Risale al Febbraio 2014 la manifestazione delle preoccupazioni espresse in qualità di Presidente della Commissione Ambiente – Sviluppo e Pianificazione del territorio di Nardò, allorquando in una nota dichiaravo: “Esprimo non poca preoccupazione per la nota vicenda dei rifiuti tossici anche per il conseguente allarme sull’incidenza di determinate patologie oncologiche in alcune aree del nostro Salento. Di fronte a profili di natura illegale e questioni come quella della salute e della tutela del territorio che ci circonda non si può certamente indugiare a livello istituzionale”.

 

Affermazione lungimirante, quest’ultima, considerato che, ad oggi, la situazione è costellata da indugi, temporeggiamenti imbarazzanti, titubanze inspiegabili, come sempre a totale pregiudizio dei diritti dei cittadini e, in primis, del superiore interesse alla salute dell’individuo.

 

Nonostante, infatti, la necessità e l’urgenza di intervento paventata, in epoche risalenti, anche con apposita richiesta di emissione di un provvedimento espresso ai sensi della legge n. 241/90; nello specifico, con istanza acquisita al protocollo in entrata del Comune di Nardò (al n. 42719), in data 29.11.2013, quale Presidente di Commissione Ambiente, esortavo fondamentalmente gli uffici e i funzionari preposti a: interagire con la Regione Puglia circa la possibilità di acquisire eventuali risorse indispensabili per la bonifica dei siti inquinati – già identificati nel lontano 2001 – e per gli ulteriori da individuarsi eventualmente; reiterare gli accertamenti, con l’aiuto delle autorità preposte, sulle discariche di Castellino Pendinello e su tutto il territorio; effettuare e richiedere indagini da eseguirsi via aerea e via terra; ed infine, predisporre l’elenco aggiornato sulle neoplasie riscontrate ai danni dei cittadini negli ultimi sedici anni o, comunque, dall’inizio dell’entrata in esercizio delle discariche.

 

Orbene, nulla di tutto ciò ha avuto riscontro! Nonostante, infatti, le specifiche e reiterate richieste formulate, in un lasso temporale ragionevolmente congruo, l’ufficio rimane trincerato in un inspiegabile quanto assordante silenzio.

 

L’intento di perseguire gli obiettivi di tutela dei superiori interessi pubblici e dei cittadini voleva passare attraverso una mobilitazione generale, una task force con l’intervento e l’investitura, in primis, della Procura della Repubblica, dominus delle indagini.

 

Autorità, quest’ultima, deputata a delegare il personale del corpo forestale dello stato, i carabinieri, la guardia di finanza e tutti gli eventuali enti preposti a svolgere indagini, ricerche ed accertamenti onde effettuare il monitoraggio del territorio neretino e, conseguentemente, evidenziare l’eventuale presenza di rifiuti pericolosi interrati nelle discariche e nel sottosuolo. Sulla questione, di converso, è calato un imbarazzante ed ingiustificato silenzio che getta ulteriori ombre in una delicata vicenda territoriale, inglobabile nell’ambito di una più vasta inchiesta giudiziaria avente ad oggetto l’individuazione di rifiuti tossici.

 

Se si tratti, poi, di inosservanza colposa oppure dolosa del dovere gravante in capo alle amministrazioni di porre in essere un parere espresso (obbligo di pronunziarsi contemplato dall’art. 2 e 2 bis della legge 241/90), conclusivo di un procedimento amministrativo scaturito da un input rappresentato da una istanza di parte, non ci è dato sapere!

 

Ritorna in auge, tuttavia, in questo caso, un punto nodale : l’indefettibile rispetto del principio della trasparenza, assioma fondamentale e presidio di svolgimento imparziale e secundum legis dell’operato della pubblica amministrazione. Non v’è chi non veda quanto mai opportuno, in simili fattispecie, effettuare il richiamo alla massima:

“Dove un superiore, pubblico, interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro”.

(F. Turati, in atti del Parlamento italiano, Camera dei Deputati, sess. 1904-1908, 17 giugno 1908, pag. 22692).

 

Detto altrimenti, l’operato della P.A. dovrebbe essere inteso quale “casa di vetro”, in quanto necessariamente conoscibile agli occhi dei cittadini. Tra i criteri generali dell’azione amministrativa, in effetti, l’art. 1, comma 1, L. 241/1990 include quello della trasparenza, destinato a regolare in chiave democratica il rapporto tra amministrazioni ed amministrati: esso è da intendersi come immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l’operato della P.A., onde garantirne e favorirne lo svolgimento imparziale. Dunque, considerando che la trasparenza è diventata uno dei pilastri portanti – inteso come status della P.A. e quale garanzia ottimale del risultato finale dell’azione amministrativa- desta non poche perplessità il verificarsi, ancora oggi, di situazioni e di atteggiamenti – diplomaticamente definibili – inerti.

 

Casi in cui appare oltremodo evidente come la scure del disappunto debba abbattersi sul modus operandi degli addetti ai lavori e sugli operati equivoci da cui scaturiscono, inevitabilmente seri dubbi. Sembrerebbe sussistere la realtà di una casta quasi invisibile; addirittura intoccabile cui andrebbe posto un freno. Per altri, i veri potenti all’interno dell’amministrazione, i cui stipendi viaggiano a vele spiegate, sotto l’occhio impotente del cittadino che, spesso, è costretto a vivere in uno stato di indigenza.

 

 

 

 

 

Il Vice Presidente del Movimento Regione Salento

Presidente della Commissione Ambiente-Urbanica

Consigliere con delega alle “Politiche sulla Sicurezza”

Salvatore Antonazzo

 

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Ultimo aggiornamento: 02/01/2025
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