Eppure quando avevo deciso di andare sin lì non ne ero troppo convinto: troppa strada, fondali che non conoscevo, Ordinanze balneari a me sconosciute, altri pescatori. Molte incognite mi facevano compagnia durante il tragitto tant’ è che diverse volte ho pensato di invertire la rotta e tornare indietro, oppure fermarmi in posti che avevo battuto altre volte, ma l’istinto e la voglia di scoprire nuovi posti mi spingevano verso la meta prefissata: zona Capo di Leuca.

Avevo visto nei giorni precedenti una bella baia, ridossata da vari venti che faceva al caso mio: scogliere alte facevano supporre fondali impegnativi, quelli che prediligo e quindi considerato il periodo,  prede di mole. Speravo per  qualche pelagico in caccia, solitario e territoriale, come piacciono a me. Un bel posto tranquillo e splendido paesaggisticamente, quindi un po’ in antitesi con i dettami tipici e le esperienze di pesca, che definiscono un posto potenzialmente pescoso inversamente proporzionale alla sua bellezza. Comunque ormai ero arrivato, ottimo parcheggio, accesso facilitato e mare dall’onda “giusta”, pronto a farmi da compare.

Unica nota negativa la presenza di tre altri colleghi in acqua, dai quali ovviamente sarei dovuto essere lontano, per ovvi motivi di gentlemen agreement.

Indosso la muta, controllo le legature degli elastici, segno della Croce e via in acqua, quattro ore  di tranquillità.

Il fondale, contrariamente a quanto immaginato all’inizio è basso ( 8\10 mt ) e scarsamente frastagliato: lingue di grotto alternate a sabbia bianca, tutto faceva supporre che il cavetto porta pesci sarebbe rimasto vuoto. Poco pesce in giro, poche tane e poca mangianza mi hanno fatto immediatamente pentire di essere arrivato sin lì e, il tempo mi dava ragione perchè dopo due ore non ero riuscito a scoccare nemmeno un colpo, del resto i pochi saraghi presenti non erano di taglia giusta e giammai un pescasub dovrebbe sparare a tutto quello che si muove.

Ho notato però che gli altri colleghi erano tutti concentrati sotto costa, un tipo di pesca diversa dalla mia e, quindi ho deciso di pinneggiare verso il largo, alla ricerca di fondali idonei e maggiore solitudine. In effetti le cose stavano cominciando a girare per il verso giusto perchè vedevo castagnole in quantità e branchi di saraghi al razzolo, tutto però estremamente calmo, lento e rilassato, niente che facesse supporre la presenza di qualche cattivone in caccia.

Ho continuato però nella mia azione venatoria, tanto non sarei certo andato via, non avrei mollato sin quando il sole, stanco anche lui non mi avrebbe salutato dalla linea dell’orizzonte. Sarei voluto uscire ancora di più verso il largo ( ero al centro della baia, circa 500 mt dal punto di entrata ) ma i soliti capitani da quattro soldi erano incuranti della mia presenza e delle regole di navigazione ( 200mt di distanza da TUTTE le coste, quindi anche dalle punte ).

Il fondale era sui 12 mt ma ormai ero svogliato  e annoiato da quel deserto del Gobi sotto di me, ho deciso quindi di rientrare facendo un ampio giro ad “U” quando nel mezzo di una spianata di sabbia ho visto una roccia allungata, grande e con un canale parallelo che sembrava scavato per me con un bel branco di castagnole in cima…un ultimo respiro profondo e giù, nel massimo silenzio, in attesa di chissà cosa.

Sentivo il frullare dei motori  delle barche piuttosto vicini, che non mi davano tranquillità e soprattutto sapevo che spaventavano i pesci ma ho deciso comunque di prolungare l’aspetto cominciando a fare un po’ di richiamo con delle pietre, sin quando da dietro il roccione  non è apparso lui: il tonno Tonino, come la ha ribattezzato mia figlia.

L’abnegazione ha funzionato. Avevo letto che il tonno ha un atteggiamento spavaldo, da predatore: “cosa ci fai tu qui, nel mio territorio?” sembrava chiedermi. L’occhio enorme mi scrutava muovendosi nervosamente e mi incuteva rispetto ma, sapevo anche che  la pupilla del pesce è lenta a mettere a fuoco. Non ho avuto timore perchè era di fianco a me e non di fronte, non ignoravo senz’altro  che una volta colpito sarebbe partito frontalmente, quindi ho pensato  di sparare prima sulle branchie ma ho avuto paura che l’asta non avesse la giusta forza a passare la sua corazza e ho, prima che fosse tardi ( anche se erano passati non più di due secondi )  deciso di sparare sull’addome, unica zona  indifesa. Ero glaciale e lucido, forse cattivo, e ho scoccato il tiro… preso!

 

Non ho avuto emozioni, non ho pensato a nulla se non a riemergere in fretta. Il mulinello frullava come un ventilatore perdendo sagola a velocità inusitata, impensabile,  ma ero tranquillo tanto avevo 100mt di naylon. Era incazzato l’amico! Una volta emerso ho cercato di frenare la corsa del filo contrastando con la frizione del mulinello ma era tutto inutile, potevo solo sperare che il tutto reggesse alla furia cieca del pesce.  Il mulinello era piegato nel senso di tiro e sapevo che non poteva reggere a lungo anche il mio peso perchè nel frattempo aveva cominciato a trascinare anche me, fortuna ha voluto che in attimo  di stasi la mia determinazione a portarlo a casa ha fatto in modo che pensassi di avvolgere la sagola sul fusto del fucile e cosi’ ho fatto: adesso poteva trascinarmi quanto voleva.

Non sapevo ancora però bene chi mi ero messo contro e da quel momento, per circa 15 minuti è cominciato lo sci nautico, a zig-zag per il mare, confidando nella resistenza dell’attrezzatura e delle mie mani, letteralmente aggrappate al fucile. Nel frattempo ero preoccupato di quanto ci mettesse a mollare, a cedere e, ho deciso di alzare la testa a cercare l’altezza del sole: era alto ” puoi tirare quanto vuoi” dissi. Dopo circa 20 minuti ha  cominciato a stancarsi a tratti,  permettendomi di avvolgere il naylon sul fusto del fucile nei momenti di calma e alla via così per circa un ora e dieci, con i polsi che ormai bruciavano per il dolore e lo sforzo. Nel frattempo pensavo a come finirlo e soprattutto a come approcciarlo, era impossibile avvicinarsi, lo vedevo girare in tondo sul fondale e non avevo la minima intenzione di andarlo a trovare. Ho deciso di aspettare perchè vedevo un rivolo rosso uscire dal foro di entrata, il tempo era mio complice e non volevo fare l’errore di un amico che afferrò un alletterato per la coda pensando che fosse morto e invece questo, in un ultimo singulto di vita diede un colpo di coda slogandogli il polso. Comunque non ero sicuro di portarlo a casa, finche’ non lo avessi avuto tra le mani, e poi vedevo l’asta quasi fuoriuscita, pensavo che l’aletta stesse per cedere. Una volta visto  immobile sul fondo ho deciso di tentare un primo approccio: stiletto in mano scendo, ma una volta sul fondo ne comprendo la stazza e vedo ancora la coda muoversi. No-no, torno a galla mi sono detto! Per la prima volta ho avuto paura vera di quel siluro. Quando ho visto che era immobile sono tornato,  sempre da dietro per paura che partisse di botto e con mossa decisa l’ho finito, stilettata in testa. Ultimo sussulto di vita: era mio!

Pensando fosse un cefalo ho tentato di salirlo con me ma niente, risalgo in superficie,  tento di tirare ma incredibilmente ero io ad andare a fondo, solo pinneggiando con forza ce l’ho fatta, tanto sapevo che una volta a galla sarebbe stato più leggero. Credo fossi in stato confusionale perchè una volta tenuto tra le mani non sono riuscito a fare niente se non ammirarlo in tutta la sua eleganza.

Dopo un po’ ho cominciato ad urlare di gioia ma la sua stazza  continuava a farmi bere perchè andavo giù, allora ho raggiunto la boa e l’ho appeso e così ho potuto cominciare a tornare a riva: 40 minuti ero all’asciutto, incosciente ancora di quanto fossi riuscito a fare.

In un attimo la baia che sembrava deserta si è piena di curiosi ed una gentile turista veneta mi ha fatto le foto che allego, con me che ancora non riuscivo a reggermi in piedi. Ovviamente richieste di vendita da più parti alle quali non ho ceduto perchè non essendo del mestiere è un reato penale, per chi non lo sapesse. Non l’ho pesato perchè non ho trovato una bilancia adatta e comunque chi mi conosce sa che non peso mai il mio pescato e mai posto delle foto si Social. Posso solo dire che una volta issato nel cassone del Doblò, l’ho dovuto sistemare obliquamente perchè frontalmente era troppo lungo e le porte non chiudevano. In tre persone siamo riusciti a malapena a tirarlo su, era pesante. Questo però ammetto è un caso atipico e ho pensato che  sarà bello condividere con chi leggerà, sperando di aver trasmesso le emozioni pari-pari come le ho vissute.

Dedico questa  incredibile cattura al mio compagno di pesca Gianluigi Spada, mio compare di tante uscite e mio mentore primo in mare, nonchè abilissimo costruttore del fucile in legno di mogano e castagno che ha permesso questa storica cattura.

A scanso di equivoci e per mettere a tacere eventuali moralisti e benpensanti dell’ultimo secondo ( che magari però stra mangiano bistecche di manzo  al sangue ) comunico che la mia cattura è pienamente lecita, primo perchè ottenuta con la forza dei soli polmoni, secondo perchè è disciplinata e autorizzata dalla Circolare del Ministero delle politiche ambientali del 10\04\17 e recante seriale 8746, che permette la pesca del tonno rosso, con attività amatoriale\ricreativa dal 16\06\17 al 14\10\17.

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