Seguo sempre con estrema attenzione gli interventi del dott. Roberto Tanisi, magistrato di indubbio valore. Sulle colonne del Nuovo Quotidiano di Lecce, lunedì 24 novembre, ho letto – col solito grande interesse – uno scritto del dott. Tanisi dal titolo “Il tempo che passa e diventa ingiustizia”.

 

Il pezzo prendeva le mosse dalla recente e clamorosa sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ha dichiarato prescritti i reati nel cosiddetto “processo Eternit” per le morti da amianto, annullando, peraltro, anche i risarcimenti civili.

Subito all’inizio così argomentava il dott. Tanisi: “Ancora una volta la prescrizione impedisce che alle vittime sia resa giustizia “. Ora, al netto dell’onda emotiva per una sentenza così clamorosa su un fatto-reato di una gravità inaudita (ma tornerò sul punto), come si fa a non essere d’accordo su una simile affermazione? Credo sia pacifico, quasi lapalissiano, affermare che, oggi in Italia, con riferimento al ‘processo Eternit’ vi siano decine e decine di persone che stanno soffrendo per una oggettiva denegata giustizia.

Tuttavia, qualche altra considerazione – a mio avviso – bisognerebbe aggiungerla per non scivolare in quella odiosa deriva forcaiolo-giustizialista che ormai da anni ammorba il dibattito sulla (riforma della) giustizia in Italia, di fatto impedendola (sia pure con qualche recente “ammosciamento” visto, ad esempio, l’azzoppamento di Berlusconi, ma questa è un’altra storia).

E, allora, senza entrare nei meandri della ratio della prescrizione (peraltro, ben descritti, anche in chiave comparata, dal dott. Tanisi) la prima nota è: se la Cassazione ha sbagliato (adopero volutamente tale verbo, ma solo per una migliore divulgazione) ad interpretare-applicare le norme vigenti, vuol dire che i Giudici del primo e del secondo grado avevano fatto bene; se, invece, la Cassazione ha fatto bene, allora vuol dire che i due precedenti giudizi erano sbagliati (perchè, ad esempio, non dovevano proprio iniziare). A scanso di equivoci, mi pare di aver già chiarito che sono molto vicino alle centinaia di miei connazionali che stanno patendo gravemente per questa vicenda (anche processuale), ma le leggi, anche quelle che regolano la prescrizione – giuste o sbagliate – si devono applicare e rispettare. Naturalmente, concordo col magistrato Tanisi che per come è, l’istituto della prescrizione debba essere riformato e, possibilmente, in tempi rapidi (anche se in Italia si interviene troppo spesso in situazioni “emergenziali”: basti ricordare l’istituzione della Protezione Civile dopo il devastante terremoto in Irpinia e le leggi dopo le varie stragi di mafia).

Altra piccola nota: leggere o sentire in TV che Tizio è stato assolto per prescrizione è certo una forzatura giuridica, ma non è neppure come far bere al diavolo l’acqua santa; insomma, è pur sempre una sorta di assoluzione di fatto. Poi, come è ovvio, nessun caso processuale è uguale ad un altro e il dott. Tanisi, dall’alto della sua ultratrentennale esperienza, lo sa bene. Vi sono, infatti, imputati che mirano quasi esclusivamente alla prescrizione (cito: “così da raggiungere l’agognata meta della estinzione del reato”), ma quasi sempre si sottace di molti altri che, invece, hanno come unico obiettivo l’assoluzione (specie se sono innocenti) e il decorso del tempo processuale non fa altro che aggravare la loro (anticipata) pena (e sì perchè a soffrire spesso sono anche gli imputati che – loro malgrado – si trovano stritolati nelle maglie della giustizia). Insomma, la tanto agognata (questa sì) celere definizione dei processi farebbe soltanto il bene di parti civili e di imputati (questi ultimi, solo per inciso, presunti innocenti).

In ogni caso, se la Giustizia in Italia spesso fa acqua e se, altrettanto spesso, la prescrizione è causa di una “moria” di processi, le responsabilità sono da ricercare altrove (ossia non negli imputati). Sarebbe forse antipatico stilare una classifica, una graduatoria di responsabilità, ma il “sonnecchiante Legislatore” (copyright dott. Tanisi) ha di certo la maggiore e la miglior parte (forse, però, un mea culpa generalizzato e pro-quota andrebbe fatto da avvocati, personale di cancelleria e … perchè no… anche da magistrati).

E, allora, quale titolo di questo mio modesto intervento, sceglierei più o meno lo stesso del pezzo del dott. Tanisi con una brevissima, doverosa, aggiunta : “ Il tempo che passa diventa ingiustizia per tutti “.

Pierpaolo Personè

Avvocato del Foro di Lecce

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