Nardò, 28 gen. Ancora un santo armeno nella città di Nardò. Dopo il culto e il protettorato di san Gregorio l’Illuminatore, che si festeggerà il 20 febbraio, i neritini festeggiano il santo medico e vescovo vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia (Asia Minore).

Il  martirio di san Biagio, avvenuto intorno al 316, è da ricollegare al suo rifiuto di abiurare la fede cristiana. La leggenda riporta che fu decapitato, dopo essere stato a lungo torturato con pettini di ferro che gli straziarono le carni. Lo strumento del martirio fu preso a simbolo del santo e poiché simile a quelli utilizzati dai cardatori di lana e dai tessitori, ecco che queste categorie lo vollero designare quale loro protettore.

Come di consueto torna dunque ad esercitarsi l’antichissimo rito della benedizione della gola, atteso dai fedeli e dalla popolazione di Nardò e dei paesi vicini sabato 3 febbraio, giorno in cui si festeggia il santo martire Biagio, venerato nella chiesa di Santa Teresa.

La confraternita del SS. Sacramento, di cui il santo è protettore, ha predisposto e diffuso il programma, con il triduo che inizierà il 31 gennaio, per proseguire con la messa solenne celebrata dal Vescovo di Nardò-Gallipoli Mons. Fernando Filograna, e con la benedizione impartita ad ogni intervenuto da sacerdoti e diaconi, dalle 15 del pomeriggio e fino a tarda serata.

Tra i quattordici santi ausiliatori, patrono anche degli otorinolaringoiatri, i fedeli si rivolgono a san bBiagio, che in vita fu medico, per la cura dei mali fisici e particolarmente per la guarigione dalle malattie della gola.

Il motivo dell’antico patrocinio a Nardò potrebbe ricollegarsi ad una epidemia di difterite che colpì la popolazione neritina nel XVII secolo in città, che procurò non pochi lutti, specie tra i più piccoli, che morirono per l’asfissia determinata dalle croste in gola causate dal germe. Ma un altro motivo potrebbe rimandare all’antichissima e nobile famiglia dei Sambiasi, il cui nome, fino al XVII secolo, era Sancto Blasio, per l’appunto San Biagio, dei quali un ramo viveva accanto alla chiesa in cui tuttora si festeggia.

In occasione delle celebrazioni, nella chiesa di S. Teresa viene esposta al pubblico la statua del santo, di grandezza naturale, eccellente  cartapesta policroma, realizzata a spese dei fedeli neritini nell’anno 1888. Il santo, affiancato dal fanciullo appena guarito, è a figura intera, caratterizzato dalla folta barba grigia; indossa i paramenti vescovili orientali, con la caratteristica mitra sormontata dalla croce, il pastorale dalle estremità ricurve verso l’alto, ed il classico omoforion, la lunga sciarpa ornata di croci.

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