Il discorso del consigliere Mellone alla commissione consiliare del  8 ottobre 2014. (ndr) Fino ad oggi credevo di avere un problema solo coi dirigenti comunali. Oggi ho capito che il problema ce l’ho proprio col genotipo dirigenziale, è proprio un problema antropologico.

Già il ricatto neanche troppo velato fatto dal dirigente regionale sulle bollette lascia stupefatti se si pensa che l’opera che vogliono realizzare questi signori costa circa 18 milioni di euro. Detto ciò è particolarmente divertente ascoltare l’introduzione del sindaco che sembra aver mandato a memoria gli interventi degli ambientalisti di circa un triennio fa’. Il 28 maggio del 2012 questo Consiglio comunale deliberò all’unanimità contro la realizzazione della condotta a mare a Torre Inserraglio. Uno dei rari momenti di unità e concordia registrato negli ultimi anni nella nostra Città.

Una posizione non certo arrivata per caso o all’improvviso, nè tanto meno dettata da un’effettiva unità politica e partitica, ma frutto di giorni, settimane, mesi di mobilitazione da parte degli ambientalisti e del movimento No Tub che sollevarono, giustamente, un polverone su questo tema, spingendo il sindaco, fino a quel momento cauto per non dire accondiscendente davanti ad un progetto simile, a prendere posizione e inchiodandolo alle sue responsabilità. Una posizione, quella del primo cittadino, che ci auguriamo fosse frutto di effettiva convinzione e non di convenienza politica momentanea. Troppo facile infatti fare il Masaniello a seconda di ciò che pensa in quel determinato istante l’opinione pubblica. Più complicato avere opinioni divergenti rispetto alla stessa come dimostrato dagli ambientalisti neretini ad esempio sullo spinoso caso della Sarparea.

 

Tutti conosciamo la situazione in cui versa il Comune di Porto Cesareo e il suo storico problema legato all’assenza di una rete fognaria. Una situazione, a dire il vero, diffusa in giro per l’Italia con 258 casi simili che hanno comportato ripetute condanne da parte dell’Unione Europea all’Italia. Non sfuggiamo dunque alla problematica suddetta e ne riconosciamo l’estrema gravità essendo già oggi estremamente diffuso a Porto Cesareo il fenomeno degli scarichi abusivi a mare, essendo come noto pochissime le abitazioni dotate di pozzo Imhoff. Come non sfugge al sottoscritto che Porto Cesareo è ubicata in un tratto di costa che ricade nell’Area Maria Protetta e presenta quindi le stesse identiche criticità di Melendugno.

 

A stupire il sottoscritto è piuttosto la medievale risposta messa in campo da Acquedotto Pugliese e Regione Puglia ad un problema certo reale, certo da risolvere, ma non in questo modo. Stupisce che nel 2014 ci siano organizzazioni tanto importanti che non colgano l’importanza dell’acqua per la nostra Terra. Ci sono decine di colture in cui si potrebbero utilizzare le acque fitodepurate. Come stupisce che si voglia nascondere la polvere sotto il tappeto sparando i reflui fognari a 1100 metri dalla costa e a 30 metri di profondità in quello che rappresenta la nostra ricchezza più grande: il mare. Come se il mare non fosse un unico mare magnum con correnti che in pochi minuti spostano enormi masse d’acqua. Come se Nardó, e Torre Inserraglio in particolare, non confinassero con la tanto decantata Area Marina Protetta. A Melendugno però il comportamento di questa Amministrazione Regionale è stato completamente differente ed il presidente Vendola si è spinto in più circostanze a definire Melendugno un esempio da seguire. E Melendugno è solo uno dei tanti esempi.

A Fasano, la Città di Fabiano Amati, troviamo un altro impianto di fitodepurazione di ultima generazione. Ebbene a Nardò, fin dal 2011, gli ambientalisti, le associazioni e i movimenti esprimono perplessità relativamente al progetto. Ci chiediamo, quindi, perché si torni a parlare dopo 3 anni sempre dello stesso progetto. Perché non si tiene conto dell’orientamento della Città di Nardò espresso, peraltro, all’unanimità dai rappresentanti dei cittadini? E anche stavolta, è bene precisarlo, il ruolo degli ambientalisti e del Movimento No Tub è stato fondamentale. Fin dai primi giorni di settembre, infatti, Agostino Indennitate, portavoce del Movimento No Tub, aveva messo in allarme l’amministrazione segnalando come il bando per la realizzazione stesse proseguendo il suo iter nel silenzio assordante dell’amministrazione comunale neretina e del suo capo, come ama definirsi.

 

Concentrare i reflui di due località, Nardò e Porto Cesareo, nella stessa area, appare folle, come folle appare lo scarico a mare di acque che potrebbero essere riutilizzate in agricoltura per contrastare il dramma della siccità di cui nessuno sembra più accorgersi. Considerazioni che non sono solo mie ma sono state ripetute in più circostanze dalla stessa assessore regionale Barbanente.

 

Perché, dunque, due pesi e due misure? Perché le differenze citate tra Nardó da un lato e Fasano e Melendugno, dall’altro? Il dubbio che sorge spontaneo, non solo al sottoscritto, è che nella nostra Città non ci sia una classe dirigente, burocratica ma soprattutto politica, in grado di far valere le nostre ragioni sui tavoli che contano. Nonostante le ripetute e costanti visite a Roma del nostro sindaco, la Città si è convinta di avere una classe dirigente inadeguata. E come dar loro torto dopo lo scippo del San Giuseppe Sambiasi? O per essere più precisi l’impressione di molti è che la politica, certa politica, sia più brava a far valere interessi particolari rispetto a quelli collettivi che dovrebbe tutelare.

 

Un comportamento quello della Regione ancor più paradossale se confrontato con l’intransigenza, a mio avviso sacrosanta e condivisibile, dimostrata sul caso Sarparea. Un atteggiamento schizofrenico e ondivago, quello della Regione, che non fa altro che confermare le critiche mosse da più parti a questa Giunta Regionale nonostante sia composta per lo più da tecnici competenti. Non si può essere ambientalisti, infatti, a giorni o luoghi alterni.

 

L’allarme degli ambientalisti sul tema condotta è, infatti, datato, risale al 2011 e nonostante ciò, nonostante una posizione netta da parte della Città di Nardò e della sua massima assise, nonostante un consiglio monotematico e un altro opportunamente convocato per deliberare, che ha sancito all’unanimità la contrarietà dei neretini, oggi, a oltre 30 mesi di distanza, ci si ritrova qui a discutere sempre dello stesso tema, dello stesso argomento, dello stesso progetto. La richiesta forte che arriva da Nardò è chiara: si realizzino due impianti distinti, si dia il via, da subito, alla fitodepurazione, non si distrugga un patrimonio ambientale per cui tanti, in questi anni, si sono battuti a rischio della stessa vita.

 

Ebbene oggi vogliamo dire e ribadire con forza che Nardò ha già dato. Ha concesso la presenza sul suo territorio di una discarica dagli effetti nefasti, a poche centinaia di metri dalle civili abitazioni, quella di un’enorme discarica d’amianto, ha visto larga parte dei suoi terreni agricoli ospitare immense distese di pannelli fotovoltaici. Un altro mostro ecologico sul nostro territorio non lo vogliamo e ci opporremo con le unghie e con i denti ad una simile ipotesi qualsiasi sia la posizione di questa Amministrazione! Questa è la terra di Portoselvaggio e Renata Fonte e noi non lo dimentichiamo! Noi l’abbiamo pensata sempre così, fin dal 2011, e non abbiamo mai cambiato idea sulla base di appuntamenti elettorali più o meno imminenti. Le ruspe, lo dico molto chiaramente se non si fosse capito, le aspettiamo al varco.

 

Pippi Mellone

Consigliere comunale

Comunità Militante

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