Nardò, 31 maggio_ Parlare della pagina locale della Gazzetta del Mezzogiorno è come sparare sulla ‘croce rossa’, con la differenza che dietro la <<testata>> non vi sono ‘innocenti sanitari’ intenti in teatri di guerra a prestare soccorso a popolazioni inermi, ma politici travestiti da giornalisti, che approfittano dello spazio mediatico per manovrare nel torbido ed alimentare pseudo-scandali e tragedie, che il più delle volte, se non sempre si declinano nel classico temporale nel bicchiere d’acqua.
Anche questa volta, ad uscire malconcia è la credibilità del giornale, che accetta il ribaltamento della funzione della carta stampata, che da “cane da guardia del potere” diventa “cane da riporto” di interessi politici.
In questa boutade pre-estiva la notizia vera c’è, in vero, l’unica degna di nota. La fuga di notizie, l’asserita ‘velina’ della “Divisione Anticrimine della Polizia di Stato della Questura di Lecce”.
Avendo avuto, di recente, come redazione, il piacere e il privilegio di conoscere personalmente il Questore Dr. Andrea Valentino, siamo certi che questa <<ribalta mediatica>> non gli avrà fatto granché piacere; anche perché, per come posta, getterebbe un’ombra sulla capacità di serbare la necessaria riservatezza sulle attività di indagine, da parte del suo personale.
In disparte, “i giudizi sommari e sciatti” di un “commentatore postumo”, sul quale avremo piacere di soffermarci anche successivamente, che nel connotare l’importanza dell’organo di polizia giudiziaria intervenuto, strumentalmente, alla gravità della tesi sostenuta, ha collocato in posizione di inferiorità il locale Commissariato di Polizia e la Stazione dei Carabinieri, in una narrazione di per sé originale oltre che piena di molteplici inesattezze e contraddizioni
Veniamo allo “scandalo”, anzi alla casistica degli scandali proposti dapprima dalla pagina locale della Gazzetta e poi dalla ‘stura’ di Video-commentatori supportati dai ‘tastieristi’ e dalle ‘tastieriste’ social, oltre al “Satiro dè noantri”, che, specie nel week-end, da 4 anni a questa parte si dilettano nello sport di cui sono campioni indiscussi: il dileggio e la diffamazione digitale.
A dire della Gazzetta, sotto la ‘lente di ingrandimento’ degli investigatori ci sarebbero alcuni appalti affidati senza gara a parenti del Sindaco e dell’assessore Sodero.
Non vengono fatti nomi da nessuno, per la verità, anche il Sindaco nel suo intervento di replica alle illazioni pretestuose originate dalla citata pagina si è guardato bene dal farli e per quanto ci riguarda non saremo certo noi i primi a rompere la tradizione instauratasi.
Più interessante è la sostanza delle accuse; che a giudicare dalle considerazioni di alcuni esperti che abbiamo consultato, appaiono essere assolutamente prive di qualsiasi fondamento giuridico e fattuale.
Per la verità, già il Primo Cittadino, ha fornito in modo chiaro, con il suo intervento sui Social le chiavi di lettura dei fatti pretestuosamente mossigli contro.
Si sa come diceva Nietzsche, il diritto non è una scienza esatta per cui necessitando di interpretazione è più assimilabile all’arte. E a Nardò a quanto pare gli “Artisti” del campo non mancano.
Ma veniamo ai punti dolenti. Intanto, l’attività relativa all’affidamento dei lavori pubblici è demandata dalla legge – il famoso codice dei contratti D.lgs. 50/16 e smi (sue modifiche e integrazioni;.n.d.r) all’autonomia gestoria dei dirigenti degli uffici preposti, che o autoassegnandosi la responsabilità del procedimento o delegandola attuano gli indirizzi politici del Governo della Città nel rispetto della legge e nella separazione di poteri, potestà e prerogative.
Vediamo che, sempre il codice dei contratti pubblici, non solo nella revisione ultima del c.d. “sblocca cantieri”, ma anche in relazione al tempo di realizzazione dei fatti oggetto della nostra disamina assentivano l’affidamento diretto purché al di sotto della soglia economica delle 40.000 euro.
Tale soglia dalla verifica fatta, anche da noi, sul sito dell’Ente, in riferimento agli atti in questione, non risulta essere stata superata in nessuno dei casi citati, peraltro, in relazione all’affidamento del Parco Raho si tenne una procedura di gara negoziata, attesa l’esiguità del valore del servizio e quindi non un affidamento diretto.
Appare conferente la precisazione offerta dall’avv.Mellone, che in relazione alla predetta struttura pubblica disvela il barocchismo giuridico ovvero l’artifizio retorico opposto dalla tesi dei “gazzettisti” o “valeriani”, che dir si vogliano,ossia del superamento della soglia per l’artata adduzione nell’appalto dei soli servizi, degli importi di lavori affidati successivamente per il ripristino della funzionalità dell’area.
Vi è molto di più. Per sussistere una “parentopoli” è necessario soffermarsi sulla qualificazione giuridica dei parenti e sul rilievo attribuito al rapporto con ricoprenti cariche istituzionali.
Nel caso che ci occupa, si tratta, per entrambi gli Amministratori del Comune di Nardò di <<cugini>>, che per l’insegnamento di Diritto Privato , in genere al primo anno di qualsiasi facoltà di Giurisprudenza e fino a prova contraria occupano il 4° grado di parentela.
Siffatto dato appare determinante e dirimente perché l’art. 61, comma 1-bis del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL)a proposito di incompatibilità prevede che: “non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondogrado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo loro fideiussore”.
Appare evidente anche solo da una mera interpretazione letterale della norma prima riportata che, il Legislatore, con riferimento alla sola carica di Sindaco, limita l’incompatibilità ad un grado di parentela ben più elevato di quello rivestito da un cugino, come direbbe Sandulli: “Ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus”.
Siffatta circostanza assorbe qualsivoglia censura afferente la contestata “parentopoli”, tuttavia, abbiamo messo “sotto torchio” i nostri giuristi e ci hanno fatto rilevare molto altro, abbiamo appreso che, lo status giuridico di socio lavoratore di una cooperativa non rilevando sotto il profilo della verifica dei requisiti di esclusione, di cui all’art. 80 del Codice degli appalti, non è altrimenti sindacabile se non in guisa degli strampalati giudizi sommari e barocchi degli interventori a titolo personale nella querelle che ci occupa.
Ma non finisce qui anche con riferimento alle Linee Guida ANAC n. 15 del 2019 in materia di “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici” , che peraltro si attagliano esclusivamente alle figure dei funzionari pubblici e non degli esponenti di Governo, non è possibile annoverare l’ipotesi paventata, tra quelle ascrivibili al conflitto di interesse, suscettibile in ipotesi di sindacato e verifica anche dalla funzione del Responsabile di Prevenzione della Corruzione.
Funzione quest’ultima ricoperta nel nostro comune dal Segretario Comunale, che pur tirato dalla “Giacchetta” dall’avv. Risi, già Sindaco di Nardò, conserva sia l’indumento che la propria reputazione intonsi per nulla scalfiti dalle invettive piuttosto velleitarie del giurista neretino.
Di un percorso di studi giuridici non particolarmente brillante del Consigliere Siciliano, testa d’ariete dei consiglieri di opposizione nel dibattito sollevato dalla gazzetta, ci è giunta notizia dallo stesso sindaco Mellone; ci meraviglia, però, che due “Principi del Foro” come: Cozza e Risi abbiano fatto, questa volta, un “foro” nell’acqua, sostenendo in base a mere indiscrezioni di stampa, accuse gratuite pesanti, prive di fondamento giuridico, pretestuose e per certi versi infamanti, suscettibili di autonome iniziative di tutela da parte delle persone destinatarie delle stesse.
Pur non essendo allievi di Santi Romano o di Giannini o di Cassese i due avvocati neretini oppositori del Sindaco Mellone, un codice degli appalti e un TUEL prima di sparare deiezioni semantiche avrebbero potuto consultarlo, si sarebbero evitate, in tal guisa, questa ennesima brutta figura, dai confini ancora incerti e che non finiremo di commentare.