La numerosa folla di iscritti, che costituisce la base del Partito Democratico, non riesce più a sopportare il clima arroventato che si è venuto a creare ai vertici del Partito. E, mentre volano gli insulti tra maggioranza e minoranza, cresce il disagio di coloro che, nei precedenti decenni, hanno lottato per l’affermazione della democrazia ed il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e che ora vedono stravolgersi questi elementari e sacrosanti principi.
Che significato può assumere la parola “democrazia”, se poi la stessa viene svuotata della sua caratterizzazione etimologica? Democrazia non equivaleva a libertà di parola e di espressione ma poi, dopo un appassionato confronto di opinioni, non significava anche “rispetto delle decisioni prese a maggioranza?” Cos’è che è cambiato nel Partito, durante i decenni, oltre al nome? Forse non c’erano tante trasmissioni televisive da animare con lanci di strali contro chi ha avuto il coraggio di provare a risanare un’Italia dissestata, della quale tutti facciamo parte? Forse non c’erano testate giornalistiche pronte a fare “scoop” con anatemi rivolti a chi nel Partito, la pensa diversamente? E’ facile soffiare sul fuoco che cova sotto la cenere!
La paura del futuro, il terrore di un ulteriore peggioramento, in questi ultimi mesi erano mitigati dalla flebile speranza che, con l’attuazione delle riforme preannunciate dal governo, ci sarebbe stata una ripresa, sia pure con sacrifici da parte di tutte le categorie sociali. In questi ultimi giorni ci hanno tolto anche la flebile speranza! Attenzione Camusso, attenzione Landini! In un’atmosfera così infuocata anche Renzo Tramaglino, nei Promessi Sposi, divenne un capitano del popolo! E se aspettassimo il varo delle riforme per renderci conto dell’effetto economico che le stesse potrebbero sortire? E se anche i politici, come i nostri giovani, provassero a cambiare il concetto del “posto fisso” sostituendolo con quello di “contratto a termine” o di semplice “prestazione d’opera”? Essere uomo politico non è una predestinazione!
Fare politica non vuol dire essere perennemente a carico dei cittadini! Fare politica significa mettere a servizio della comunità, in un determinato periodo, le conoscenze acquisite durante il proprio vissuto e le esperienze maturate durante la propria attività lavorativa. La politica, infatti, è anche ricambio generazionale, alternanza di organigrammi nuovi e diversi! E’ per questo che in ogni movimento politico viene auspicato l’apporto di vecchie e nuove generazioni, in cui chi opera da più tempo possa trasmettere saggezza ed equilibrio a chi, spinto dall’euforia e dalla combattività proprie della giovane età, potrebbe rischiare di compromettere la serenità di una convivenza politica. Gli iscritti degli anni ’60, dopo aver espresso il proprio voto nelle primarie, una volta terminate le stesse, avrebbero supportato le decisioni di chi fosse risultato il più suffragato.
Gli iscritti degli anni “60 , avrebbero assistito, con rispettosa accettazione, al “taglio di Governo” che avessero voluto imprimere Civati o Cuperlo, se dalle primarie fossero usciti vincitori, serenamente consapevoli che ognuno dei candidati proviene da vissuti differenti. Il Partito non si spacca per le opinioni diverse , ed il compagno D’Alema sa bene che non è Matteo Renzi che spacca il PD, ma sono coloro che disattendono gli elementari principi di democrazia, che rischiano di sovvertire il sistema, che mirano a distruggere quel poco che à stato concesso di fare in serenità, forse per assistere più velocemente allo scenario di un’apocalisse politica. A questo punto la domanda nasce spontanea : PD significa ancora PARTITO DEMOCRATICO o piuttosto, dopo la catastrofica implosione di questi ultimi tempi, è diventata la sigla di un PARTITO DEMOLITO ?