La ripresa delle ricerche nel sito paleolitico di Grotta Serra Cicora A segna un nuovo step nel programma di lavoro del civico Museo della Preistoria di Nardò e quindi nella strategia di sviluppo che l’amministrazione comunale ha orientato anche sulla sostenibilità generata da conoscenza e salvaguardia del patrimonio. La grotta è stata frequentata tra la fine dell’Uluzziano e l’inizio del successivo Aurignaziano, una fase, ad oggi, non attestata nelle sequenze stratigrafiche degli altri siti del parco di Portoselvaggio e del resto della regione.  

Il paesaggio del parco racconta la relazione plurimillenaria tra l’evoluzione dell’ambiente costiero e l’Uomo. È segnato da fasi di organizzazione del territorio ascrivibili alle frequentazioni di Neandertal prima e, a partire da circa 45 mila anni fa, di Sapiens. Depositi e aree di interesse archeologico riferibili al Paleolitico si estendono quasi senza soluzione di continuità e sono cronologicamente seguiti dalle riorganizzazioni di età neolitica, protostorica e storica. Nonostante l’ampio arco cronologico, sono la frequenza e la rilevanza dei siti preistorici a identificare le componenti principali di un vero e proprio “Distretto della Preistoria” al cui interno le ricerche sono state avviate dal prof. Arturo Palma di Cesnola e dal prof. Edoardo Borzatti negli anni ‘60 del secolo scorso e proseguono tutt’ora. Quale ente gestore del parco, nel pieno rispetto di quanto previsto dal d.lgs. n. 42/2004 e grazie alla puntuale disponibilità di Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce, il Comune di Nardò, attraverso il Museo della Preistoria di Nardò, mira a ricostruire la genesi evolutiva del paesaggio stratificato della costa come bene primario della comunità attraverso un progetto organico che connette conoscenze scientifiche, conservazione, valorizzazione e fruizione.

Il potenziale informativo e la frequenza dei siti rendono Portoselvaggio un contesto strategico per la raccolta e l’elaborazione di dati utili ad approcciare su scala territoriale le più antiche frequentazioni umane dell’Italia peninsulare e sviluppare comparazioni interregionali. In tale quadro, l’implementazione delle conoscenze riguardanti il patrimonio geo-paleontologico e archeologico rappresenta esso stesso uno strumento di crescita sociale e, al contempo, di programmazione strategica.  

Negli scorsi anni l’equipe del Museo, in un programma di analisi non invasive, ha avviato lo studio delle collezioni di manufatti e di fossili presenti in deposito con metodologie aggiornate e già in parte pubblicate. Inoltre, sono stati eseguiti rilievi 3D e fotogrammetrici di tre siti in grotta e di una torre costiera. Infine, è stato avviato uno studio petrografico interdisciplinare dei manufatti, che connette il Salento alla Puglia delle Murge e del Tavoliere, quello geo-sedimentologico delle sezioni stratigrafiche, prospezioni e raccolta bibliografica. Ciò, oltre all’acquisizione di nuovi dati (anche attraverso la co-tutela per tesi di laurea e la collaborazione in progetti di ricerca), ha contribuito a costruire una rete di relazioni e di collaborazioni scientifiche di alto profilo che permette la disponibilità di competenze scientifiche, attrezzature, laboratori, finanziamenti di progetti condivisi, ecc.. Tra queste, meritano una citazione l’Institute of Prehistory, Early History and Medieval Archaeology (University of Tübingen), il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali (Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari), l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (CNR – Lecce), il Dipartimento di Scienze della Terra, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Alma Mater Studiorum (Università di Bologna), Dipartimento di Scienze di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente – U. R.  Preistoria e Antropologia (Università degli Studi di Siena), ma anche competenze locali come lo studio di architettura Giuri, il personale dello stesso ufficio Parco, ARIF e componenti di istituzioni e associazioni che da decenni operano per la salvaguardia e la promozione del territorio (ad esempio, scuole, associazioni ambientaliste e culturali, Gruppo Speleologico Neretino, imprese).  

La ripresa dei cantieri di scavo (concessione MIC n. 1011), insieme alla prosecuzione dello studio dei reperti e delle indagini non distruttive, apre dunque una nuova fase che mira a ricavare informazioni su scala territoriale sulle frequentazioni del Pleistocene superiore in Salento e, al contempo, sviluppare strategie di musealizzazione dei siti. 

Il progetto di ricerca triennale è finanziato dal Comune di Nardò, grazie all’impegno dell’assessorato ai Parchi (guidato da Andrea Giuranna) e dell’assessorato ai Musei (guidato da Giulia Puglia) e alla sinergia con l’ufficio Parco dell’ente gestore. Ad oggi gode inoltre della collaborazione del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, della locale sezione di Arif Puglia e del partenariato del Polo Biblio Museale della Regione Puglia – Lecce. 

Le ricadute del lavoro e della visione entro cui si inscrive la strategia messa in campo in questi primi anni coinvolgono direttamente e indirettamente il Salento e anche altre aree della Puglia. Un riscontro del valore, anche divulgativo e promozionale, lo si ha persino registrando il crescente interesse dei media nazionali e locali (Ulisse, Camper, TGR, ecc.). In questa prospettiva è auspicabile valorizzare le collaborazioni sviluppate dal Museo con le università, pugliesi e non, con progetti di studio rilevanti come quello della vicina Grotta Romanelli, ma anche con progetti che sperimentano pratiche di sviluppo territoriale e con artisti di caratura nazionale e internazionale. 

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