(AGI) – Palermo, 18 lug. – Momenti di forte commozione oggi nell’aula magna del Palazzo di giustizia di Palermo dove per iniziativa dell’Anm sono state ricordate le vittime della strage di Via D’Amelio. A sopresa si e’ presentato nell’aula Manfredi Borsellino, il figlio di Paolo, e si e’ rivolto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il quale aveva avuto un incontro privato poco prima.

 

“Signor presidente della Repubblica – ha esordito Manfredi Borsellino – come le ho anticipato nel nostro incontro privato sono qui per lei, non era prevista ne’ forse la mia presenza in questa aula oggi, ne’ il mio intervento che rischia di far saltare la scaletta. Lei e’ sempre stato un punto di riferimento per mio padre e la mia famiglia – ha proseguito il figlio del magistrato ucciso dalla mafia -. Ho avuto l’onore e l’occasione di assistere per due volte a un colloquio telefonico con mio padre e ho sempre notato la reverenza, il grado di stima che provava nei suoi confronti”.

 

“E’ talmente viva la tragedia di 23 anni fa – ha confessato Manfredi Borsellino – che e’ difficile chiederci di scavare ancora i nostri ricordi e di parlare di una persona al passato. Non intervengo per mio padre, intervengo per mia sorella Lucia. Mia sorella non puo’ parlare, non vuole, forse, adesso parlare”. Alla fine il Capo dello Stato lo ha abbracciato. Questi i principali passaggi dell’intervento di Borsellino.

 

IL SILENZIO SORDO DELLE ISTITUZIONI.

 

“La lettera di dimissioni con cui mia sorella ha lasciato l’assessorato alla Salute ha prodotto un silenzio sordo da parte delle istituzioni, regionali in particolare. Quella lettera gia’ diceva tutto. Andrebbe riletta tante volte, indipedentemente dalle indiscezioni giornalistiche dei giorni successivi e fino a oggi”.

 

IL CALVARIO E LA CROCE DI LUCIA.

 

“Io intervengo perche’ non credevo che la figlia piu’ grande di mio padre, la sua primogenita, la figlia con cui mio padre viveva in simbiosi, anche solo con lo sguardo, dopo 23 anni dalla sua morte, dovesse vivere un calvario simile a quello del padre, nella stessa terra che ha elevato mio padre suo malgrado a eroe. Io non entro e non posso entrare, e lo devo al mio questore al mio capo della polizia, per la mansioni che ricopro e per l’amministrazione cui appartengo, nel merito delle indiscrezioni giornalistiche di questi giorni”.

 

“Indiscrezioni che, indipendentemente dalle verifiche che verranno fatte dagli uffici giudiziari circa l’attendibilita’ o meno di determinate circostanze, avranno turbato, probabilmente, tutte, mi auguro, le persone presenti in quest’aula e anche fuori da quest’aula, ma vi assicuro non hanno turbato mia sorella Lucia per una semplicissima ragione: perche’ mia sorella da oltre un anno era consapevole del clima di ostilita’ in cui operava, delle offese che le venivano rivolte, per adempiere a nient’altro che al suo dovere. Corsi e ricorsi storici drammatici, perche’ sappiamo benissimo chi stiamo commemorando qui oggi. Ed e’ incredibile che la figlia di mio padre si sia ritrovata a vivere un passaggio della sua vita che ricorda per molti aspetti quella del suo grande genitore”.

 

INTERCETTAZIONE? NULLA IMPEDIRA’ VERITA’.

 

“Non sara’ la veridicita’ o l’autenticita’ del contenuto di una singola intercettazione telefonica a impedire che tutti i siciliani onesti, sappiano lo scenario drammatico in cui mia sorella Lucia si e’ trovata a operare in questi anni alla guida di uno dei rami piu’ delicati dell’amministrazione regionale. Lucia ha portato la croce, perche’ di questo si e’ trattato, fino al 30 giugno perche’ amava a dismisura il suo lavoro”.

 

Voleva davvero una sanita’ libera e felice. Ed e’ rimasta fino al 30 giugno per amore di giustizia, per suo padre, per potere spalancare le porte di un assessorato e di una sanita’ intera, al centro da sempre in Sicilia di interessi mafiosi e del malaffare, alla procura della repubblica e alle forze di polizia perche’ nessuna risultanza investigativa, generata anche dal suo operato, andasse dispersa. Poi non ce l’ha fatta piu’. Non so come mia sorella Lucia abbia psicologicamente tollerato di lavorare in quell’assessorato malgrado quello che noti professionisti e noti manager della sanita’ pensavano e avrebbero detto di lei. Ma so che lei e’ e sara’ sempre la piu’ degna dei figli di suo padre”.

 

RESTO NELLA DISGRAZIATA SICILIA PER LUCIA.

 

“Dovrei chiedere di esser destinato altrove, lontano da una terra davvero disgraziata. Ma non solo non glielo chiedo, ma ribadisco con forza che ho il dovere di rimanere qui, lo devo a mio padre e adesso lo devo sopratutto a mia sorella Lucia”.

 

CROCETTA, LUCIA NON ERA SOLA. CONDIVISO CALVARIO

 

“So benissimo che significa gestire un mondo come quello della sanita’ siciliana. Per questo ho chiamato lei alla guida dell’assessorato. Con lei ho condiviso il calvario e la sofferenza che derivano dallo scontrarsi con certi interessi. E non l’ho mai lasciata sola. Condividendo con lei questa difficile battaglia”. Lo ha detto il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, dopo il duro intervento di Manfredi Borsellino, che ha contestato la “sordita’ delle istituzioni, soprattutto regionali”, e la solitudine e il calvario della sorella, costretta “da un anno” a portare la “croce” delle ostilita’ e delle offese.

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