azzoppato dai due falli e che mette smalto e dinamismo nella regia granata, un cambio che è una cruciale sliding door della partita e forse della stagione del giovane numero 8; senza dimenticare Ebeling, gregario di prestigio e autore di due bombe pesantissime in altrettanti momenti fondamentali della sfida; Mouaha, un gladiatore lanciato contro le prime linee nemiche, che ha coraggio e classe e che sa fare mille cose senza mai sfigurare. E poi Iannuzzi, lievitato con il passare dei minuti e diventato decisivo nel finale, e i due americani che hanno fatto cose enormi senza fare necessariamente i pistoleri (32 punti in due, comunque non pochi).   
 
Per coach Luca Dalmonte, ovviamente, è soprattutto una vittoria di squadra. “Abbiamo giocato una partita di squadra – ha detto – con dei punti esclamativi che potete mettere dove volete. Abbiamo fatto una grande prestazione difensiva, soprattutto nel secondo tempo quando abbiamo concesso a Brindisi solo 25 punti in 20 minuti. E abbiamo 5 giocatori in doppia cifra, altro segnale che abbiamo giocato di squadra. Avevamo questo obiettivo, quello di essere competitivi su ogni singolo possesso, per questo devo fare i complimenti ai miei giocatori, tutti. Per noi era una trasferta che significava tanto, per la proprietà e per la nostra gente, e credo che la squadra abbia onorato il desiderio della proprietà e della gente giocando una partita senza fare passi indietro. Siamo stati premiati dal risultato, straordinario, ma la cosa importante per me era la prestazione. Che è stata di livello assoluto, come durezza e come presenza. Ai ragazzi ho detto che se noi comprendiamo le condizioni del nostro essere competitivo, non avremo nessun rammarico ad ogni palla a due e a ogni sirena. Questa è una esperienza che ci ha fatto capire che abbiamo imparato dagli errori delle scorse settimane. È la dimostrazione che stiamo costruendo una competitività”. Qualcuno in sala stampa, inevitabilmente, gli chiede della classifica, ma Dalmonte ha esperienza sufficiente per evitare la trappola della goduria di una notte in riva all’Adriatico. “La classifica non la conosco. Ma alla settima giornata è davvero relativo. Ho sempre sostenuto che questo campionato è una maratona e nelle maratone, sia che si inizi con difficoltà, sia che si inizi con una buona andatura, è necessario mantenere un equilibrio mentale. Abbiamo fatto sette chilometri, ne mancano 31. Sulle onde alte devi tenere la barra dritta e quando pensi che il mare sia tranquillo, devi alzare l’attenzione ed evitare la trappola di rilassarti. Domani ce la godiamo, martedì iniziamo a pensare a Rieti. Non possiamo pensare a cosa viene dopo. Se pensiamo a quello che c’è dopo, percorriamo male il chilometro che ci separa dalla prossima partita. È una corsa difficilissima e bellissima, ma dobbiamo restare sul pezzo”. Infine, un pensiero ai circa 300 neretini del derby più felice della storia granata. “Sono soddisfatto per la vittoria, ovviamente. E sono soddisfatto anche perché ho visto con grande piacere e un pizzico di sorpresa che da Nardò sono venuti davvero in tanti”.
 
Sì, perché nella cornice di una prestazione gigantesca e di una vittoria da raccontare ai posteri, c’è posto anche per il popolo granata. Nel palazzetto di Brindisi i neretini sono entrati quasi in silenzio, la maggior parte nel settore F della curva, molti altri sparsi un po’ ovunque. Forse c’era solo la legittima aspettativa di godersi una partita comunque storica per Nardò, con rispetto, speranze al lumicino e nessuna spavalderia. Il giusto, giustissimo, timore reverenziale in casa di gente che sino a pochi mesi fa ha visto e masticato pallacanestro di livello altissimo, in Italia e in Europa. Timore diventato lentamente consapevolezza e fiducia, poi entusiasmo, infine sana follia. C’è una categoria di vittorie che è più bella delle altre, quelle inattese, quelle che calpestano i pronostici. 
 
 
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Ultimo aggiornamento: 02/01/2025
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