Nardò,2 novembre_di COSIMO POTENZA_ La scossa di terremoto registrata nel salento dai sismografi qualche giorno fa lasciava presagire le onde politiche che sarebbero seguite alle elezioni provinciali, che, da un lato, proclamano vincitore il Sindaco di Gallipoli Stefano Minerva e, dall’altro lato, sugellano il successo di un altro giovane politico Pippi Mellone, il sindaco <<pop>> di Nardò.Per quanto ne possano dire i suoi detrattori, nel panorama politico pugliese, se non volessimo (tanto per cambiare) ‘andare oltre’, Mellone è l’unico politico che si è accorto che destra e sinistra valgono a mala pena per segnalare un percorso stradale o una indicazione su google maps.

Mellone & Minerva

L’espulsione dal centro destra, da parte di un’accolita di colonnelli senza truppa cosi come le prese di distanza di qualche “presunto” colonnello del centro sinistra,  << …noi non l’abbiamo cercato e comunque avremmo vinto lo stesso>> , sono unite dalla paura di privarsi della gestione del potere e dei privilegi allo stesso annessi e connessi.Un filosofo francese contemporaneo Bernard Manin ha saputo meglio di altri descrivere il processo della <<metamorfosi della democrazia>> e soprattutto anticipare una riflessione sul concetto di <<democrazia del pubblico>>, che aiuta ad interpretare anche il momento della politica salentina.

La democrazia del pubblico subentra alla democrazia rappresentativa dei partiti, ormai, inesorabilmente, in declino, i quali si riducono a meri cartelli di oligarchie, perdendo credibilità e capacità di mobilitazione e alimentando sfiducia e disaffezione verso la politica, cedendo spazio e ruolo alla <<personalizzazione>>. La politica che <<espelle>>, da una parte, e <<non riconosce>>, dall’altra, gioca in difesa di interessi particolari ed esprime una incapacità profonda di comprendere la realtà proiettandosi a salvare il salvabile di un retroterra ormai compromesso ed ingestibile. Vincere gli stereotipi a partire dall’abbigliamento  è la risposta <<pop>> di un Mellone che con il suo inconfondibile “Napapijri” azzurro o le t-shirt delle squadre di calcio impersona quella voglia e capacità di confondersi con la gente comune, di mimetizzarsi nella normalità di essere tra il pubblico e per il pubblico capace di interpretare le istanze più profonde della società. Un Mellone capace di confondere e rovesciare i tavoli, di stupire ed inquietare gli scenari preconfezionati, sempre asimmetrico ai cliché imposti da un vocabolario ormai in disuso se non nella testa di qualche nostalgico bigotto di una idea di società che non tornerà più. Mellone regista ed attore del teatro della politica, capace di far parlare di sé e di scandalizzare, sempre e tutti, da destra e sinistra: gli <<orfani del muro di Berlino>> con le sue assenze nelle feste partigiane e al contempo con le presenze <<imbarazzanti>> alle parate dei nipotini di Ezra Pound, che, per converso, guardano con qualche diffidenza e mal di pancia la politica dell’accoglienza verso i <<fratelli migranti>> e, soprattutto, le virate elettorali a sinistra. E’ normale che la generazione Gutenberg, a cui ahime mi iscrivo, stenti a comprendere i meccanismi di una comunicazione veloce, che non conosce soluzioni di continuità e preferisce l’immagine alle parole, troppo spesso roboanti e barocche e quindi prive di significato inclini a cadere nella <<banalità dei termini>> e <<confusione dei concetti>> e che, comunque, atteso l’analfabetismo dilagante non riuscirebbero a penetrare le menti di chi le ascolta o le legge. Il rivoluzionario <<pop>> ha fatto del superamento dell’Ipocrisia Globale il leit motiv del suo movimento “Andare Oltre” , riuscendo a costruire uno spazio aperto, senza paratie ideologiche, che non ghettizza e non divide il mondo in categorie, perché ogni cosa sconfina nell’altra e, in attesa di stilare una lista completa delle sfumature, vale tutto e il contrario di tutto. L’oltrismo pop aborrisce la politica delle narrazioni erudite, spesso frutto di copia incolla improvvissati, quando non di fake news, tipici dei cultori del nulla mischiato al poco. Lo sci-orinare di parole altisonanti e fini a se stesse rappresentano solo la perdita di dignità di presenza e peso specifico, abilitando il discorso a comprendere tutto e il contrario di tutto, in una rincorsa all’accumulo, che seppellisce qualsiasi distinzione, annulla le gerarchie di valore, non distingue le responsabilità rispetto alle prese di posizione nel tempo. Dalla nostra prospettiva, per quanto modesta ed esterna al movimento, ci permettiamo di individuare una serie di elementi qualificanti <<l’oltrismo pop>> melloniano:

  1. la capacità di rappresentare una visione della società da proiettare sul futuro. A tal proposito mi piace ricordare il concetto Kantiano “dell’attesa ponderata del futuro” che implica la liberazione dal preconcetto di essere imbrigliati dentro un processo irreversibile che prescinde dalla volontà di ciascuno. Pertanto, si sviluppa la capacità di affrancarsi da una visione deterministica per cui il futuro diventa una aspettativa positiva uno spazio ricco di sbocchi e non solo di problemi, restituendo alla realtà il senso della possibilità e della pluralità degli esiti;
  2. Recupero di una idea della società che non premia solo la dimensione individuale e privata ma che apre alla socialità delle relazioni e ad un’idea condivisa di un percorso collettivo;
  3. Un patto tra generazioni differenti, stabilendo ponti e collegamenti, memorie e progetti;
  4. Riconoscimento dei diritti sociali senza preclusioni e/o esclusioni partendo dal principio “da ciascuno secondo i propri mezzi, a ciascuno secondo le proprie necessità, passando dall’abbattimento della retorica dello staniero come nemico;
  5. Favorire l’innovazione tecnologica, la mobilità sostenibile, energie rinnovabili nel rispetto dell’ambiente, che implica una capacità di custodire e gestire non impedendo uno sviluppo razionale e teleologicamente orientato al turismo.

Ecco che parlare di <<neofascismo>> o di <<comunismo>> palesa nei detrattori una incapacità di comprendere una realtà che è semplicemente più complessa di quella che appare allo sguardo di lenti e menti distorte dalla bramosia di un potere che ad ogni tornata elettorale si riduce sempre più. Eviterei ogni sforzo semantico ulteriore per evidenziare il grande abbaglio in cui sono caduti coloro che più che espellere Mellone hanno confermato un dato che appariva di per sé evidente, il loro tempo è finito, perché la realtà li ha espulsi, da un pezzo, condannandoli all’irrilevanza.

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