Diletti figli e figlie, Cristo è risorto! È veramente risorto, Alleluia! Questo annuncio risuona nella Chiesa che si raduna e nei cuori dei cristiani fin da quella mattina di 2000 anni fa. Non è un annuncio qualsiasi, bensì la certezza che la promessa di Dio, che ci ha amati fin dall’eternità e non vuole che nessuno si perda e, in Cristo Gesù, è pienamente realizzata. Ancora oggi dire Pasqua vuol dire gloriarsi della giustizia mite di Dio che trionfa sull’ingiustizia del mondo che abbiamo contemplato il Venerdì Santo; vuol dire guardare al Cristo Risorto come l’apoteosi della bellezza che ha vinto la morte e la cattiveria che sfigura l’umanità, vuol dire godere della bontà di Dio che non lascia che l’umanità si perda e che in Cristo risorto ci ha dato una meta, certa, reale: la vita eterna e la resurrezione. Dire Pasqua ancora oggi vuol dire che la morte non ha l’ultima parola sulle nostre esistenze. La Pasqua ci ricorda che Gesù non è un personaggio di cui si commemora la vita, analizzandone i fatti a distanza di tempo, ma che si tratta di una persona, il Vivente, che ancora oggi ci chiama, desidera relazionarsi con noi. Una relazione spirituale e fisica che si realizza quando, con cuore sincero, ci lasciamo interpellare dal Vangelo che trova suo pieno compimento nella Chiesa; in questa comunità in cammino nella storia, con cui condividiamo gioie e dolori, speranze e angosce e nella quale Cristo continua a farsi corpo e sangue nella realtà dell’Eucarestia. Viviamo ancora tempi incerti, dettati dalla pandemia. Il mio pensiero va a tutti coloro che in questo anno hanno pianto una persona cara: coraggio! La morte e risurrezione di Cristo ci dicono con forza dirompente che coloro che ora non sono fisicamente con noi, sono in Dio e pregano per noi. Abbraccio con premura paterna tutte quelle famiglie in difficoltà economica per la mancanza di lavoro e per la mancanza di salute. A tutte cerchiamo di farci accanto e a tutti chiedo di farsi accanto a quanti soffrono. La nostra chiesa diocesana è presente grazie all’instancabile lavoro della Caritas Diocesana che, insieme alle parrocchie e ai tanti volontari di associazioni, hanno continuato a mettere in atto tante azioni a supporto di chi si trovi in difficoltà. A quanti stanno vivendo la prova del contagio, assicuro la mia preghiera. Sento il dovere di ringraziare tutti gli operatori del settore sanitario, le forze dell’ordine, le amministrazioni pubbliche per l’impegno profuso nel cercare di dare qualche certezza in un tempo di grande confusione e smarrimento. Richiamo tutti al senso di responsabilità per il contenimento del contagio e favorire, grazie alla campagna di vaccinazione, la sconfitta di questo virus. Il compito di ogni battezzato non è cercare il proprio interesse ma prestare il proprio servizio per il bene comune. Questa pandemia dovrebbe aver insegnato a tutti che abbiamo bisogno gli uni degli altri, in un intreccio di responsabilità personale. Richiamo tutti ad un più alto senso di comunità, rifuggendo gli interessi privati, le velleità personali, il conflitto ad ogni costo.Tutti dovremmo imparare da Cristo Risorto a ricercare la pace e la concordia sopra ogni cosa. La pace di Cristo dona coraggio ai cuori e la certezza che solo attraverso i valori universali del Vangelo è possibile rifondare un’umanità nuova. Questo appello lo rivolgo soprattutto agli uomini e alle donne impegnate in politica: ci attendono tempi di rinascita, tutti confidiamo che le tanto agognate risorse per il rilancio dell’economia possano essere impiegate bene e al più presto. A coloro che ricoprono incarichi istituzionali chiedo di promuovere un nuovo umanesimo nella società, nell’economia, nei rapporti tra le istituzioni, perché al centro ci sia l’uomo! Dio ha a cuore l’umanità e la Pasqua ci insegna che “ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito” (Gv 3,16). Cristo è morto ed è risorto per noi. Noi possiamo fare di questa esperienza di morte, un’esperienza di resurrezione se al centro del nostro agire metteremo l’uomo, l’umanità, secondo il modello di Cristo. L’annuncio della Pasqua ha percorso la storia dell’umanità, con i drammi e le letizie. Ha risuonato durante le carestie e le guerre; in tempo di pace e di benessere. Sempre la luce del Cristo Risorto ha squarciato il velo tenebroso della morte e ha portato la vita. E anche oggi risuona nella nostra storia! A quei cuori docili all’amore di Dio, chiedo di portare la luce di Cristo in ogni piega e piaga della propria vita familiare e lavorativa. Le famiglie tornino ad essere il luogo principale dove si parla di Cristo ai piccoli e si trasmette il valore della Fede e della Carità nutrita dalla Speranza. Torniamo a parlare di Gesù, testimoniamolo ai giovani e ai piccoli. I datori di lavoro rispettino i propri lavoratori come collaboratori preziosi ricercando l’utile ma anche il dono come forma di distribuzione del benessere perché nessuno resti indietro. I lavoratori siano collaboratori attenti e operino con premura per il benessere di tutti. Imploro quanti hanno i cuori ottenebrati dal male, di lasciarsi convertire dalla luce di Cristo Risorto, di guardare le ferite delle mani e del costato e riflettere che in quelle ferite, portate nella resurrezione, vi sono tutti coloro ai quali provocano sofferenza oggi! Auguro a tutti di ritornare alla semplicità del Vangelo, a quella virtù essenziale per la nostra vita: la speranza. Senza la speranza in Cristo tutto è perduto! In Cristo Risorto c’è la sovrabbondanza della vita che è data a tutti e per tutti. A noi la responsabilità di viverla con tutti. Buona Pasqua! +Fernando Filograna vescovo di Nardò-Gallipoli

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