NARDO’ 27 MAR:_Marcello Risi, Carlo Falangone, Daniele Piccione e Lorenzo Siciliano chiedono di modificare il piano finanziario dei servizi di igiene ambientale per il 2017 perché redatto senza tenere conto di una sentenza del Tar di Lecce, la n. 1525 del 2014. Cioè, la sentenza che obbliga i Comuni salentini all’adeguamento tariffario e a esborsi cospicui nei confronti della società Progetto Ambiente, aggiudicataria dell’appalto per il servizio pubblico di gestione del sistema impiantistico. Questo il fatto.

È necessario adesso spiegare alla città e ai neretini come stanno le cose. Primo: la vicenda che si è sviluppata intorno a quella sentenza è nota a tutti ed è una vicenda in attesa di definizione sia dal punto di vista giudiziario che politico. In virtù di questo, nessun Comune del Salento ha tenuto conto della sentenza. Secondo: se fosse corretta la logica dei consiglieri d’opposizione a Nardò, non sapremmo spiegarci perché oggi, nel 2017, questa amministrazione dovrebbe improvvisamente tenere conto di una sentenza del 2014 (confermata dal Consiglio di Stato nel 2015). Perché non lo hanno fatto loro, che hanno governato sino all’estate scorsa? C’è qualche principio giuridico, a noi sconosciuto, che impone l’osservanza delle sentenze ad intermittenza o ne differisce l’efficacia?

Qualche riflessione. Il piano finanziario in questione, così come rimodulato, è quello che consente a questa amministrazione la riduzione della Tari del 10%. Un risultato eccezionale dopo trent’anni di aumenti. Un’operazione condotta senza intaccare il servizio e rispettando pienamente le regole. Anche un grande successo politico che a qualcuno è andato di traverso. Tanto che Risi, Falangone, Piccione e Siciliano arrivano a chiedere la revisione di quel piano, che altro non sarebbe che l’annullamento del taglio della tariffa. In soldoni, “non tagliate la Tari, meglio che i neretini svuotino le loro tasche che un nostro capitombolo politico e amministrativo”. Gli unici amministratori del Salento – evviva la sincerità – a chiedere una cosa del genere. Perché in tutti gli altri Comuni è normale che anche i consiglieri d’opposizione stiano dalla parte dei cittadini e cerchino di tutelarli. Ovunque, tranne a Nardò. Da non crederci.

Da non crederci, ma non troppo. Perché la storia non finisce qui. In questa città, purtroppo, ogni anno c’è una quota di risorse – comprese quelle della Tari – che il Comune non incassa perché un certo di numero di cittadini non paga, spesso perché non riesce. La legge, in casi come questi, induce i Comuni a spalmare il “buco” sui cittadini diligenti che pagano e quindi ad aumentare inevitabilmente il costo della Tari. È un sistema perverso, ma è previsto dalla legge. La vecchia amministrazione, retta da chi oggi presuntuosamente ci dice cosa fare e cosa non fare, aveva escogitato un sistema diverso. Cioè, prendere i fondi di bilancio e coprire il “buco”, con l’unico obiettivo di lasciate invariate le bollette. Salvo poi prosciugare le risorse per tutti gli altri servizi e tutte le altre esigenze della città. Abbiamo ereditato una situazione che, di fatto, per consentirci di tornare nel recinto della legittimità, ci avrebbe costretti ad aumentare la Tari del 15%. Lo sforzo di razionalizzazione sul piano finanziario, per fortuna, non solo ci ha consentito di scongiurare l’aumento, ma di arrivare anche al taglio medio del 10%.

Qui sta il punto. Qui sta la differenza tra loro e noi. Tra chi ha gestito l’ente in modo a dir poco maldestro, riversando totalmente sui cittadini il costo economico e politico di tanta incapacità, e chi lo fa oggi con giudizio, a tutela dell’ente e dei cittadini. Tra chi vende bugie e fumo e chi si muove con concretezza. Il tempo, come sempre, sistema le cose e fa venire al pettine tutti i nodi.

Antonio Tondo

Presidente Commissione Bilancio

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