ROMA – Per i Comuni sono 33 miliardi di euro, per le Provincie ordinarie sono 7 miliardi, mentre per le Regioni e le Provincie autonome il valore resta indeterminato, ma è sicuramente (di un bel po’) superiore a quota 29,8 miliardi. Il totale dunque arriva a 70 miliardi di euro nella più cauta delle ipotesi. Sono i cosiddetti “residui attivi”, nome burocratico per il più ingombrante degli scheletri nell’armadio della contabilità dello Stato. Dietro i quali c’è un buco potenziale nei conti pubblici ben superiore ai 7 miliardi di euro.

Tecnicamente, si tratta di poste che Regioni, Provincie e Comuni hanno da decenni l’abitudine di riportare all’attivo nei bilanci, in quanto somme da riscuotere: arretrati di tasse, multe non ancora pagate, trasferimenti dal governo non ancora versati o di fondi dell’Unione europea non utilizzati. Sono “residui” perché restano da incassare (almeno) dall’anno prima e una parte importante di essi prima o poi arriverà davvero. Un’altra invece non arriverà mai, specie se i crediti sono vecchi e di fatto inesigibili. Ma con le entrate fasulle si finanziano le spese. Che sono vere però.

 

I bilanci degli enti locali diventano così il pozzo dei desideri. Prendiamo Roma: nel rendiconto della Capitale per il 2013 sono stati iscritti 408 milioni di entrate sotto la voce multe. Una cifra irrealistica se si pensa che l’anno precedente l’accertato si era fermato a 280 milioni. Roma ha un arretrato di multe non riscosse che supera i 600 milioni di euro, di questi nel 2012 ne sono stati recuperati solo 31 milioni, cioè il 5 per cento. La stragrande maggioranza delle multe non pagate, il Campidoglio, come molti altri Comuni, non le incasserà mai. L’ha detto la Corte dei conti il 21 marzo scorso in un’audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato: “È lecito presumere che una parte non irrilevante di enti comunali continui a conservare tra i propri residui attivi ingenti partite ormai da considerare nella sostanza non riscuotibili, sebbene ancora formalmente non dichiarate inesigibili”. ( fonte la Repubblica)

 

 

 

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