Nardò,21 maggio_di COSIMO POTENZA_ Uno spettro si aggira per la rete <<l’ODIO ON LINE o Hate speech>> e, per quanto, sia fenomeno diffuso e globale, la nostra città sembra candidarsi a pieno titolo a primeggiare nella poco nobile classifica degli haters o chiamateli pure cyber-bulli o leoni da tastiera. A dire il vero anche il nostro web – magazine non è immune dagli strali e invettive di questa squadra di più o meno anonimi “pestatori 2.0”, che celandosi dietro pseudonimi i più diversi e dietro sigle di blog e associazioni anche queste particolarmente variegate sembrano interessarsi, esclusivamente, alla demolizione dell’avversario di turno prescelto. Non si comprende cosa c’entrino con la libertà di pensiero alcune “vergognose vignette” e alcuni “thread squallidi”, che stanno cercando di minare l’onorabilità oltre che della storia del nostro “giornale”, di persone stimate e con una storia cristallina. Può l’odio politico far perdere l’umanità delle relazioni, il rispetto tra persone, la considerazione per la dignità del prossimo?

Minerva & Eirene

Spesso, l’impressione che si trae è che quasi, giornalmente, ci sia in rete una sorta di apertura delle fogne, che lascia emergere un guano di rancori, insulti, deiezioni semantiche e deliri assortiti, spacciati per “commenti” o “post d’autore”; un grufolare di pseudonimi isterici  tendenti al male per il male, persuasi e eccitati da qualche like di altri pussillanimi come loro, che non vedono l’ora di esercitarsi sulla tastiera a far emergere le proprie frustrazioni.

Il noto psicanalista Lacan parlerebbe di “Egocrazia”o di  “Iocrazia”, chi ne è affetto affonda il suo bisogno di attaccare “l’Altro” con il suo rifiuto di ogni esperienza del limite. <<L’Egograte come l’iracondo si considera sempre dalla parte del giusto. La sua esaltazione di se stesso mostra una totale assenza di autocritica che può sfociare facilmente nella paranoia e nella megalomania. L’Egocrate è esente da critica perché è sempre innocente e ingiustamente perseguitato, allontanato, emarginato, escluso. La colpa è sempre degli altri che non riconoscono mai appieno il suo valore assoluto>>.

Concausa delle condotte diffamatorie dei “nostri leoni da tastiera” è l’invidia. Il termine invidia deriva dal latino “in- videre” che significa guardare male, con occhio malevolo.

L’invidia è una patologia dello sguardo! L’invidioso soffre per ciò che vede. Egli non sa tollerare la felicità e la gioia altrui. Come scrive Tommaso d’Aquino <<la passione invidiosa sorge dalla tristezza causata dai beni altrui>>. L’invidioso è un essere che vive nelle tenebre, nell’oscurità, covando rancore e frustrazione verso il mondo. È, paradossalmente, l’altra faccia, la faccia in ombra, della superbia. Il suo sguardo, come mostra Nietzsche nella Genealogia della morale, è “torvo” e “risentito”. L’invidioso non sopporta la vita degli altri, che immagina, contrariamente alla propria, sempre piena.

Anche solo a voler espungere, per una analisi logico grammaticale, uno a caso dei post di questa accolita di “insufflatori seriali di odio”, di “webeti neretini”, qualsiasi lettore si accorgerebbe che, spesso se non sempre, la sequela di parole, di questi Hater della porta accanto, ha perso dignità di presenza e peso specifico, abilitando il discorso a comprendere tutto e il contrario di tutto, in una rincorsa all’accumulo, che seppellisce qualsiasi distinzione, annulla le gerarchie di valore, non distingue le responsabilità rispetto alle prese di posizione nel tempo. Come dire “banalità dei termini e confusione dei concetti”! Le paratie della decenza sono state oltremodo divelte, il senso della misura è colmo e le Autorità preposte al rispetto delle regole dovrebbero intervenire per porre un argine a questa deriva di odio, che sta avvelenando i pozzi della elementare convivenza. L’invito che ci sentiamo di rivolgere a questi diffamatori seriali a questi aspiranti calunniatori 2.0 è di arrestare questa loro smania di odio e di rivolgersi a qualche teraupeta specializzato nelle nuove dipendenze da social network, i primi a trarne vantaggio sarebbero loro stessi.

 

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