Il buonismo urticante che leggiamo in queste ore su una presunta satira che farebbe paura, ferisce ulteriormente l’intelligenza di lettori che riconoscono perfettamente comportamenti oltre quella misura che stupra la libertà di espressione. Come nel caso del dott. Antonio Vaglio  la satira quella “dè noantri” è degenerata. La nostra redazione ricorda un caso ancora più eclatante e che avrà uno strascico giudiziario.(N.d.R)

 

La notizia apparsa il 30 marzo 2018 sul Quotidiano di Lecce, in merito al rinvio a giudizio disposto con decreto dal P.M. dott. Arnesano dinanzi al Giudice del Tribunale Penale di Lecce dott.ssa Sermarini udienza del 15 aprile 2019, del consigliere comunale Lorenzo Siciliano, del grafico Dario Minerva e dell’avv. Giuseppe Cozza per aver offeso la reputazione dell’avv. Vincenzo Candido Renna non ha sorpreso la redazione de lorasalento, che seguì la vicenda nel suo evolversi sin dalle prime battute e prevedendo gli strascichi giudiziari ha serbato nel suo archivio: thread, post e commenti più importanti, per usare un eufemismo,  dell’acceso confronto consumatosi sulle bacheche di Facebook.

Come era facile prevedere la notizia sta sollevando non poche polemiche e reazioni nell’opinione pubblica e siamo certi che se ne continuerà a parlare per tutta la durata del processo, che si annuncia tra i più attesi e chiacchierati,  nella nostra città, degli ultimi tempi.

L’articolo a firma di Giuseppe Tarantino, pur risultando completo e di lettura scorrevole,  per ragione di spazio, non riporta le dichiarazioni degli attori della vicenda per intero e quindi sfuggono molti particolari, che con questo articolo cercheremo invece di evidenziare….

Al contrario, singolare, appare la scelta della pagina locale della Gazzetta del Mezzogiorno, che nel dare la notizia preferisce intervistare solo uno degli imputati, l’avvocato Giuseppe Cozza e chiude l’articolo facendo riferimento ad una precedente querela, archiviata, per analogo reato subitosempre dall’avv. Renna,   che a proposito per il redattore dell’articolo viene inquadrato, (…) come noto in città come attivista politico, senza alcun riferimento al ruolo professionale, che lo vede tra i giuristi più accreditati non solo in contesti locali, ma anche internazionali.

La querela precedente, tuttavia, non coinvolgeva Giuseppe Cozza, che quindi nulla sa in merito, ma semmai proprio il responsabile della pagina locale del giornale, che sembra, con una partigianeria mal celata, così auspicare un pronostico favorevole anche per l’intervistato.

Ma veniamo alla diatriba Facebook e cerchiamo di fornire ai nostri affezionati lettori e non, la sequela di DICHIARAZIONI che, pur non conoscendo il tenore della querela dell’avv. Vincenzo Candido Renna possiamo ritenere che possano essere state valutate dai carabinieri della Stazione di Nardò prima e dal PM poi per decretare il rinvio a giudizio per diffamazione aggravata art. 595, 3° comma c.p. di: Dario Minerva, Giuseppe Cozza e Lorenzo Siciliano.

La diffusione di qualunque notizia, in effetti, è assolutamente enfatizzata dalle miriade di possibilità che lo spazio digitale offre, a partire dalla tracciabilità di quanto si scrive e anche, in ipotesi, di quanto si cancella.

Nella rete tutto si muove e tutto si trasforma, una notizia può essere condivisa o semplicemente restare in una bacheca alla mercé di qualsiasi lettore o osservatore, è possibile misurare il consenso o il dissenso dai like e dai commenti o appunto dalle condivisioni e a differenza di un giornale anche audio o video non conosce confini territoriali.

La cosa che consente l’effetto duplicativo in tema di diffamazione è, inoltre, la possibilità di riproposizione della notizia offerta dallo stesso gestore della piattaforma Facebook, che in automatico anche a distanza di anni invita a ricondividere un ricordo ed ecco che al potenziale “Hater” e/o Cyber Bullo è data la possibilità di ritornare sul luogo del delitto e rimestare deiezioni semantiche o osservazioni diffamatorie a danno della vittima predestinata.

Nel nostro piccolo, dopo aver consultato dei consulenti giuridici, abbiamo ritenuto di condividere quanto conservato sinora nel nostro prezioso archivio e pensiamo che l’esercizio possa tornare utile al lettore per farsi un giudizio sui fatti a prescindere di quello che sarà il verdetto finale del Tribunale Penale di Lecce.

Crediamo che il giornalismo implichi il dovere di esercitare un controllo sociale e quindi di proporre una chiave di interpretazione soggettiva, che ciascuno potrà valutare liberamente sulla base dei propri strumenti di valutazione.

 

Ma veniamo ai fatti….

 

Il 28 novembre 2016 alle ore 14,19 sul gruppo Facebook “L’indignato Neretino” compare il post di Dario Minerva, post pubblicato anche sulla sua pagina Charlienardo Satira Politica, con una eloquente foto dell’aula giudiziaria, che ritrae di spalle l’avvocato Giuseppe Cozza: siamo nell’aula Bunker della Corte d’assise del Tribunale di Lecce, si sta celebrando il processo SABR, processo di primo grado.

Processo nato dall’inchiesta del procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e dei carabinieri del Ros, sull’impiego e lo sfruttamento dal 2008 al 2011 nelle campagne di Nardò, della manodopera straniera per la raccolta delle angurie e dei pomodori.

Il 13 luglio del 2017 il dispositivo della sentenza
dal presidente Roberto Tanisi (a latere il giudice togato Francesca Mariano ed i giudici popolari). Undici gli imputati condannati per riduzione in schiavitù (che ha assorbito anche quello di associazione a delinquere), imprenditori e “caporali” tra questi anche l’imputato difeso proprio dall’avv. Cozza, tre condanne per associazione a delinquere finalizzata alla permanenza irregolare di stranieri e tre assoluzioni.

 

Ma il 28 novembre dell’anno prima, la sentenza era ancora lontana e Minerva partecipando all’udienza dell’arringa difensiva dell’avvocato Cozza riporta <<i fatti>> del processo ……..

 

Al post di Minerva segue il commento dell’avv. Renna, la miccia viene innescata e da questo momento in poi saranno fuochi d’artificio….

 

A dire il vero, i dubbi di Renna, apparivano legittimi perché miravano a capire cosa stesse avvenendo nel processo, al di là delle opinioni personali del dichiarante, che visto anche l’esito finale, si sono peraltro dimostrate del tutto errate.

Del resto, il noto professionista neretino era ben informato sui fatti del processo, in veste di assessore con delega alle politiche migratorie, anni prima, aveva ingaggiato una vera e propria battaglia con l’allora Sindaco Marcello Risi, nel tentativo di  promuovere la costituzione di parte civile, con alleato dai banchi dell’opposizione Pippi Mellone.

 

Appare scomposta la risposta di Giuseppe Cozza al commento di Renna…

 

Ecco che il risentimento dell’avvocato per il commento del collega Renna sfocia sul personale e intacca con espressioni inequivocabili le capacità professionali, che per la verità ad essere obiettivi nel commento precedente non erano state minimamente toccate.

 

Ma da qui l’escalation…

 

Il commento di Renna in risposta a Cozza dai toni pacati e senza astio, avrebbe potuto chiudere a quel momento la diatriba in precedenza innescata; invece il peggio deve ancora arrivare….

 

Da lì a poco, interviene questa signora: Francesca Paola Antonica con un commento che non lascia spazio all’immaginazione e mira a demolire il destinatario degli improperi: “… che essendo avvocatuccio e avendo percepito 5000 euro all’anno dovrebbe evitare di dire castronerie e rifugiarsi in un conveniente silenzio”.

La redazione oltre a serbare il messaggio (cosa utile visto che nel giro di poche ore l’account della signora venne rimosso) a ridosso della pubblicazione dello stesso; attesa la violenza semantica della dichiarazione, al fine di capire meglio chi fosse la signora in questione, procedette ad un’analisi del profilo, ma all’interno dell’account solo foto anonime di paesaggi neretini a partire da quella della “bellissima torre di S. Caterina”, per il resto solo commenti e post ai danni di Mellone; insomma l’idea ci parve chiara, ma restiamo alla dialettica dei commenti….

 

Ecco che la lesività del messaggio della Antonica non sfugge alla rete a partire dal responsabile del gruppo “L’Indignato Neretino” Carmine Sanasi

 

Ancor prima  Graziano Mandolfo

 

Non vi è dubbio il messaggio di questa signora Antonica era forte e violento…..e percepito tale anche da molti lettori e osservatori della rete.

Ma subito dopo l’Antonica anche Minerva, non pago di aver generato questa discussione che ormai era degenerata nella deriva diffamatoria, nella brama di mettersi sotto i  “riflettori digitali” pensò bene di offrire al dibattito, che per la verità non ne necessitava affatto una delle sue “argute” riflessioni…

 

Ancora una volta il riferimento alle “regalie” oltre che denotare lo stile tipico dell’Hater 2.0 appare riferirsi all’incarico nel nucleo di valutazione dell’Avv. Renna per conto dell’Amministrazione targata Mellone; sorvoliamo circa i fatti di cui Minerva era fermamente convinto, solo per aver partecipato all’udienza del processo, sono stati da lì a qualche mese smentiti clamorosamente dalla sentenza della Corte d’Assise che ha decretato in primo grado la sussistenza a Nardò in questo secolo del reato grave della “Riduzione in Schiavitù” di esseri umani…

L’aspettativa di notorietà di Dario Minerva l’ha portato dritto dritto al rinvio a giudizio, notizia da cui è partito questo nostro lungo articolo, ma torniamo alla Antonica …..

La vittima di quello che ben presto si è trasformato in un tentativo di “linciaggio mediatico” risponde all’Antonica (almeno a quel momento):

 

Ancora una volta il garbo dell’avvocato Renna in un lessico, forse, eccessivamente forbito per una rete, che ospita spesso dei violentatori della lingua e cultura italiana, non riesce a frenare i “bollenti spiriti” dei partecipanti alla rissa mediatica e mette in luce quello che a quel momento anche alla nostra redazione sembrava evidente, Francesca Paola Antonica era un Fake profilo fasullo…

Il commento di Renna abilita Cozza a ritornare a giocare la partita del dileggio, che lo vedeva sino a poco tempo prima unico giocatore al contrario successivamente si vedeva, si fa per dire, in buona compagnia con Minerva e l’Antonica…

 

Cozza invita Renna a farle le querele, finalmente l’avvocato sembra dire una cosa opportuna sul fatto della sua rinuncia a proseguire nelle polemiche sterili, abbiamo prova che trattasi di promessa mancata…

Ma il colpo a sorpresa viene nella notte profonda del 29 novembre, l’Antonica si disvela nella sua vera identità ……… e non ci resta che ridere

Da testimoni della diatriba semantica, ci eravamo illusi che fake per fake ci fosse dietro comunque un volto femminile, quasi a voler rispettare le quote rosa, in questa associazione 2.0 di “dileggiatori seriali” invece la realtà che è sempre amara parla solo al maschile…

Appare evidente che la presa di posizione del Siciliano è nervosa, sembra indotta da qualche suggeritore, per la verità, poco informato dalla circostanza ormai plastica che le rogatorie internazionali impediscono alle Procure italiane di conoscere chi si cela dietro i profili fake, poiché l’ordinamento U.S.A. non conosce il limite della diffamazione come reato e consente la comunicazione dei profili solo per reati di terrorismo; ma in questo caso c’è una vera e propria confessione, evidentemente, il consigliere  sarà stato poco accorto alla stessa stregua del consigliato, sicuramente poco informato.

Non sfuggirà al lettore che il giovane rampollo del PD non usa mai la parola scusa ,si riferisce alla vittima della dichiarazione riportando il cognome in minuscolo e confermando di avere detto la verità, circa i compensi dell’avv. Renna quale nucleo di valutazione …. dimenticandosi del resto avvocatuccio… castronerie, invito al silenzio ….ecco l’unica concessione la fa alla paura di ricevere la querela, non vedo dove siano queste gravi lesioni d’immagine …

 

A questo punto occorre un Oftalmologo

 

In effetti, l’epilogo del commento di Renna in risposta a Siciliano nella veste di se stesso, avendo abbandonato la finta maschera del profilo fake Antonica, appare particolarmente suggestivo … <<…Se sentivi il bisogno di frequentare le aule di giustizia prima della laurea , (ndr che, tra l’altro, nonostante, siano passati quasi tre anni ci risulta non aver ancora conseguito) hai scelto il peggior modo per farlo>> .

L’idea che possa esserci stato un disguido tecnico che abbia favorito la sovrapposizione di profili è evidentemente “una panzana” giacché è impossibile accedere in Facebook senza prima loggarsi e, quindi, inserire una password d’accesso, al più si può essere hacherati, ma trovare un hacher con questa perversione di impossessarsi della dichiarazione di Siciliano sotto le mentite spoglie di un profilo di nome femminile è davvero diabolico…

A proposito di diabolico, torniamo sulla promessa di astensione dal partecipare alla polemica web, del Cozza, ossia di colui il quale ha dato il via al fuoco digitale verso Renna; reo, quest’ultimo, lo ricordiamo di essere stato in disaccordo con Minerva sul fatto che, all’udienza del 28 novembre l’avvocato Cozza, nella sua requisitoria, fosse riuscito nell’intento di dimostrare che il processo SABR fosse <<…un vuoto teorema privo di prove….>>, la sentenza darebbe ragione dell’idea esattamente opposta, chiaramente le conferme verranno dai gradi di giudizio ulteriori.

 

A proposito di Fake, anzi di finto Fake visto che sulla riconducibilità non vi sono dubbi che si tratti sempre dell’avvocato Cozza “sotto mentite spoglie” … ecco che si fa strada “Lumunaceddru” e si sa quando si tratta di spalare “deiezioni digitali”, il profilo satirico del noto avvocato non può farsi attendere…

Ancora una volta il tema è solo quello: screditare l’avv. Renna con riferimento all’incarico ricevuto da Mellone nel nucleo di valutazione, almeno questa è l’apparenza; perché, forse il motivo vero è un altro, “meglio non parlare del processo SABR”, lasciarlo agli addetti ai lavori, che secondo “qualcuno”… erano stati in grado di smontare il castello accusatoriosic

Ma se non bastasse “lumunaceddru”, ecco il ritorno dell’avvocato “Nome e Cognome”, che sugellato da una dichiarazione affettuosa rivolta al suo collega Renna. Quest’ultima  davvero meriterebbe, secondo la redazione di essere presa come esempio (negativo) di relazione tra gli iscritti allo stesso Ordine professionale, per un corso di deontologia dal titolo: “Ciò che un avvocato non dovrebbe mai fare”

 

Per quanto il commento sia rimasto solo pochi giorni sulla bacheca dell’avvocato, la cosa che è dispiaciuta alla redazione ,attesa la volgarità che raggiunge apici assoluti, è stata quella di constatare quanti colleghi dei due contendenti abbiano manifestato il consenso con un like a tale dichiarazione.

Lorasalento vuole informare e non fare gossip per cui non pubblicherà i nomi di questi “likkatori” della volgarità, di questi sodali del bullismo mediatico, preferendo stare alla notizia e alla dichiarazione che è inequivocabile e non si contiene sfociando nell’insulto gratuito e fuori contesto se non quello di poter vendicare un “presunto” torto subito.

La scelta di omettere il nome, non crediamo possa annoverarsi ad una alchimia difensiva da parte dell’autore che, attesa la sua professione, conoscerà benissimo, lo speriamo per lui, l’orientamento della cassazione, peraltro, consolidato per cui: <<… ai fini della integrazione del reato di diffamazione è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone indipendentemente dalla indicazione nominativa. 

Ci avviamo alla conclusione di questo lunghissimo articolo ricordando che la Corte di Giustizia Europea in più pronunce ha affermato che la scriminante del diritto di cronaca e/o diritto di critica politica necessita dei seguenti presupposti:

  • La “buona fede” dell’autore della dichiarazione e il rispetto delle norme deontologiche nel caso di un giornalista e/o comunque l’uso di modalità improntate al rispetto della persona (principio di continenza).
  • Il “pubblico interesse” della notizia pubblicata (principio di pertinenza).
  • La “verità del fatto narrato”, la precisione della sua descrizione e la derivazione da fonti affidabili (principio di verità).

Alla luce di questi principi ,che crediamo di aver rispettato tutti ,con il nostro lungo reportage giornalistico,offriamo la possibilità, ancor prima della sentenza a ciascun notro lettore di avere gli strumenti per valutare ciò che è successo e “partecipare”  al futuro processo penale con tante informazioni in più.

Del resto, al di là delle sentenze che vanno sempre e comunque rispettate, ciascun cittadino ha il diritto dovere, secondo noi, di farsi una idea personale dei protagonisti del dibattito, culturale, politico e “tragi_comico” della nostra città.

Chiudiamo con l’ultima “perla” di Dario Minerva, il quale,  quasi a voler confermare la sua fama più che di “Satiro del web”di “Cyber Bullo” ?, posta un ultima vignetta a commento della vicenda processuale che lo accomuna a l’avv. Giuseppe Cozza e al consigliere Lorenzo Siciliano, sembra irridere la sua vittima ,ma un antico aforisma ci ricorda che la miglior risata è quella dell’ultimo Atto…”

 

 

 

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