Roma 2 nov:_ Dopo vent’anni di polemiche che hanno diviso le forze politiche e avuto ricadute anche pesanti nei rapporti con la magistratura e la stampa, il Governo è arrivato a trovare un accordo per riformare le intercettazioni, strumento fondamentale per le indagini, garantendo il giusto equilibrio fra interessi primari tutelati dalla Costituzione: la segretezza della corrispondenza e il diritto all’informazione, codificato nell’articolo 21 della Carta.

Oggi è arrivato infatti il primo via libera del Consiglio dei ministri al decreto legislativo che attua la legge delega del 2017: è stato lo stesso presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a dare l’annuncio dell’approvazione al termine della riunione, assieme al guardasigilli Andrea Orlando. Una riforma che “senza ledere il diritto di cronaca eviterà gli abusi”, ha spiegato Gentiloni. “Il provvedimento affronta un tema annoso, non restringe la facoltà dei magistrati e delle forze dell’ ordine di utilizzare le intercettazioni nelle indagini, anzi, in un passaggio rende più semplice la richiesta intercettazioni per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e non interviene sulla libertà di stampa e il diritto di cronaca”, ha aggiunto il ministro Orlando, puntualizzando che “i vincoli introdotti non restringono lo strumento di indagine, ma riducono il rischio delle fughe di notizie quando non sono legate a fatti penalmente rilevanti”.

E’ la “selezione” delle intercettazioni “non penalmente rilevanti”, dunque, il ‘cuore’ della riforma. “Vi è un primo vaglio della polizia giudiziaria, sotto il controllo del magistrato che conduce le indagini, per togliere ciò che non è penalmente rilevante. Il secondo passaggio – ha Orlando – è il vaglio del magistrato e, se necessario, è previsto anche il contraddittorio con la difesa per verificare cosa è rilevante o no. L’ultima parola spetta poi al giudice terzo”. Introdotto uno specifico reato contro quelle fraudolente Contro le intercettazioni fraudolente viene introdotto uno specifico reato, punito con la reclusione fino a 4 anni.

La responsabilità di custodia degli ‘ascolti’ sarà del pubblico ministero, che dovrà gestire un ‘archivio riservato’. Per tutelare la privacy, inoltre, negli stessi atti giudiziari si potranno riportare “ove necessario” solo i “brani essenziali” delle intercettazioni. Queste potranno essere captate nei domicili anche attraverso ‘virus-spia’, come il Trojan, per i reati di terrorismo e mafia o nel caso in cui sia in atto un’attività criminosa.

Altrimenti, il magistrato sarà chiamato a motivarne l’utilizzo. Infine, sarà più snella la procedura di autorizzazione di intercettazione per i reati più gravi contro la Pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali. Uno stop riguarderà gli ‘ascolti’ dei difensori e i loro assistiti. Il decreto passa ora all’esame delle Commissioni parlamentari competenti per poi tornare al vaglio del Governo per il via libera definitiva.-

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