In merito all’articolo pubblicato a pagina IX de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, edizione di Lecce, oggi 1 ottobre 2014, è opportuno fare alcune precisazioni.

 

La Chiesa è innanzitutto il luogo privilegiato in cui la persona e la comunità incontrano il Signore, il luogo della conversione e dell’adorazione, il luogo in cui il popolo di Dio si raduna per ascoltare la Parola e lasciare che ci tocchi la mente e il cuore, è il luogo in cui si celebra l’Eucaristia, presenza viva e reale del Risorto in mezzo a noi. Tale realtà deve essere il fondamento di ogni avvenimento che nell’edificio sacro si svolge. Questa consapevolezza illumina il rito delle Esequie.

Il “resoconto” apparso su “La Gazzetta del Mezzogiorno”, almeno nel titolo, appare parziale se si pensa che, in ogni caso, rimane la possibilità da parte del parroco (se sussistono alcune condizioni insuperabili, una volta consultatosi col Vescovo) di autorizzare una più lunga sosta del feretro nella Chiesa in cui si celebrerà il Rito delle Esequie. E’ sempre necessario, infatti, guardare alla persona, essere orientati dalla “legge”, ma non farne un blocco granitico e freddo, fuori da ogni prudente e saggio atteggiamento di comprensione delle situazioni particolari.

La riflessione ecclesiale sui “modi” e sui “tempi” liturgici della celebrazione delle Esequie cristiane è molto ampia e abbraccia una varietà di gesti e segni che, spesso, possono essere confusi o contaminati da realtà “mondane”, non obbligatoriamente negative ma estranee a quanto è necessario comunicare in materia di fede. Tutto quanto si dice o si compie durante un rito Funebre deve orientarci alla Speranza cristiana della Resurrezione in Gesù Cristo unico Salvatore.

La situazione sociale contemporanea ha richiesto, negli anni scorsi, che fosse promulgato dalla Conferenza Episcopale Italiana, un “Nuovo Rito delle Esequie” che, tenendo conto della “Tradizione”, fosse più adatto alle nuove situazioni di vita e ai mutamenti della società. Il decreto, col quale il Vescovo Fernando Filograna “regolamenta” ulteriormente tale rito nel territorio della diocesi di Nardò-Gallipoli, è da considerarsi un atto dovuto, perché le norme universali ecclesiali, contenute nel Codice di Diritto Canonico, trovino un’applicazione immediata tra i fedeli del nostro territorio. Inoltre tale decreto sottolinea alcuni aspetti per i quali si rischiava una deriva superficiale, sottratta al discernimento spirituale che pure deve animare le scelte su condizioni logistiche e materiali contingenti. In questo senso la direttiva di approfondire e, in certi casi, riportare, l’organizzazione dei funerali ad un più sentito e fruttuoso dialogo tra i familiari del defunto e il parroco competente per le esequie. Quanto regolamentato dal Vescovo Fernando è il frutto dell’approfondimento che egli ha fatto con i sacerdoti della diocesi e non è una novità delle ultime ore. Il decreto, infatti, è stato promulgato il 2 luglio u.s. (da tempo lo si può consultare sul sito ufficiale della diocesi) ed è entrato in vigore dal primo di agosto (due mesi or sono). In tutto il territorio nazionale esistono esempi simili di regolamentazione.

 

Don Pantaleo Roberto TARANTINO

Responsabile ufficio stampa diocesi Nardò-Gallipoli

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