Nel settembre 1943 vennero catturati e disarmati dai tedeschi oltre un milione di soldati italiani, che si trovavano in patria o all’estero, tra Iugoslavia, Francia, Albania, Grecia e isole dell’Egeo.

Di questi più di 600.000 mila finirono nei lager di prigionia tedeschi (13.000 ufficiali e 57.000 sottufficiali e il resto soldati). Il regime nazista non considerò mai i nostri militari catturati come prigionieri di guerra, ma li classificò subito come IMI (internati militari italiani): come tali furono obbligati al lavoro forzato e sottratti alla possibilità di controllo della Croce Rossa Internazionale e alla tutela della Convenzione di Ginevra del 1929, sottoscritta anche dalla Germania, che prescriveva un trattamento umanitario. Durante l’internamento nei campi i nostri militari furono incessantemente invitati, in cambio della loro liberazione, ad arruolarsi nelle forze armate tedesche e soprattutto nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana. La stragrande maggioranza degli internati si rifiutò, opponendosi a qualsiasi collaborazione e rassegnandosi alla prigionia nei lager, in tragiche condizioni di vita. La resistenza nei lager è costata, come risulta dagli stessi registri dei decessi compilati dai tedeschi in ogni campo di prigionia, il sacrificio di 78.216 persone.

 

Ad oggi sono sei i neretini – di cui si hanno notizie sulla loro tragica permanenza nei lager – che sono stati insigniti dal Presidente della Repubblica della Medaglia d’Onore per essere stati deportati o internati nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale: Antonio Bianco, ​ Giovanni Carafa, Arturo Carrozza, Giuseppe Cucci, Mario De Pascalis e Antonio Pagliula.

Giovanni Carafa è stato il primo ad essere stato insignito dal Presidente della Repubblica: era nato a Nardò il 23 aprile 1920. E’ morto il 28 dicembre 2009.

Antonio Bianco, nato a Nardò il 4 giugno 1915 e morto a Nardò il 28 febbraio 1987.

Arturo Carrozza, nato a Nardò il 17 novembre 1924 e morto a Copertino il 1 gennaio nel 2014.

Giuseppe Cucci, nato a Nardò il 10 maggio 1918 e scomparso l’8 agosto 1963 .

Mario De Pascalis, nato a Nardò il 14 novembre 24 e morto a Brindisi 4 maggio 1997.

Antonio Pagliula, nato a Nardò il 22 aprile 1914 e morto il 4 aprila del 2007.

 

In allegato inoltro la lettera inviata da Pantaleo Pagliula, figlio di Antonio, deportato nei campi tedeschi nazisti , certo che andrà tutto a vantaggio di una formazione morale e civile e di una conoscenza storica più corretta e completa, bene essenziale di una cittadinanza europea.

Auspicando che nell’archivio del Museo della Memoria e dell’Accoglienza della nostra città possa essere creato in collaborazione con le scuole, una sezione che raccolga anche testimonianze e racconti dei nostri padri e nonni militari di cui si sta perdendo man mano la memoria.

 

Gentile Sindaco Avv. Marcello Risi,

tra qualche giorno a Nardo inizieranno alcune giornate di riflessione per ricordare la “Giornata della Memoria”.

La nostra città è stata insignita della medaglia d’oro al merito civile per l’assistenza in favore degli ebrei liberati dai campi di sterminio e due neretini Antonio Pagliula e Arturo Carrozza hanno avuto, anche grazie all’interessamento dell’Amministrazione Comunale, la medaglia d’onore del Presidente della Repubblica perché deportati con altri migliaia di soldati italiani ed avviati ai lavori forzati nei campi di concentramento nazisti subito dopo l’8 Settembre 1843.

Questi IMI ( Internati Militari Italiani ) hanno avuto il coraggio di non sottomettersi ai tedeschi accettando qualcosa che gli avrebbe portati a una detenzione per eliminazione forzata nei campi di concentramento nazisti.

Almeno dal punto di vista simbolico la resistenza di questi IMI non fu certo meno importante di quella armata che in quello stesso periodo agiva soprattutto nel Nord Italia.

Purtroppo dopo la guerra e nel caos dell’Italia del primo dopoguerra, la tragica vicenda di questi soldati fu presto dimenticata e di questi non si occupò quasi nessuno, istituzioni comprese, come se questi uomini non fossero mai esistiti.

Al loro rientro in Patria son stati accolti con l’indifferenza e loro hanno risposto col silenzio, vergognandosi di quello che avevano subito e facendo scattare nel loro interno un vero e proprio meccanismo di rimozione della realtà, come se tutto quello che gli era successo fosse capitato a qualcun altro.

Ripeto da molto tempo che ai nostri ragazzi di oggi, cresciuti nell’era di internet e dei social network, mai come adesso faccia bene riflettere su queste testimonianze che poi sono quelle dei nostri padri, dei loro nonni, di persone semplici che hanno vissuto pagine di storia drammatica con grande sacrificio, orgoglio e dignità. Questi sono i valori che servono oggi ai giovani e che gli daranno forza e speranza per un futuro migliore.

Tenendo conto di questo, perché non “allargare” la memoria della Shoah a quella di tutte le altre categorie di persecuzioni del nazismo includendo anche i militari italiani fatti prigionieri dopo l’8 Settembre perché non vollero collaborare con i nazisti o nelle divisioni di Mussolini?

L’inclusione di queste pagine di storia, di persecuzioni e deportazioni, ancora poco conosciuta in Italia, risponde perfettamente alle motivazioni del Giorno della Memoria, come è stata espressa nel testo istitutivo della Legge 20 Luglio 2000 n.211 dove la citazione della deportazione dei militari è chiaramente indicata nell’art.2 dove dice che in occasione “ del Giorno della Memoria ,sono organizzati cerimonie, iniziative ,incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione ,in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati politici e militari italiani nei campi nazisti in modo da conservare la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro Paese e dell’Europa affinché simili eventi non possano più accadere”.

Caro Sindaco,

Le rivolgo la preghiera di farsi promotore di questo “ricordo allargato” certo che andrà tutto a vantaggio di una formazione morale e civile e di una conoscenza storica più corretta e completa, bene essenziale di una cittadinanza europea.

Perché nell’archivio del Museo della Memoria e dell’Accoglienza della nostra città non si crea, in collaborazione con le scuole, una sezione che raccolga anche testimonianze e racconti dei nostri padri e nonni militari di cui si sta perdendo man mano la memoria?

E perché non intitolare una strada, una piazza a chi l’8 Settembre 1943 ha detto “NO” quando il no significava morte a ogni costo, ribellione al nazi-fascismo, dovere, Patria e Italia?

Ringraziandola vivamente del Suo interessamento e della Sua condivisione.

Pantaleone Pagliula

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Ultimo aggiornamento: 02/01/2025
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