Santa Maria al bagno 4 lug:_ Giornata molto densa di ricordi dolorosi e di emozioni quella vissuta ieri al Museo della Memoria e dell’Accoglienza di Santa Maria al Bagno, che ha ricevuto la visita di Ytzhak Reichenbaum, ebreo polacco che è sopravvissuto ad Auschwitz e che nel 1945, tra maggio e novembre, visse nel campo di accoglienza di Santa Maria. Ha rivisto quasi con le lacrime agli occhi quei luoghi, ha raccontato gli aneddoti di quel periodo, si è rivisto nelle foto del Museo, in una delle quali compare assieme a Jakob Ehrlich. Nel Salento in questi giorni è in vacanza assieme alla moglie Bella, al figlio Arnon, alla moglie del figlio e ai due nipotini. In un tedesco stentato ha spiegato che Santa Maria è stato per lui “un paradiso, il posto più bello della sua vita”.

“Per me Santa Maria è stata un paradiso” racconta Ytzhak anche nella testimonianza raccolta da Maria Pia Bernicchia nel libro Chi vuol vedere la mamma faccia un passo avanti (edito da Proedi). Qui questo ragazzino ebreo, che a soli 13 anni aveva già vissuto sofferenze indicibili ed era stato separato dagli affetti più cari, giunse grazie ai soldati della Brigata Ebraica che cercavano in tutta Europa bambini ebrei sopravvissuti allo sterminio. Attraversò illegalmente il confine tra Austria e Italia e arrivò a Santa Maria. Il soggiorno nel campo della marina neretina durò sei mesi, durante i quali studiò e riallacciò per corrispondenza i rapporti con uno zio prima e con la madre poi, rimasta in Germania.  L’8 novembre del 1945 salpò da Taranto a bordo di una nave canadese e arrivò ad Haifa. Dopo averla vista per l’ultima volta attraverso il gelido filo spinato di Birkenau, Ytzhak riabbraccerà la madre in Israele solo nel 1947.

Ytzhak oggi ha ottantacinque anni e il racconto della sua infanzia è oltremodo doloroso. Nato a Katowice nel 1932, già a sette anni è costretto a spostarsi con la famiglia a Piotrkow per sfuggire alle deportazioni di Treblinka. Nel 1943 il padre riesce a salvare lui e il resto dei suoi familiari da una fucilazione dei tedeschi, ma nel luglio del 1944 non può evitare la deportazione ad Auschwitz. Qui la famiglia di Ytzhak si sfalda: lui va nel Blocco 10, del padre si perdono le tracce (sarà poi fucilato), la madre e il fratello finiscono nel Familienlager di Birkenau. Proprio il fratello Eduard, di due anni più piccolo, sarà uno dei venti bambini di Bullenhuser Damm, ebrei tra i cinque e i dodici anni di cui per mesi il medico delle SS Kurt Heißmeyer si servì come cavie per esperimenti, iniettando loro bacilli tubercolotici e asportando ghiandole linfatiche. Finiranno impiccati nel sonno in uno scantinato della scuola di Bullenhuser Damm. Ad Auschwitz intanto Ytzhak evita per miracolo una malattia infettiva che colpisce quasi tutti i ragazzi del Blocco, sfiora più volte la morte con i terribili dottor Thilo e Mengele, conosce la fame. Il 18 gennaio 1945 inizia la “marcia della morte”, per giorni nel gelo da Auschwitz a Gliwice. Chi non sta in piedi viene fucilato. Poi a Sachsenhausen in treno, sul quale Ytzhak viaggia assieme ai corpi ghiacciati dei compagni morti. Lui ha i piedi feriti e congelati ed è costretto a veder morire il suo amico Marys tra le sue braccia. Ancora sofferenze e dolori e la morte che lo sfiora ripetutamente. Finisce a Mauthausen, poi a Gunskirchen, l’ultima stazione della sofferenza, dove è costretto a mangiare lumache per non morire di fame. Stremato e scheletrico, viene liberato dai soldati americani il 4 maggio 1945.

Ytzhak Reichenbaum è un altro simbolo vivente della forza e della caparbietà con cui molti affrontarono i lager, ma anche della volontà con cui poi hanno superato le ferite fisiche e psicologiche dell’Olocausto e oggi ne raccontano le atrocità. Come per molti altri ebrei, Santa Maria al Bagno ha rappresentato per lui una piccola oasi di felicità dopo anni di dolore.

“La memoria dei sopravvissuti ai lager – spiega il sindaco Pippi Melloneè un patrimonio straordinario, così come i documenti e le testimonianze scritte di quel periodo. Ecco perché siamo orgogliosi del nostro Museo della Memoria, dove passa un piccolo e significativo scrigno di quel patrimonio. La storia di Ytzhak colpisce ed addolora come tantissime altre, anche se per altro verso ci rende felici il fatto che lui abbia vissuto a Santa Maria i giorni della liberazione fisica e psicologica delle sofferenze dei campi. Buona vita a questo piccolo e coraggioso signore polacco, di cui dovremmo ricordarci sempre come esempio di forza di volontà e di resistenza”.

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