di Cristian Casili (da profilo FB)_ In questa terra sitibonda, negli ultimi anni, è in atto un fenomeno alquanto singolare che per noi salentini rappresenta una vera iattura. Stanno scomparendo le fiche. Difficile trovarne in giro.
Occorre l’occhio del più esperto per scovarne una, possibilmente non “cacata” (frutto alterato) mentre prima, copiose, troneggiavano nella nostra campagna baciata dal sole.
Nei bar, al panettiere, al fruttivendolo, a tavola, non si fa altro che chiedersi: “cosa è successo alle nostre fiche”!?
Non scherzo. È vero. Provate a chiedere qui nel salento un chilo di fiche e vedrete cosa vi risponderanno.
A meno che non vogliate pagarle a peso d’oro.
Occhio io parlo sempre delle nostrane.
E non perché voglio disprezzare quelle che provengono dal nord Africa, lungi da me. Sempre fiche sono.
Ma torniamo a noi. Dove è finita la nostra fica? Chi mi segue sa quante battaglie il sottoscritto sta conducendo per salvaguardare e valorizzare questo frutto senza tempo.
Questo frutto ci fa compagnia tutto l’anno, fresco o secco che sia, estate o inverno, la fica non conosce riposo e la sua compagnia ci è sempre gradita. E allora chi è il colpevole? Chi ci sta rubando questa preziosa presenza?
E qui entriamo in gioco noi e un’altro personaggio, il brufico (meglio noto tecnicamente come caprifico o fico selvatico).
Il fico ha due forme botaniche, una maschile e una femminile.
Il maschio si chiama brufico (caprifico), mentre la femmina è il fico quello che fa i frutti eduli.
La descrizione botanica è tuttavia assai più complessa, ma non lasciamoci prendere dai tecnicismi.
In quasi tutti gli idiomi locali, il frutto è giustamente conosciuto come fica.
Fatta questa breve premessa che, fosse stato per me, avrei evitato, vediamo che è successo, e qui inizia il bello.
Esiste una minuscola vespa che entra nel frutto del caprifico e da qui trasporta il polline verso le fiche vere che così vengono impollinate/fecondate fino a portare a termine la maturazione del frutto che arriva sulle nostre tavole.
Torniamo a noi. Entra in campo l’uomo. Prima i contadini in primavera raccoglievano una discreta quantità di brufichi e li appendevano sugli alberi di fica buoni.
Si da il caso che oggi i contadini non ci sono più e l’arte o meglio la tecnica di permettere al brufico di fecondare la fica è scomparsa e con essa ahimè stanno scomparendo anche le fiche, quelle buone.
E allora amici miei, voi che siete arrivati a leggere fin qui, aiutatemi in questa battaglia, occorre salvaguardare gli ultimi brufichi che sono rimasti nelle nostre campagne, magari riprodurli e piantarli nei nostri giardini, nei nostri appezzamenti, se vogliamo che la gloriosa fica continui a regalarci quei gusti, quei sapori e quel piacere che ci rende orgogliosi di essere salentini. Confido in voi, dall’anno prossimo
l’ hashtag #iosonobrufico deve dominare i vostri profili social.
Se tutti appendiamo un brufico su ogni fica, queste ritorneranno copiose e ci renderanno orgogliosi di essere un grande popolo.